Mi dimeno frustrato e impotente
in un cerchio di stritolante ruggine
che di avvincermi tenta
in un contorno fetido
di incertezze e insicurezze;
il lavoro mi tende la sua mano,
ma poi la smarrisco nella nebbia,
fuliggine accoltellante,
di sfiducie incontrate per via,
di curriculum annegati nell'indifferenza;
tra quelle righe,
vergate con mano schiava
di nervosismi e timori
ci sono i giorni che mi chiesero di vivere
per regalarmi la medaglia di uomo,
capisci?
Capisci
che da bimbo inventavo colori sempre nuovi,
che ora un sistema ubriaco e indominabile,
tenta di inghiottire
come un superbo inceneritore di periferia,
per renderli schiavi
di un inscalfibile nero?
Sono giovane,
chiedo scusa a voi pettorute persone,
se chiedo umilmente
del mio destino d'essere padrone,
che i miei studi non si inceneriscano
nella fiamma struggitrice d'una crisi
che non mi consente di farne seme
per farmi riscoprire una pianta rigogliosa
di uomo vero e socialmente inserito.
Non chiedo l'elemosina
del vostro urlante capitale
sono io stesso un capitale
che leggerete nel libro del sudore
che versai su una tesi di laurea,
per chiamare a raccolta
i fedeli soldati del mio domani;
essere giovane,
amico mio,
deve essere volo fiero
verso ogni nobile aspirazione,
non può essere un velo irto di spilli,
su cui danza una condizione di maledizione.
Lo so, respirerò
più forte dell'insensibilità acida
di chi mi governa senza sapermi governare,
lo so, spiccherò un volo
che nessuna pallottola
di freddo prodotto interno lordo,
potrà mai davvero annientare.
Sono giovane,
e in me un solo desiderio c'è;
ascolta la voce del mio propormi,
e non ti pentirai
di aver creduto in me.