Come è penoso il fluire lento
del fiume dalle mille anse
che percorre questa vallata
disgustosamente verde.
Come tronco abbattuto
navigo semisommerso
nell'acqua opalescente,
il cuore trapassato
dalle teredini impietose,
la pelle incrostata
di cirripedi puntuti,
simbiosi improbabile.
Nei tempi di magra
giaccio incagliato
in un banco di sabbia,
posatoio di zampe palmate
sfibrato dal sole incombente.
Attendo l'onda di piena:
libero volteggio e mi inabisso
nei gorghi impetuosi,
nelle cateratte spumeggianti,
incognito ultimo balzo.
Mi squamo, mi assottiglio,
mi perdo nell'oceano infinito.