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Le Aquile dell'11 settembre

Fiamme che calpestano l'anima come carta
e un vuoto sordo che
rifiuta i corpi che gli si donano
lasciandoli cadere.

Riposeranno mai
tra venti in fuga
quelli che
tra lo scegliere la morte
e farsi da essa scegliere
si aggrapperanno al suo mantello
fingendosi aquile
in un salto nel nulla.

Chiuso per sempre nell'immagine
di un volto deforme di metallo e fumo
il mattino attonito si getterà assieme a loro
lasciandosi alle spalle
edifici trafitti.

Buio e strade sbarrate intorno,
il pensiero menomato
come uccello in gabbia
raggomitolato nell'angolo
in attesa che la tempesta si spenga.

Forse non c'ero eppure
sono ancora in quella gabbia
e di tanto in tanto precipito
da quegli stessi palazzi
altissimi e feriti.

Forse non c'ero eppure
è il ricordo che grida
perché c'è nella mia vita un Istante
congelato e tremante
in quella caduta.

E il mio nome è
assieme ad altri
inciso in simboli
su quelle pareti dissolte in polvere,
dove un futuro possibile
è sopravvissuto alla morte.

Fingendosi aquila.

 

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1 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Raffaele Arena il 19/01/2012 22:41
    Anche qui il livello del sentimento provato, spero non di persona, e l'espressione è maestosa. Ma più che acquile, quelle povere vittime erano come topi senza via di uscita, ingabbiati in un gioco più grande di loro programmato in modo assurdo e delirante. Bellissima poesia

1 commenti:

  • Anonimo il 12/09/2010 18:27
    Molto bella e sentita!
    Scritta magistralmente!


    A. R. G

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