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Gli infermi

Slanci mistici sganciati sul cervello,
fammi brandello, fratello
sole, sorella luna,
non ho voglia di invocare
ancora nell'oscurità.
Baratto il fracasso,
le mie notti infedeli
col tuo silenzio,
tanto tutto ha uno scotto,
spesso se è a scrocco.
L'unica cosa che conservo è la voce
su un oceano di melodie
slontananti...
Ora sono pronto a servirti
dall'alto del mio trono intagliato.
E i draghi con i quali mi sono battuto
solo forza sprecata...
Sprecata la ciclicità.
Dopo il sangue sparso
alla ricerca disperata del post-moderno
torno alla parola
che fu e sempre sarà.
Amen.
Offro pure le armi
al nemico soddisfatto
che si deprime dall'alto del suo trionfo in sogno:
è lui che ho temuto,
questo essere infermo
che muore credendo
in qualcosa di eterno
per un altro essere infermo?
Dobbiamo punirlo, o miei prodi!
Ma lo voglio incolume!
Capito, pezzi di merda
che popolate la terra
cloaca più fetida
di insetti nella rete.
Le sue mete...
bazzecole! Per i vigliacchi...
Quella melodia innalzata dal tronco
e fra l'intrico del bosco,
un trapano, un trapano!
Quella ragione espressa in versi
dei più schifosi poeti maldestri,
un trauma per il nostro buonsenso.
Quella luce mai troppo nitida
puntata sui genitali,
da pervertiti maniacali,
che ci dà, che ci dà?
Se non la visione precoce

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