C'erano frantumi di un amore
che mai forse si seppe disegnare amore,
in quella traiettoria di biglie
così imprecisa e bizzarra,
che vociava in un quadrato di spiaggia;
addestrare il proprio dito a dovere,
pregarlo di non sbagliare,
gustare il fanciullesco aroma,
di una nuova gara da conquistare;
la biglia non si arresta,
si ribella talora,
alla traccia razionale delle tue intenzioni,
come una bimba vestita di capricci,
e intanto una ragazza scopre
gli impietosi fendenti di un gemito,
d'una storia conclusa,
lasciata ai piedi del mare;
la biglia scorre,
non osserva,
neppure sa quale sia il traguardo che l'attende,
neppure sa dare un nome,
alla spiaggia che l'accoglie,
mentre un ombrellone pizzicato dal sole,
custodisce le prime domande di un ragazzino,
sulle magie irrivelabili del sesso
e il primo richiamo
a scoprire di godere con il proprio corpo.
La biglia si arroventa,
sotto raggi aguzzini,
ma neppure allora sceglie di arrestarsi,
danzano provocate dal vento,
le pagine di un minuscolo diario,
tra una lacrima e un fiore
che assaggia il tepore di nuove
incontaminate mani,
dopo la maledizione di essere fiorito
sul ciglio di una strada che tossiva smog.
La biglia esce dalla pista,
poi reinventa la sua corsa sbarazzina,
il bambino che non capiva,
è l'adulto
che forse maledice di capire,
o forse vive nell'antro
del seducente pensiero,
di non avere compreso nulla.
Conta i ricordi,
chiama per voce le conchiglie,
che raccolse da piccolo,
"sei diventato grande,
quelle dita che ci hanno amato,
e con cui ci hai tirato,
lo sai, non le abbiamo dimenticate";
ora che sei,
ricorda, ragazzo,
respira, rivivi, assaggia,
il rumore dolce e complice,
di quelle biglie rimaste sulla spiaggia.