Piccolo seme portato dal vento,
nel ventre caldo di una terra fertile,
accolto, coccolato, nutrito
cresciuto. Sbocciato all'alba
di un giorno d'estate.
Bianco tenero, profumato giglio,
che spunti radioso su un prato
di seta smeraldo, nutrito da terra
e da sole e, amato. Sbocciato all'alba
di un giorno d'estate.
Sei forte a intemperie invernali,
che il tempo scorrendo ha portato,
coperto da piante perenni
e protetto, amato, nutrito,
sei pronto alla vita futura.
Bellissimo candido fiore, che vivi
felice il tuo tempo, ignaro
che mostri che temi, vestiti di nero
e cattivi, a volte s'incontran davvero.
e, sempre non stanno nel bosco,
ne' in antri spettrali. Nessuno
ti ha detto, che belle e leggiadre
farfalle, talvolta si cambian la veste?
Le amiche farfalle, che volano attorno
al tuo cielo, posandosi sui petali lievi,
si scaldano al sole, giocose. Il vento
vi culla all'unisono, in danza comune.
Poi, il sole scompare ad un tratto, coperto
da velo grigiastro, ed anche la brezza va via.
La luce pian piano, si spegne. Un lugubre telo
di nero velluto, la cela del tutto. Ed è Buio!!!
Un brivido intenso e improvviso, ti scuote.
Lo stelo ed i petali tremano. Paura!
Mio Giglio adorato! " Farfalla soave e
leggiadra", si muta in orribile mostro,
dai denti bestiali e dagli occhi di fuoco.
Attonito e solo, soccombi, impaurito,
mio piccolo fiore. Un fragile petalo bianco,
si lacera e sanguina. Il mostro scompare, furtivo.
Lasciandoti il gelo nel cuore, un pezzo
di ghiaccio sì duro, che il raggio del sole
d'estate, ne' quello più caldo e cocente,
riesce mai a sciogliere, ne' piante perenni.
Dolore! dolore! Sconosciuto, straziante, sordo.
La terra, incredula tace. Si lacera dentro,
ti stringe, ti culla, ti nutre, ti coccola invano.
Affranta e impotente, si chiude, si secca.
Tu, fragile adesso, lo stelo piegato, mio tenero
giglio, piangente. Deluso e ferito, vorresti soltanto
tornare, quel piccolo seme portato per caso, dal vento,
nel tiepido, solido ventre, di tua madre terra.