Sciolgo le gambe,
i capelli,
i legami
e sfumo verso una destinazione incerta.
Confusamente scandaglio
i frammenti della nostra intimità.
Anelo l’ordine, la pace,
ma respiro senza fiato
l’aria caotica
di un vago pomeriggio d’agosto:
ti cerco, mi cerco.
Frugo. Non so cosa, non so dove.
Sono sola. Viva.
Scendo e salgo gradini di pietra
in un tiepido luogo immobile
e tu, al mio fianco, talvolta sorridi
intrecciamo le mani, i dolori, la pelle
- vuoti e ferite di memorie antiche -.
Poi certe sere, quando il tempo è propizio,
scivolo piano dentro me
con gli occhi socchiusi
volgo lo sguardo altrove, oltre noi.
Sul ciglio dei nostri tumulti mi fermo.
Come stella leggera
galleggio nella notte
e aspetto che la rugiada si disfi.