Resta a tenermi compagnia,
questo mio sguardo fedele,
che mi sospinge tra labbra di onde complici,
e balena imperiosa l'esistenza,
che danza nella sala ormai vasta,
dei miei scintillanti capelli bianchi;
odo il carezzevole ritrarsi
delle reti di canuti e fieri pescatori,
che intonano al mare,
nenie imperlate di ringraziamenti,
nascoste tra sussurri di conchiglie;
le paranze che transitano fiere
nel cono di un'inafferrabile lontananza,
offrono il loro viaggio sempiterno,
al fiorire ormai evanescente
delle mie pupille;
carissimi abissi,
più vi guardo e più comprendo,
che gli errori che feci,
e quelli di cui non mi avvidi,
sono custoditi dai vostri fedeli,
ancestrali fondali,
e che un giorno me li renderete,
sottoforma di imperitura saggezza;
amando sbagliai
ma non sbagliai mai ad amare,
quando il mio sguardo si compiaceva,
di rincorrere le scie di timide paranze;
odi, ora,
l'incedere orgoglioso e delicato,
della banda del paese,
che mi chiede in dono
la bisaccia di inesplorate emozioni,
a cui possa attingere,
il nettare prelibato di nuova musica?
Contare non so nè saprei,
con quante minestre fumanti,
parlai al mio tavolo di solitario,
perchè il loro intenso fumigare,
rivelarmi sapesse,
il segreto di un'incrollabile semplicità;
nipote mio,
se sapere vorrai la vita che ho vissuto,
non hai che una cosa da fare,
sedere un istante accanto a tuo nonno
e imparare a osservare il mare;
là scorgerai la scia sorridente,
delle mille volte in cui ho nuotato,
per affidare alle onde la mia gioia,
del sapere che eri appena nato;
sarai uomo
prima di accorgertene, tesoro mio,
sarai l'impronta in persistente evoluzione,
del bacio di Dio,
sarai le favole che ho scritto per te,
il tappeto di pensieri che ti lascerò
è il solo modo per dirti,
che del mio cuore tu sei
e sempre sarai il re;
e quando il tempo mi scorgerà fontana,
non più capace davvero di zampillare,
te ne prego,
porta nel tuo viaggio tuo nonno,
che per te osservava il mare.