Non volevano che entrassimo,
ma era facile scavalcar il cancello,
poi c'era lui alto, sicuro e snello.
La libertà amica giocava a nascondino,
la nostra fanciullezza,
il miglior panino.
Il guardiano dell'orto
muto, ci ascoltava e sotto
il suo manto lieto ci ospitava.
Ombroso d'estate, scuro d'inverno,
le sue mani ossute sempre rivolte
al cielo,
in primavera rinasceva come una speranza
ma d'autunno si toglieva il velo
in una danza
e generoso, dalla sua chioma
schiarita dal sole, guardava al domani
e i suoi sorrisi ci offriva a piene mani.
Era una delizia raccoglierli ai suoi piedi
trafiggevamo il mallo con un sasso,
ci tingeva le mani di nero,
indelebile come una colpa,
come il nero delle donne che
meste si incamminavano sulla strada
bianca del cimitero.
Tornai e lo trovai steso, tagliato
e ai suoi piedi i suoi figli,
ancora aggrappati alle sue mani,
ed un nido a terra,
schiacciato dai suoi rami.
ed una fitta al cuore acuta e forte,
fu così
che imparai la morte.