Genova mia
conchiglia che a me si offrì
come culla di nenie rugiadose;
tu che con la lanterna
carezzi sovrana
la pelle di questo cielo marinaio
mi inventasti
navigatore instancabile di note;
le dita corteggiavano
la mia prima, timida chitarra
con la dolce e sfuggente consistenza
di una musica cui scoprire il velo
soave, misteriosa matrona
che si concede in mille forme
agli intarsi indiavolati
dell'anima dell'uomo
che ha scelto di baciare.
Quante note
nate su un superbo molo
sorridendo a Pegli
e fischiettando intenzioni di spartiti
su un lungomare profumato
di morbide focacce;
Zena, Zena mia
appartenerti è il dono
che la vita mi ha elargito
perchè i miei respiri
identificarsi sapessero
con un eterno Natale;
fui un po' poeta,
e un po'musicante,
forse inconsapevole eroe
in un diluvio di accordi
che mi bombardavano l'anima
con la fierezza algebrica
di chi non sa tradire
ma bussa alla tua porta
per spiegarti l'amore.
E tu, memoria di quanto fui
"Ritornerai"
per fare camminare sul mondo
l'impronta della "Bella Tartaruga".
Tornerò, mia adorata Zena,
e saprò portarti in strenna
"Una rosa da Vienna"
"Il tuo amore"
tutto il mare ha attraversato
per farsi forma compiuta
nei miei occhi e nel mio cuore
per un'eternità
che la morte non saprà mai mordere.