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Racconti di attualità

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Un numero di telefono

Le ultime parole pronunciate dal padre, prima di andarsene di casa e lasciarla sola con la madre, le giravano in testa fin dalla mattina appena alzata dal letto. Arrivata all'ora di cena era ormai esausta, provata da quella specie di disco che le si era incantato nella mente.
" Me ne vado, Chiara. Dillo tu a tua madre. Preferisco non vederla. Non lo sopporterei. Chiamami a questo numero se avrai bisogno di me. Ciao. "
Tenendo nella mano il biglietto di carta con sopra scritto un numero di telefono, guardò l'auto grigia allontanarsi finché quell'immagine non sparì dalla sua vista e, aveva a lungo sperato, dai suoi ricordi.

" Chiara, sei tu? "
Posò le chiavi sulla mensola ed entrò in cucina con in testa quell'unico, invadente pensiero. Si avvicinò ad una figura minuta seduta al tavolo, intenta come sempre a guardare sul televisore uno dei tanti programmi che trasmettono ripetutamente le immagini dei delitti famosi.
" Sì mamma. Senti, la possiamo spegnere? -
" Sì, sì, un attimo solo. Pensa, stanno per collegarsi con la casa... "
Ormai Chiara non ascoltava più i discorsi della madre. La lasciava parlare limitandosi ad annuire con la testa. Aveva bisogno di lavarsi e se ne andò in camera.
Sotto la doccia, mentre la mente le riproponeva la stessa frase, all'improvviso ebbe come una scossa.
Lasciando una lunga scia d'acqua dietro di sé raggiunse la mensola dove aveva posato le chiavi appena entrata in casa. Sul piatto di ceramica sul quale di solito c'era la posta, giaceva un biglietto di carta giallastra ripiegato in quattro.
Quel biglietto. Lo aprì, vide il numero scritto a penna.
" Mamma dove hai preso questo? "
La donna si voltò verso la figlia, che era corsa in cucina urlando agitando con la mano quel foglio.
" Non andare in giro nuda, ché poi ti ammali."
" Il biglietto, mamma, il biglietto!"
Senza rispondere la donna tornò a rivolgere l'attenzione verso il televisore, che continuava a trasmettere lo stesso programma.
Esa

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   5 commenti     di: alba radiosa


È tutto nelle nostre mani

Aspettiamo tutti qualcosa, un momento, un incontro, la fine della giornata, alla cassa, in banca, aspettiamo perfino la paga. E restiamo passivi, magari con qualche pensiero, ma troppo poco, il cervello resta spento e non passiamo all'azione e ci riempiamo di sogni, progetti che non verranno mai applicati, e questo ci basta, finalmente viviamo, pensiamo, ci costruiamo un futuro, un piano che non si esaurisce all'istante ma ha un seguito, un dopo, una continuazione dopo l'inutile presente. E così è felice la gente, i piani la fanno sentire intraprendente, e così ringraziano i potenti, neutralizzando le volontà riescono a comandare più facilmente e si crea un lamento diffuso, questa città, questo mondo è troppo alienato e si stabilisce una dittatura dell'accontentarsi, discolpandosi, ripetendo che poteva andare peggio. Solo parole, pensieri, mai azione. Solo apparenze, illusioni, si tratta di persone morte. Per tornare in vita bisogna essere operativi, sempre in movimento, pensanti, essere dei giudici imparziali e parlare, ascoltare, dimostrare, fare, fermarsi a pensare, certo, ma poi applicare con un maggiore slancio vitale. La passività uccide, fermarsi è come morire, guardare il cielo è sognare, le stelle vanno catturate, i pensieri necessitano di diventare reali, con mano si devono toccare, e il mondo, popolato da tutte queste volontà personali, non potrà che cambiare.
È tutto nelle nostre mani.

   0 commenti     di: vasily biserov


È la scelta giusta?

