Come scorre
candida e discreta
questa favola d'argento
che Dio volle chiamare Po;
limpido è il volto
di una pianura che sa ridere
perchè ha imparato
contadina e laboriosa
il senso nascosto del gemere;
Brescello,
tela di case incastonate
tra i morsi di una dignitosa povertà
e le vere, indelebili ricchezze
custodite dai cuori e dal campanile;
la croce della preghiera
e la falce e il martello
la mano latente del cielo che conforta
e quella manifesta delle terra
dove germogliano frutti prelibati
che cantano al nostro sudore
la gioia di essere uomini;
passi ormai scomposti
di vecchie maestre di paese
diventano roccia di saggezza
per due sposi incerti
il vecchio fiume assiste e sorride
con la sicurezza d'un fratello maggiore
alle corse in bicicletta
lungo le sponde;
Signore, odo la vostra voce
che comanda soave alla pelle dei campi
di concedersi alle vanghe e ai trattori;
canti di chierichetti
tendono le loro braccia angeliche
al fiato robusto delle trombe
che cesellano le note dell'Internazionale;
litigare,
è solo un pretesto
per riabbracciarsi di nuovo
con un amore sempre più forte
nella culla estasiata
di questa ribollente pianura padana
che nutre le proprie vene fiere
dello spumeggiare inafferrabile del lambrusco
e della seduzione aromatica dei tortellini.
Noi più non ci saremo
ma sentirete le nostre vigne suonare
i nostri poderi intonare
il profumo di magie
che come scoiattoli orgogliosi
si beffano delle tagliole del tempo,
vedrete riflessi
nell'incanto del padus
che fu romano
e si risvegliò emiliano
le bacchettate dolci
della signora Cristina
e i rintocchi poderosi
del sacrestano Matuggia,
che bello esserci stati invenzione
ma in fondo storia così pura e sincera.