Rumori impregnati
di falso, ingannevole velluto
poi sempre più ruvidi
infidi e odoranti di fango
preparano un inatteso funerale
a una montagna tremebonda
schiava impotente
di natura indifferente.
Sfila al cospetto di una diga
che urla la sua maestosità
la processione pettoruta
degli alfieri del progresso a ogni costo.
All'orizzonte
la sagoma di un prodigio
inno verso un domani
che molti non vedranno domani
sguardi severi e felici
di geologi, ingegneri e architetti
che danno al loro petto al vento
la voce dell'orgoglio:
"con questa diga l'Italia crescerà
ci sarà per tutti
futuro ed elettricità".
Intanto l'acqua morde
frammenti di roccia indifesi
un lento ma diluviale incedere
miglaia di volti
cui il fango toglierà anche il nome
hanno ormai la paura per compagna:
"la montagna si sta ribellando
e noi stiamo sempre più tremando".
Più a valle
Longarone ignara
si distende in un sorriso
cullata dalla luccicante vita
di piccola Milano.
POchi secondi e Longarone
scompare come una virgola impotente
nel fiume d'inchiostro insanguinato della storia
duemila anime
stritolate dalle spire del fango
negli occhi dei sopravvissuti
solo l'immagine nitidamente lacerante
di un eterno cimitero
e un giorno da strappare per sempre
dal calendario della vita.