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Si muore davvero
Si muore davvero
checché se ne dica:
si muore in questa vita
e non ce ne sarà un'altra
inutile sperarci.
Ma poi perché sperare?
Cos'è quest'altra vita
d'eterna beatitudine
o eterna dannazione
che varie religioni
promettono?
È possibile?
È desiderabile?
Non credo.
Non credo perché
non può esserci
posto per tutti.
Non credo perché
già in assenza
di gioia e sofferenza
questa vita è infinita
e noiosa.
Non credo perché
senza sogni o bisogni
questa vita
di per sé già improbabile
diventa invivibile!
Si muore davvero
anche se c'è un dio
si muore anche
se ce n'è mille.
Si muore perché siamo scintille
accese per altrui volere
a volte
e dal caso comunque
ma sempre obbligate
ad esaurirsi.
Si muore anche
se c'è un rimpianto
un rimorso
anche se alla vita
si è dato solo un morso
anche se non se ne è
dato alcuno:
si muore e si torna
ad esser nessuno.
Dov'è il brutto
dov'è lo scandalo?
A cosa servirebbe
vivere ancora
se non a rimanere in balia
dello stesso destino
cinico e vandalo?
A cosa servirebbe
vivere eternamente
se non a perpetuare
il proprio edonismo
truccato da altruismo
di specie e cultura?
Si muore perché è
nella nostra natura
di stanchi adolescenti
e impuberi senescenti
sempre insoddisfatti
e megalomani.
Si muore perché
non siamo poi
così buoni.
Si muore
per il continuo tormento
che deriva dal fatto
di essere individui sociali
anche se poi
ci si sopporta a stento.
Si muore quasi sempre
troppo presto
ma solo perché
si è sprecato tempo
dietro false mete
o improprie aspettative
erroneamente
o proditoriamente
istigateci
da genitori fallaci
o mentori mendaci.
Si muore perché
quando si è vecchi
ciò ch'era gioia e potenza
diventa inevitabilmente
noia e sofferenza
ed anche se trovassimo
(e troveremo)
il sistema d'allungare
la vita all'estremo
non potremo evitare
il senso di spreco
e inutilità
che da questo deriva.
Morire si deve
al di là che sia stato
lungo oppure breve
il tempo a nostra disposizione.
Morire è l'ultima azione
morire bisogna:
cerchiamo di farlo
nel modo migliore
con dignità
e senza vergogna.
Morire è l'azione
che dobbiamo programmare
e preparare
nel corso di tutta la vita
senza farci deviare
o turlupinare
da storie e promesse
spesso indecenti
che ci fanno smarrire il senso
di quest'unica
preziosissima
e certo limitata
esistenza.
Morire bene
è finalizzazione:
richiede coraggio
pazienza
e rassegnazione
e solo chi vi riesce
sopravvive a se stesso
nell'unico modo possibile:
trasformare in leggenda la vita
e il proprio decesso.
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1 recensioni:
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- guarda maurizio io riesco a trovarla anche ironica e divertente specie in "Non credo perché non può esserci posto per tutti": in tutti i casi non "saremo" in molti ad esser così buoni da meritarci il paradiso e c'è da preoccuparsi dei posti in piedi all'inferno. Nel complesso assai gradevole il linguaggio e lo stile con cui tracci i versi. Non annoia affatto questa riflessione "religiosa". Chi non crede alla vita dopo la morte HA la speranza di non ritrovar niente di quanto lasciato qui nell'aldilà poiché non credo che nella tomba di chiunque ci sia posto per qualcosa di buono da portarsi dietro (come i faraoni). Lo scandalo con cui chiudi la poesia sta nel propinare l'invenzione dantesca come assunto celeste ed indiscutibile di cui la chiesa ne fa merce di scambio (la promessa del paradiso con la minaccia dell'inferno). Bella, bravo Maurizio, ciao