Il tuo corpo ha paura,
teme l'onda che giunge,
irriguardosa follia
che travolge.
Quando cade poi il buio
la mia voce conduce
lieve frullo di un'eco,
distante.
La parete ora è ruvida alcova
Il riflesso ha schiena che gronda
e le mani,
come ali che spiccano un volo.
Io ti dissi di gustare il palato, l'emozione,
hanno l'aspro sapore di bosco
e di umida terra il tuo senso,
lieve, come petalo rotto.
Tacqui allora, sul finire del vento
e rotolammo come fragili foglie
che dei rami sfuggiti all'inverno
divennero alba e tramonto.
Siamo laceri adesso,
rimasugli di scaglie dorate
con i lembi imbrattati di mare
sul finire del giorno, un viale.