Una sera in preda alla disperazione guardavo le mie foto che avevo caricato sul computer. Rivivere dei momenti del passato mi fa sempre sentire meglio permettendomi di non pensare alla situazione attuale. Sono laureato in economia e marketing con 100 e lode, i professori mi riempivano di complimenti confermandomi che avrei avuto un buon futuro, ma nonostante tutto sono ancora disoccupato. E non per scelta, ma perché di lavoro oggi non se ne trova, ai giorni nostri le possibilità di ottenerlo sono veramente poche. Dovrebbe essere un diritto oltre che un dovere, ma quando si parla di pretese i cittadini vengono messi sempre su un secondo piano. Per i governi è più importante esaudire le volontà di istituzioni più importanti, come le banche, le industrie, la chiesa. Bisogna avere una gran fortuna, la stessa che serve per fare un 6 al superenalotto. Quindi sono laureato e lodato, esperto e preparato, ma disoccupato.
Tra le varie foto trovo quelle che mi ritraggono con varie ragazze. Con alcune ci eravamo promessi un futuro insieme, anche di mettere su famiglia, ma tutti i nostri sogni, i nostri progetti, hanno avuto termine. Ogni volta germogliavano lentamente per poi infrangersi, come foglie spazzate dal vento. Altre immagini mi rappresentano in compagnia di amici. Pensavo che almeno questo legame dovesse essere più solido, e invece me ne sono rimasti ben pochi, di amici. La mia attenzione venne catturata da un'immagine che mi immola in compagnia di Andre, Jack e Matte seduti in Bigger Place. Che periodo felice che era quello! Tutti insieme cantavamo canzoni più o meno famose, dai Queen ai Doors, dai Red Hot Chili Peppers a Bob Marley mentre, a turno, Jack e Andre si alternavano alla chitarra. Era diventata un'usanza ritrovarci lì tutte le sere e, nel frattempo, consumare qualche bottiglia di vino rosso. Soprattutto quell'estate, quella di 6 anni fa. Avevamo sostenuto la maturità ed eravamo pronti ad affrontare il mondo con il primo riconoscimento della nos

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   1 commenti     di: vasily biserov


Nasci a Napoli e poi muori

A Napoli, per morire, basta poco. Anche esserci nato. Non c'è bisogno di lavorare sodo per fare strada nella camorra prima di cadere a terra dopo un agguato oppure essere riempito di pallottole in una sparatoria. Morire a Napoli è diventato di una semplicità disarmante. Basta passeggiare per le strade della città, andare a lavorare, andare a giocare a calcetto con gli amici, prendere l'autobus. Che sia un proiettile vagante oppure un intero caricatore, un regolamento di conti andato a buon fine o uno scambio di persona, Napoli concede a tutti il brivido di sentirsi in pericolo di vita. In nessun posto come a Napoli, la morte è "una livella". Un camorrista, un pusher, un tossico, un bravo ragazzo, uno studente, una bambina... nessuna categoria di persone è esente. Siamo tutti in bilico, tra la vita e la morte, tra i sogni più belli e gli incubi peggiori. Perchè a Napoli, in un attimo, diventa tutto nero. E non c'è spiraglio, non c'è un briciolo di luce. Pasquale Romano, l'ultima vittima di questa assurda città, è l'ennesimo schiaffo alla vita, un altro graffio all'anima di un popolo che sta estinguendosi come i dinosauri. L'ultima vittima in ordine di tempo, sia chiaro. Dopo Pasquale, arriveranno Francesca, Carla, Fulvio, Simone, Enrico, Debora. Nomi a caso, pescati a sorte ed offerti in sacrificio ad una città che diventa sempre più rossa, di sangue, di disperazione, di vendetta. Rossa come la lava di quel vulcano che vorrebbe sputare addosso ai suoi concittadini la rabbia per averlo fatto diventare un oggetto da esporre in vetrina e niente più, un soprammobile di lusso, l'impressione su una cartolina che diventa sempre più opaca. A Napoli si muore, ed è una cosa triste. A Napoli si sopravvive, ed è deprimente. A Napoli non si respira più.

