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La statua parlante di una città

La città non si vede più.
Dalle ore 17:40 regna il buio.
Dalla finestra passano nuvole
cariche di pioggia,
neanche le nuvole si vedono,
ma io so che passano a quest'ora,
sento l'odore maturo della pioggia.

Le strade sono vuote.
Nel bar di fronte, una donna
vestita alla moda,
mostra di essere donna.

La città è più fragile degli uomini.
Si sentono rumori dai muri,
le foto dei parenti morti
subiscono la legge della gravità,
cosi fanno anche i quadri
gli oggetti si lamentano sui muri.

Gli uomini hanno chiuso tutto a chiave.
Gli uomini portano dietro borsoni,
strapiene di carte d'identità,
tutto il necessario per lo spazio comune,
anche il cartellino attaccato al petto:
nome, mansione, stato civile,
possesso di titoli, il reddito
e poi, foto, almeno una foto
dove appare felice, volevo dire,
sorridente, volevo dire, non triste...
non troppo triste.

Gli uomini hanno chiuso tutto a chiave.
Gli uomini hanno chiuso a chiave anche uomini.

La citta alle ore 18:00 è dormitorio della sua storia.
Mi vedo senza aver aspetto, attraverso le parole.
Ho sete, datemi da bere, vi supplico... ho febbre...

La città sa che ho sete
ma non mi dà da bere, pensandomi
soprammobile chiuso in casa da uomini,
come le foto dei parenti morti
come i quadri, come gli orologi,
come la pianta, oh la pianta ha sete
e per bere deve attendere
il rientro del padrone, e deve attendere
che il padrone capisca prima che la pianta muoia
che ha sete e non sa dire che ha sete.

 

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