D'io ció che sono,
un piatto vuoto o ricca mia minestra,
un grido forte contro la tempesta,
un passo dietro l'altro
ed uno dopo ancora,
una mano delicata che ti sfiora,
un canto che descrive l'infinito,
un angolo di rottami o un paradiso,
una linea diversa dall'uguale,
una forza che sfida il temporale,
la parte femminile e poi carnale,
di ció che va descritto senza troppo pensare.
Il dritto ed il rovescio della stessa medaglia,
immanente trascendenza,
tra capo e coda,
sono d'io di ció che faccio mio.