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Racconti amore

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Al bivio

Oggi è un pomeriggio di domenica e io sono indeciso se andare in automobile alla festa della birra a 30 km da qui, oppure uscire a piedi e fare una passeggiata nel parco. Intanto guardo fuori della finestra; c'è un bel sole, è una bella giornata, sarebbe un peccato impiegarla male. Ma dove mi divertirò di più?
Qualsiasi scelta farò saprò dove conduce la strada che ho scelto ma non saprò dove porta la strada che ho scartato. Quante volte mi chiedo: dove sarei arrivato se avessi preso l'altra strada? Cosa sarebbe successo se avessi fatto la scelta opposta? Sarei più ricco? Più povero? Sarei insieme con una donna? Buona? Cattiva? Avrei evitato questi guai? Avrei avuto un incidente? Oppure sarei morto?
Difficile dirlo. Forse Dio può vedere dove conducono tutte le strade che stanno davanti a noi, povere marionette, e questo sarà il Suo divertimento. Cosa c'era nella strada che non ho scelto? L'amore? La ricchezza? Oppure il dolore e la morte?
Che cosa scegliere? Eppure devo scegliere perché se rimango ancora qui il tempo passa, si fa tardi ed allora è come se avessi scelto di restare in casa. No devo decidermi. Vediamo: al parco potrei incontrare Adelina, una ragazza che mi piace. Ma Adelina potrebbe non venire, è già successo altre volte. Alla festa potrei conoscere qualche donna nuova, oppure non trovarne nessuna libera o che mi piace; mi ricordo che è già accaduto anche questo.
Intanto esco di casa, poi deciderò. Lungo il marciapiede incontro l'amico Rino che mi propone di trascorrere le vacanze invernali in Thailandia, dove conosce alcune ninfette Rinuncio per paura dell'aereo.
Un altro amico fermo davanti alla stazione, mi suggerisce di andare insieme a lui a una mostra di libri antichi. Rinuncio anche a questo. Le possibilità si moltiplicano e scegliere diventa più difficile.
Nel parco incontro Adelina. Ho fatto bene a venire qui. Ma la ragazza sta aspettando le sue amiche che verranno a prenderla per andare a una festa di compleann

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   0 commenti     di: sergio bissoli


Le donne brutte

Guardo le donne, le osservo, le analizzo. Guardo i loro visi, i corpi, il modo di vestire, di camminare, di gesticolare, di parlare. Osservo gesti e manie, comportamenti che rivelano gusti e psicologie. La pettinatura, per esempio, rivela molto del carattere di una donna. I capelli corti appartengono a una donna conformista e pettegola; nei capelli medi c'è più dolcezza; nei capelli lunghi c'è senso di libertà, fino all'hippy, fino alla rivolta.
Studiando le donne ho scoperto imperfezioni di ogni tipo. Marilena è racchia. Katuscia ha un profilo del viso imperfetto: il naso è troppo lungo e gobbo. Caterina ha i seni piccoli. Loredana ha le gambe corte e il culo basso. Natascia ha i capelli rossi e troppe lentiggini in viso.
Io che sono un poeta innamorato della bellezza trovo che le donne belle sono una minoranza; le donne belle senza imperfezioni sono una rarità.
Forse la Natura avrebbe potuto creare le donne tutte belle, con un corpo perfetto e senza difetti. Ma se le donne fossero tutte belle, sarebbero tutte uguali, tutte identiche. E allora la bellezza, il concetto di bellezza, scomparirebbe. Solamente il paragone, il confronto con le donne brutte, permette l'esistenza della bellezza.
Dobbiamo ringraziare tutte le donne brutte. Sono loro che ci consentono di apprezzare quelle belle. E allora: Evviva le donne calve, le donne racchie, le zoppe e le strabiche, le nane e le grassone

Agosto 2002

   4 commenti     di: sergio bissoli


Io, tu e il vecchio Jorge

Un foglio bianco, la tastiera muta. I pensieri ti conducono dentro emozioni vissute solo qualche ora fa, il ricordo ancora pulsa ma non riesci a scrivere una riga. Ti fermi cerchi di riordinare le idee, torni a scrivere, cancelli, scrivi e... cancelli ancora e poi ancora...
Cancelli le parole non i pensieri.
Come può uno scrittore non trovare le parole, tu poi che riesci a descrivere ogni particolare, che conduci il lettore dove sai che non potrà più tornare indietro.
Tu che ti rileggi e quasi credi alle tue storie...
Riguardi il foglio bianco, lo confronti con i tuoi pensieri che si materializzano sulla pelle ma non sulla carta, risenti il suo sospiro, ma non riesci a... eppure non ti abbandona. Un urlo silenzioso ti trafigge il cervello, lo senti ma non puoi descriverlo.
Una volta ho letto che Borges considera la poesia libera più complessa, i poeti che non usano la metrica non meno poeti e se lo dice il vecchio Jorge Francisco Isidoro... allora scrivi versi, fissa così i tuoi pensieri, regalati una poesia.
Checcazzo c'entra Borges?
Lasci perdere la tastiera, lasci liberi i pensieri, il pensiero... lo sai che il plurale é una finta. Lì c'é lei, é lei il tuo pensiero. I suoi capelli neri, i suoi movimenti eleganti. La sua impalpabilità che non ti impedisce di toccarla, di stringerla, di farla tua. Il cuore accelera i battiti, senti quella sensazione strana che non controlli, che ti prende per mano e ti accompagna in una dimensione che credevi di conoscere. Sai che anche il sentiero più lungo trova la sua fine ma non hai paura di percorrerlo. Hai voglia di sfidarlo ma non vuoi consumare questa emozione troppo in fretta, vuoi scoprirne i profumi, i colori, le insidie.

