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Il secondino

Non possiedo,
mani di pittore gementi
e baciate dalla dama sfuggente della creatività,
per ritrarre schegge ineffabili di dolore;
lavoro qui, al terzo raggio,
dove l'aria odora di sterco e rimpianti,
dove le lenzuola echeggiano spesso
inconsapevoli e impotenti
di ricerche di sonni eterni
che divincolino dalla morsa fetida
dell'autoconsapevolezza del peccato:
odo rantolii di speranze,
che si elevano,
come primigeni soffi di vapore
da dita che appresero
ad abbracciare l'estasi del Vangelo;
"Signore, sono solo un anonimo carcerato,
ricco ora sol di te
e del pensiero di poter rinascere,
incenerendo quanto ho fatto di sbagliato,
riscoprendomi uomo,
in una nuova e pura anima intagliato".
Cammino e osservo,
mentre il rancio rubato al giorno,
scalda il cuore di un detenuto,
pervaso dal freddo
di una solitudine che gli vomita addosso,
memorie di folli violenze perpetrate".
Credete,
non tutto è pervaso
di lacerante, indomabile ineluttabilità,
chè oltre le sbarre
silente ma urlante s'annida,
chi si pentì di aver fallato,
e desidera ora richiamare per nome la realtà.
Nulla più sono,
di un umile secondino,
missione di durezza scolpita tra le labbra,
ma cuore che sa amare come un bambino.
Se qualcosa insegnarmi seppe,
questo lezzo stritolante da galera,
fu che un uomo sa di essere vivo,
finchè comprende di avere errato,
e che ogni errore, grande o piccolo che sia,
è incapace di prostrarlo per sempre;
in lui ruggisce,
la certezza che la vita sia,
dopo avere preso a pugni il buio,
riscoprire una speranza,
tinta di futuro e di poesia.

 

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1 commenti:

  • cristiano comelli il 22/07/2012 00:02
    Parlare del dramma delle carceri è scomodo, me ne rendo conto. Ho provato a farlo. Se non ci sono riuscito, chiedo scusa.

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