Ci vuol coraggio per riconoscere un addio,
per smascherarne il volto d'arpia,
e gli artigli già protesi,
a denudarti l'anima,
a ghermirti ogni pensiero,
Ci vuol coraggio quando questo addio
sta ancor cercando di socchiudere la porta,
quando è ancora qualche passo avanti,
della coscienza, del cuore, della mente,
della persona che ti vuole abbandonare,
quando si affaccia, sempre più presente,
nella sua voce ogni volta più pacata,
in quelle frasi di piatta cortesia,
e nel palese sguardo di sollievo
all'orologio che gli impone "devi andare ".
Sempre più rare si fanno le serate,
trascorse insieme senza musi, senza scene,
senza risate, senza gioia, senza sesso,
ancor ti aggrappi a descrizioni di stanchezze,
impegni, crisi, problemi di lavoro,
e quel telefono via via più muto,
voci metalliche di segreterie,
e modernissime, gelide schermate
di caselle e-mail senza alcun messaggio,
dopo un altro incontro rimandato.
E si ritorna alla caricatura
di una lontana, atroce, adolescenza,
di nuovo passi ore a sorvegliare
tutti i luoghi dove lui cammina,
per incontrarlo da solo, ancor lo speri,
rimediando un vago "ci vedremo",
senza avere alcun diritto a quel perdono,
che a sedici anni può essere concesso,
quando per giorni e giorni hai intessuto
le trame di quel "per caso " così falso.
Se la vita ti desse la fortuna,
di avvistarlo con un'altra donna,
o di sentirlo parlarti da vigliacco,
o da bugiardo, meglio ancora un po'cafone,
troveresti la salvezza nella rabbia,
ma molti addii non concedon tali lussi,
non ti mettono in mano un bel martello,
per demolire ogni traccia di quei sogni,
per sfracellare ogni istante dei ricordi,
per ripulire l'aria da quell'amore.
Ci vuol coraggio per riconoscere un addio,
per incalzarlo, per batterlo sul tempo,
per divenire per prima la padrona
di quel futuro di minuti senza fine
da percorrere con passi solitari.