Bocche spalancate
sbavano malinconia
in una pioggia battente
di sorrisi infranti,
sotto il sole nero
s'affrettano le nuvole
nel pesante silenzio
d'un cielo oscuro
cavalco urla strazianti
tra indecenti blasfemie
e utopiche speranze,
attraverso a passi lunghi
i lagnanti addentati dal fato
fuggo da sguardi senz'occhi
-nere orbite vuote-
e da luride mani d'infami
che trasudano sangue
giacciono inermi
le ombre
accanto ai loro corpi
oltrepasso il treno di dolore
e disperazione
si dilegua piano l'odore acre
di paura e di orrore
-stremato mi fermo-
giunto al mio rifugio
sprango la porta al mondo
soffocato dalla notte
muore infine anche il giorno
non si ferma il tempo
e manca così poco all'alba,
quest'alba
che non teme vergogna,
e cadrà il domani ancora
sulle teste di misere esistenze
condannate anch'esse a correre
su affilate lame,
su sentieri di lacrime e sangue
tra tombe di fango e cemento,
là dov'è chi già riposa
-chi oramai non corre più-