Minerva
appoggiava il mento
sulle dita annoiate
guardava
tutto quel blu e bianco
senza gioire
delle altezze sovrapposte
E le cantine profumavano di mosto
e i suoi gorgoglii risvegliavano i bruchi
dai loro inganni tra le assi e i fogli
Una figliastra sola
avrebbe voluto avere
e la sua freschezza alla ricerca dell'acqua scura
le sue vesti zuppe di salive d'armenti
i suoi fiori esili tra esili
capelli
Ma diede da mangiare ai corvi
da bere alla calce
finse appendendosi come abito
issò bandiere
sui dodici colli di bottiglia
La peste cambiò le mani
abbandonate a lungo nel fango indurito
le rese moventi di efferati delitti
le infilò in guanti di ceralacca e pece
le divorò illudendole d'esser prese
Minerva era stanca
e cercò il sonno
tra lenzuola di marmo e colonne d'ercole
come mai nessuna dea
osò dormire
e le formiche ascetiche non riuscirono a destarla
nemmeno mangiando l'albero
dalle radici
al frutto...