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Le lucciole ammaliano i bambini (e non solo)

Lasciami annusare ancora l'aria
a far sì che il ricordo non sia patimento
pari a quello che mi cucivo addosso
nelle lunghe notti da solo
in cui pensavo alle parole del don
e il profumo di tua madre
la sua calda voce
si trasformavano nell'anticamera della mia cecità.

Tu, perennemente a giocare in cortile
e quegli zii che entravano in casa
sempre ossequiosi con lei,
affari di famiglia, non erano cosa per te
che dispiegando il tuo esercito di parole,
proteggevi la tua infanzia
con uno scudo sempre troppo fragile
di spiegazioni di comodo.

Rientravi la sera e tiravi le somme,
tua madre in un angolo a piangere
vicino al portafoto di tuo padre
e il suo profumo di talco misto al cherosene,
che dava pizzicore al naso,
serviva a celare il tuo inizio di pianto.

Mia madre in compenso scansava la tua
come fosse appestata,
io venivo a chiamarti e a giocare
convincendola che ero dal prete
che, se devo far paragone,
nella tua casa ero un po' più tranquillo.

Soprammobili, portaritratti,
libri, cannucce, velluti e pizzi,
che incanto per i miei occhi!
al contrario di questo ufficio
dove tu, in fronte a me
stai cercando una via di fuga.

È tragico ritrovarsi qui,
in questo frangente,
dopo quasi trent'anni,
io, col mio distintivo che mi da' sicurezza
tu, che purtroppo non hai perso quel vizio
di ammirare estasiato le lucciole.

 

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3 commenti:

  • Anonimo il 10/11/2013 06:37
    Una bella poesia sulla nostalgia! Complimenti!
  • Dodson il 18/04/2012 19:51
    Grazie Loretta.
    Dodson ti saluta.
  • loretta margherita citarei il 18/04/2012 17:40
    molto apprezzata complimenti

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