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Questa piazza

In questa piazza, da codesto luogo,
ho sentito i tuoi passi allontanarsi,
ma cosa mi hai lasciato? Consideravi il mio sguardo,
che ti bramava lenta, nei giorni di giubilo,
quando la beltà era sul tuo viso di donna altera e disdegnosa.
A te, che al core mio indulgevi la mano,
si protragga ogni ventura,
ma che c'era in tal loco onde il mio dolo inseguivo?
A me, che mi affliggi dei miei passi,
che vivo ormai nascosto da orme straniere,
ove per questo, certo della mia età, non dia specie,
struggesi l'affanno mio in questa belva di giorno,
ma non reca ciò il mio diletto e il mio dir non tale a cagione.
Ahimè, quanto desio mi preme di così tanta beltade!
Mi sovviene il riso tuo e gli occhi tuoi audaci,
mentre fai del mio tempo un drappo leggiadro,
ma certo per il mio spasimo non cederò alla mercede,
all'età del piacere mio. Questo spiazzo, troppo ampio
per un misero afflitto, mi cinge con le sue brame.
Proprio tu quindi, ampia immensità, dove si vive
e dove tutto si cerca e dove gli echi si assomigliano,
voi, alberi bloccati su tronchi secolari, che fate voi?
Non vi si smuove la terra alle vostre radici,
resta compatta la vostra mercede.
Il vento, che vi spira, non vi sorregge degli affanni altrui
e dell'altrui gesta, vi trattengono le zolle
e non si diveltono tra l'erba che vi corre
attorno alle radici molli e l'immobilità vi è sovrana.
Solo le alte foglie potete levare, ma è un muoversi al vento.
Ecco, ora io vi guardo, resto fermo all'imago vostra
e le favelle giungono a disperarmi un contatto.
Cosa considero alla di voi altezza?
Forse simile al vostro è il mio stato,
ma non conduce certo a miglior sorte.
Questo uomo seduto ai vostri piedi
può solo lacrimare, ma non del tempo vostro.
È il tempo mio che mi trattiene retro
e non mi dilunga niuno, di quel che serba
la vostra età e la mia, oltre la vostra,
nella certezza del contegno voluto.
Qual fiore, ove cade da voi sulla nuda terra,
l'anima cercomi, ma la quiete mi ghermisce
e il travaglio non dà respiro e la tenebra soggiunge
or dove si passa, ma non toglie da ciò quello che resta.
La fede mia mi attrae, ricordando l'altro desio trascorso
e mi lacrima l'anima e mi si ripercuote in core
O giorni di tedio! Potersi sciogliere nella intesa bramata
e i lochi smembrare ad uno ad uno,
qual fece lo sperduto rendendo a frammenti il pane
avuto per mendica. Io, in solitario spirito,
venderò la mia vita lontano dai tumulti
ove prefiggevasi il martirio imposto,
e seguiterò a gemere su questi massi, freddi e vuoti
come vuota è la strada che intravedo innanzi.

 

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1 recensioni:

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  • Rocco Michele LETTINI il 20/07/2012 18:53
    UN PIANGERE DAL SAPORE ANTICO... FLUITO IN VERSICOLATO MIRABILE NEL CONTENUTO E NELLA MUSICALITA'...
    IL MIO PLAUSO MARINO

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