Sull'asfalto bagnato,
illuminato da un sole intimidito,
sprofonda nell'oblio
questa mia amata piazza.
Stringo al cuore i ricordi del "me fanciullo"
e scopro che ha lasciato cicatrici indelebili su questa carogna.
Ruota che ha girato per tutta la notte,
a forte velocità,
sulla stessa striscia bianca.
Finestrini aperti,
nonostante il freddo,
a calmare il mio spirito inquieto,
e la mia radio sempre sintonizzata sulla stessa stazione.
Il dolore è come il battito del tempo che pulsa nel cuore,
che indietreggia
e che avanza
dentro a questo giardino.
Alberi spogli
che si innalzano sopra di me,
mi inghiottono,
e mi masticano,
come centinaia di mandibole insaziabili.
Nebbia,
che dà un tocco desolante a ciò che desolante è comunque,
mi asfissia,
e mi penetra,
fin dentro i polmoni.
Il nostro campetto è un cumulo di terra e polvere
mischiato a sporcizia e sterco di cane.
L'albero del nostro amico è stato tagliato di netto.
L'acqua dalla fontana è stata tolta.
E quei ragazzi seduti su quella panchina non ci sono più.