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L'arti negate

Se a questi scendea dicendo che canto mie arti
predico tal quest'irte avviso di torr mezzana,
e mi lodan di cose che io non mi desto a pregar
neanche sa dir coll'erte anima immana.
Non pavento cosi' ad udir nel mio,
se lodassi e facessi il manto all' io persona
destatosi la mal coperta del mal,
qual mi tenga anch'io che veda il cal, qual signor tenga, non pona?
Qual di queste navigando va' la mal sillaba
e quest'erte finisca col dir finisca,
pusillanime costa dell'odio
e tant'erge la confusion mischia.
Perche' mischia se tant'erge in altri far
per dir la sperata arte miglior questa d'altre sapete,
narrando vo' i mal che calcharon l'io, me, sedesto
la' da dir so la puntur delle infiltrate sapute e questo cuor mal miete.
D'altro vo' da dir che so' da pen al graffito di patria Italia
sa da competer l'esta parol saputa,
io lo paventai cosi' all'uscir da prima gabbia
e po' rigar nell'esser pur scrivan, niente muta.
Perche' ancor so 'anche desta che scrivan, rimurgino nella pen
e dolor m'accresce gola di gioco
e voler d'arte più che note, questa poesia
e cosa sa da far romanzo poco.
Ah nego mie arti, solitarie le arche
e le lire che cantan
la diletta cosa che musa canta
e le mie dileguo dir "mal marche".

 

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