La penna vacillante nella mano,
sfoglio il quaderno,
scelgo un foglio e, con il solito vezzo,
lo fisso senza attenzione,
col polso lo stiro e l’accarezzo,
socchiusi gli occhi,
lo contemplo e m’ispiro.
Distratto, tensione alcuna,
annoto, scarabocchio,
spesso senza senso,
scrivo quel che penso
e occupo l’ore.
Sincero amico bianco,
muto compagno
del mio sostar per l’ode,
tu che tacendo sai quello che dico,
che rifletti con me come non mai
forse non sai che d’ora innanzi
dei segreti miei sarai custode.