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Sonetto. II

Benedetto sia il giorno e il mese e l'anno,
cantava ser Francesco nel Trecento,
e io foglia da te gettata al vento
rivolgo agli occhi tuoi cotanto affanno.

Il ciel sì azzurro mai ha recato danno,
e io di contemplar te mai mi pento
seppure esprimo cara quel che sento
in malo modo come pochi fanno.

A volte non comprendo che il silenzio
con te per la mia pace è l'arma giusta
ché tanto non m'ascolti s'io ti parlo.

E io, ingenuo amante, insisto a farlo,
negandomi che possa esserti strazio:
la mia favella tuono a mo' di frusta.

 

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2 commenti:

  • Anonimo il 14/02/2009 12:18
    aodio/amore ben descritti, nella forza struggente dell'accolgienza diniego, autoconservazione e volgia di farsi uccidere
  • Dorian Gray il 07/10/2007 19:42
    Sonetto d'ispirazione classica, ben costruito e piacevole.

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