La serata é quella tipica dell'autunno, caldo e freddo si rincorrono felici senza mai raggiungersi, le ombre si allungano gesticolano senza coordinazione, una danza senza copione. I movimenti della libertà. Acceleri il passo non hai una meta precisa ma camminare ti fa sta

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   4 commenti     di: Ivan


La Leggenda di Primo

Scendeva la notte sul villaggio, ma le luci a festa confondevano la Luna, che ancora credeva nel cielo il carro del Sole.
La notte più attesa dell'anno qui nel Regno di Esen ga,
e tra antiche tradizioni e canti popolari si rendeva omaggio e Festa alla vita ed alla Sua rinascita, alla prosperità e alla Buona Sorte.
Intorno ai mille fuochi che come stelle si accendevano intorno all'unica Torre del castello, dito puntato verso il cielo, quasi a reclamarne le attenzioni, si radunavano,
dopo ricche libagioni che sciolgon lingue e mescolano le parole, vecchie e nuove generazioni, quasi a ricordar il ciclo eterno della vita Che mai si spezza ma solo si rinnova.
Usanza era raccontar storie alle giovani menti curiose dei piccoli, rumorosi e indisciplinati intorno al fuoco, come natura vuole, ma silenziosi alle prime strofe del racconto quietavano gli ardori e sedevano vicino il più possibile al vecchio narratore.
"un tempo che fu, molto molto lontano, che ancora capanne di paglia erano il ricovero delle nostre genti, e che scarne giovenche muovevano il suolo per le sementi, prosperità e serenità che dormono insieme a Noi da molti lustri, erano ahimè ostili al villagio e alle sue anime"
Così esordì nel suo racconto l'uomo che tutti chiamavan Primo, forse per la veneranda età che non conosceva eguali tra i monti e per le valli della Contea, forse per meriti di passate gesta perse ormai nella memoria del tempo.
Il silenzio aveva già avvolto l'allegro convivio, e zittito pure il fuoco, e ora tutto e tutti sembravano aspettare quella storia, di cui seppur già note erano le parole, le origini e la stessa fine, ancora destava l'attenzione,
e la stessa curiosità del garzone al primo giorno di lavoro in bottega.
"Il nero deserto di sabbia e rocce affamato di nuove vite, rapido avanzava verso i confini del Regno, ingoiando avido Rivoli, e poi ruscelli, bevendo fiumi interi mai pago o sazio, colorando il paesaggio di arida oscurità,
colori tetri di morte

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   0 commenti     di: fulvio laudi


Roma segreta

Via del Corso è un fiume di persone, rintronate da luci e vetrine, le cui onde ogni tanto ti spingono nelle chiese, molteplici lungo le sponde.
Sono come oasi, che aldilà del proprio credo ti accolgono sempre, nel loro silenzio che sa di pace e riposo.
Mi ritrovo così nella chiesa di S. Marcello. "Bene, finalmente lo rivedrò".
Mi aspettava nel buio della sacrestia, che un sacerdote pacioccone, dietro mia richiesta, apre solo per me. Ecco, è lì, come anni prima eppure mi sembra di vederlo per la prima volta: su di una grande tela, dipinto ad olio da Antoon Van Dyck c'è Cristo alla croce.
Il fiammingo, famoso per i ritratti di nobili e re dell'epoca, lavorò a quest'opera nel suo soggiorno romano, creando il ritratto dell'estremo dolore.
Ha colto Gesù in croce ma vivo: le braccia hanno un'inconsueta posizione, anziché essere distese come nella maggior parte dell'iconografie, puntano verso l'alto; i chiodi sono conficcati nei polsi e le dita delle mani chiuse a pugno.
Il corpo perfetto in quella posizione estrema è immacolato, non ancora trafitto è il costato, ha solo piccoli rivoli di sangue dai polsi, sul dorso dei piedi e intorno alla corona di spine dove una luce s'affaccia pacata mischiandosi alle gocce d'amore.
Nulla c'è a collocarlo, sembra sospeso nello spazio e nel tempo; il fondale è buio, soltanto in alto a sinistra si nota un piccolissimo squarcio di cielo velato, senza colore, da dove filtra una luce fiochissima.
Nessuno che piange ai suoi piedi, l'uomo d'Amore è solo con la morte come ogni uomo.
Ha gli occhi aperti che guardano in alto ed è lì che si è concentrata ogni sofferenza. Lo guardo e spero finisca lo strazio: siamo abituati al tutto donato, al capo reclinato, morto, tolto dalla croce ed adagiato in terra... qui invece vive ancora, anche il piccolo telo bianco che copre la sua virilità... sembra che un vento invisibile l'agiti.
Vado via ma tornerò.

