Corteggiano discreti
labbra avide ma intimidite,
questi servi e padroni
di fragranze di mandorle leggere;
di ogni festa serbano
sorrisi, rimpianti e ipocrisie,
assaggiali, e scorgerai,
che il loro sapore,
è dolcezza di momenti,
che hanno saputo sedersi,
sulla panchina di zucchero dell'eternità,
e non antro di fetide bugie.
Loro soltanto,
sorridendo nascosti da una tavola imbandita,
custodi sono dell'arcano futuro,
che dirà un idillio sponsale,
felice o fallimentare;
amici di comunioni e cresime sfuggenti,
o spettatori attenti
di rinfreschi sbadiglianti,
i confetti colonizzano il respiro,
bianche, seducenti saette,
che addolciscono la sinfonia del cammino,
anche quando le scarpe che indossiamo,
sembrano maledettamente
insopportabilmente strette.
Eccoli, i confetti,
abbracci di nonni per sempre perduti,
ma proprio per questo,
per sempre ritrovati,
profumi selvatici ma così incomprimibili,
evasi da mura inumidite di pasticcerie,
per farsi messaggeri
di buoni auspici e preghiere.
Eccoli, li vedi lì,
a strizzare l'occhio all'orizzonte,
i confetti che amoreggiano,
con il ricordo mai appassito di un bianco velo,
di chi, scorgendo il vero amore,
ha scoperto il segreto del commuoversi del cielo.
Li troverai a ridere,
ebbri della gaiezza,
d'un'altra missione compiuta,
fieri, indomabil Robin Hood
che rubano felicità
a chi incapace è di apprezzarla,
per farne dono
a chi davvero l'apprezzerà.