Mordo frammenti confusi e sparsi
di efferata, lacerante assolutezza
per giocare a nascondino
con l'ombra della mia identità.
Il mio sguardo
figlio di una stritolante nevrosi
scatta foto al cielo
e riceve da esso in dono
il nitido abbaglio
della sua incompiutezza.
Non chiamare osservare
quella tua incapacità di piangere
su quanto delle cose
non riesci nè mai riuscirai a scorgere.
Il tuo senso, lo sai
è imprigionato
in un anagramma di stelle
dove la tua luce
è una pedina di scacchi
che maledice
di non poter restare immobile.