   7 commenti     di: Chira


Un bacio... una storia

Estate fine anni '70 al mare, (la località non ha importanza, può essere una qualunque) è la fine di un caldo pomeriggio e io mi ero attardato sulla spiaggia a godermi l'ultima brezza di vento profumata di mare che mi scompigliava i capelli: avevo chiuso gli occhi... godevo di questa sensazione, quando li riaprii per un colpo di tosse vicino a me... e vidi lei: a pochi metri da me. Era la ragazza che avevo visto a pranzo in albergo al tavolo dei suoi genitori da quando ero arrivato la settimana scorsa, ma con la quale timidamente non avevo mai osato parlare... solo un gioco di sguardi c'era stato fra noi: silenzioso, ma inesorabile ogni giorno. La guardai ancora: era bellissima ai miei occhi come sempre, all'incirca sui sedici/diciassette anni, seduta sul suo asciugamano, con i suoi lunghi capelli neri, i suoi occhi scuri: due perle lucidissime... continuai a guardarla per un bel pezzo... anche lei mi guardò: ma notai che una lacrima era scivolata dal suo bel volto e ora si era fermata vicino alle sue dolcissime labbra che tanto avrei voluto baciare! Il suo pianto muto e dignitoso mi attrasse come non mai, i miei occhi fissavano quella goccia che pareva di rugiada, quasi sostasse su un bel fiore di campo dai colori accesi e faceva capolino... mi chiamava?? Così mi parse! Quella goccia argentea assunse i colori del tramonto per me... una luce rarefatta mi attraeva... in un attimo fui trasportato dalla fantasia in un altro panorama... gli ombrelloni chiusi, le sedie a sdraio intorno a me scomparvero: era una campagna senza alberi... poi ricomparve il mare e il suono della risacca: la spiaggia si ricompose come per magia... ma alla luce rosea del tramonto non c'eravamo che io e lei... unici umani su quella spiaggia. Fu allora che presi la decisione con tanto cuore in gola e mi alzai. Macinai quei pochi metri che mi separavano da lei con un unico pensiero... E vicinissimo al suo viso le sussurrai: "Ma... Perchè stai piangendo?"
Suonò una voce incerta, rotta dall

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   2 commenti     di: Sergio


Mi incaricai protettrice della mia futura vita

Il primo giorno scolastico di ogni anno ero in ritardo. Meno degli altri giorni, ma sempre i ritardo. I "nuovi arrivati" non sapevano che ci si dovesse presentare circa 10 minuti prima dell'orario "ufficiale" dell'inizio delle lezioni. E a me divertiva osservarli, impacciati, emozionati, con gli occhi colmi di timore ed ansia. Li guardavo passare appoggiata al muro dell'entrata. Da quando frequentavo quell'università non ce ne incontrai nemmeno uno di quattro primi giorni che fosse stato nuvoloso, piovoso o quant'altro. Era sempre un Settembre ancora caldo, il sole brillava alto nel cielo già alle 8 di mattina.
Fatto sta che quel giorno vidi brillare qualcosa di diverso dal sole. Di visi timidi ne avevo visti, ma questo sembrava riservato oltre ogni limite. E chi è riservato ha un mondo completo di ogni filosofia nel profondo dell'anima. Quella ragazza e i suoi occhi grigi erano inconfondibili. Non aspettai questa volta che tutti i nuovi ragazzi entrassero, prima di ritirarmi e decidere di presentarmi in aula, no. Questa volta decisi di seguire il bagliore che concorreva al riflesso del sole. Osservai tutto di lei, come mi è solito fare quando qualcuno mi affascina. Osservai l'ondeggiare dei suoi capelli castani, chiari, mossi, perfetti. Osservai i suoi stivali neri, osservai il suo passo insicuro. Notai la progressiva vicinanza alla mia aula scolastica e non sapevo bene che cosa seguire tra lei e la lezione. Ma non fu difficile scegliere quando la vidi entrare nell'aula prima della mia.
Per fortuna il primo giorno si parla delle vacanze, si è sempre amichevoli tra professori e alunni, si discute serenamente, il che non richiede grande impegno e attenzione. Questo mi permise quindi di portare la mia mente poco lontano da dov'era il mio corpo, ovvero nel corridoio. I miei pensieri si erano persi nella segretezza del suo sguardo e volevo davvero capire chi ci fosse dietro a quella corazza. Avevo seriamente voglia di conoscerla.


A dicembre ormai si ha be

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   2 commenti     di: Deinah



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