Me ne andavo,
con l'incoscienza nel cuore,
il mio primo addio
al mio paese d'infanzia
e lei, era lì, che mi guardava, la guardavo
allontanarsi dietro il finestrino,
una lacrima, un abbraccio, una promessa,
nella luce sfuocata di una primavera
ormai passata,
quando avrei voluto rincorrerla,
tornare indietro.
Quante volte sono tornata a cercarla,
era in una casa vuota, in abiti dismessi,
in stanze troppo strette,
in bambole rotte,
senza occhi per guardare,
nell'esserle diventata ormai una sconosciuta.
Ed ogni volta una stretta al cuore,
come rinnegare ciò che ero
fra risa e lacrime di lanci di riso,
avevo già tradito lei, la mia gioventù,
la mia libertà,
quando ho visto impallidire
la sera ed una finestra che non mi conosceva
più chiudersi indifferente al mio sguardo.
Addio,
una parola che fuggo, ma che abita
dentro le stanze dismesse del mio cuore,
nel sapore di un mattino
che diventa già sera,
amori come abiti stinti, stretti,
strappati,
case abbandonate,
traslochi di spazi di anime,
sentimenti traslati
ad aspettare un ritorno che non ci sarà,
radici a cui mi aggrappo,
quando cerco ali per volare,
quando rincorro disperata inutilmente ogni volta
che ritorno,
perchè il mio treno inevitabilmente prosegue
la corsa, fino a quando non so
so solo che ogni volta
è come lasciare una stazione
è come vedere il mi primo amore
diventare piccolo e allontanarsi
per sempre,
nella polvere di un addio.