Se altro non sai fare
che comprimere la mia dignità
al lezzo nauseabondo
di violaceo cadavere
mai meriterai
di qualificarti vita;
immobile mi scorgi, è vero
nella quiete impenetrabile di ghiaccio
di una stritolante sala d'obitorio;
ma io sto parlando
al tuo diniego ad ascoltarmi
mi sto reinventando vita
è l'anima, comprendi
che mi ha addestrato
a essere volo compiuto
per un altro volo prossimo a compiersi.
La mano d'acciaio della morte
sa custodire simulacri di rinascite
che neppure sai immaginare;
ascolto silenzioso e rispettoso
pianti lacerati di parenti
forse il Dio che mi tolse
dai confini ormai consunti
di un corpo non più corpo
mi trasmise la missione
di imparare a far risorgere il sorriso.
Vivrò in altro nome
ma sarò sempre il tuo nome
anagramma festante e fiero
del tuo lucente vissuto
scolpito in un'altra identità;
eccoli
i nomi in cui un referto medico
mi racchiude
con la sua ragnatela di burocrazia,
mi potrai chiamare
cuore, midollo osseo, rene,
cornea o fegato
ma forse
il candido fruscio
del mio discreto insinuarmi
nella famiglia inesplorata di altre membra
ti insegnerà a definirmi unicamente
slancio sincero d'amore.
Cedere non dovranno mai
i fedeli soldati
della vera intelligenza
al ruggito ipocrita
che stringe nel cerchio della consunzione
un corpo che invece sa vestirsi
di compiuta donazione;
esistere
si fregierà del titolo di esistere
se il rantolio conclusivo di un respiro
saprà passare il suo testimone
a respiri baciati dalla risurrezione.