Non bastano il lungomare, il golfo, il Vesuvio, Posillipo e Marechiaro. Non bastano. Questa città sopravvive da troppo tempo grazie a questi panorami-palliativo che nascondono il dolore dei suoi cittadini ed

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VISITA AD UNA STRUTTURA OSPEDALIERA

Visita ad una STRUTTURA OSPEDALIERA REGIONALE


( Per rispettare la privacy, imposta dalla legge italiana a tutela di non si suppone bene chi o che cosa, in questo come nei successivi test, luoghi e nomi non verranno riportati o, nel caso saranno rigorosamente di fantasia. )

Sergio B. e Andrea C. si erano domandati: “ che cosa vi è di meglio che entrare in un ospedale per intraprendere la nostra indagine sui guai dell’Italia? ”
Niente.
Si erano domandati subito dopo: “ quale è la regione più pubblicizzata in positivo?”
“La Lombardia, perdinci! “
“ E noi, doverosamente, la scegliamo. “
A questo era seguito un terzo interrogativo: “ quale luogo è più indicato di un Pronto Soccorso per tastarne il polso?”
Niente, è il più.
“ E quale giorno lo è più di una domenica pomeriggio? “
Nessuno, è il più dei più.
“ Come ci presentiamo? “
“ Nell’auto accanto a noi infiliamo un ragazzino che conduciamo di tutta fretta all’ospedale perché lamenta dolori acuti nel basso ventre. Strombettando e pigiando sull’acceleratore superiamo i semafori con il rosso. Magari avremo l’onore di essere scortati da una pattuglia di vigili. “
“ Avremo la precedenza assoluta, cazzo, corsie spianate, medici premurosissimi, abbiamo calcolato ogni particolare per esordire con un campione attendibile.”
“ Non sarei tanto ottimista, temo invece che faremo un buco nell’acqua.”
“ Impossibile. Come ben conosce chi si fregia della tessera ASL ( cioè tutti i cittadini italiani ed anche gli extra residenti ) i medici di famiglia ed i pediatri smontano di servizio venerdì alle diciassette e riattaccano il telefono dello studio il lunedì mattina; dai loro cellulari risponde una voce asettica che lo dichiara o scollegato o irraggiungibile. È evidente che non ignorando tutto questo, le strutture pubbliche si saranno adeguatamente organizzate per fronteggiare una super rich

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Confessione di Ferragosto

Le due e trenta di notte: esco dalla cucina.
Il fresco mi entra nei vestiti pieni dei suoi sapori intensi.
Io, come i grandi chef penta stellati, ho preparato il trogolo per i porci mannari, il popolo che sfugge alla confusione della città per accodarsi in auto e accalcarsi per un posto nei ristoranti della vacanza.
Domenica e Ferragosto avremo due giorni per dare via tutte le croste accumulate in un anno nei congelatori, tanto mangiano tutto, servito con la pala!
Come a Pasqua e a Natale sembra che tutti vivano per ingozzarsi, ed io, vecchio cuoco che sono stato in giro per il mondo, mi schifo del mio mestiere!




Centodieci confessorio



Moralisti e furfanti

Moralisti, sociologi e politologi si aggirano nei salotti televisivi. I media si buttano sulla preda e la spolpano fino all'osso.
"È tutta colpa della legge elettorale, della legge dei nominati", pontificano come oracoli. E poi si scopre che gli eletti con una valanga di preferenze sono ancora più corrotti e qualcuno avverte che "i mali delle preferenze li abbiamo già sofferti nella prima repubblica, sono preferibili i collegi uninominali".

Si guarda al centro e i buoi scappano in periferia. Si dice che c'è bisogno di una ventata di novità e arrivano sulla scena giovani arroganti, ubriachi di potere. Gente che improvvisamente si trova con tanti soldi in mano e perde la testa, accecata dall'oro.

I moralisti alzano la voce, indignati. Loro non sapevano, non immaginavano, vivevano sulla nuvola bianca dell'etica, gonfia dei loro sacri principi.

I politologi, che fino a ieri volevano portare lo Stato vicino al popolo sovrano per un controllo diretto e immediato degli eletti, criticano la modifica del titolo quinto della Costituzione, dicono che fu fatto per sottrarre il cavallo di battaglia del federalismo alla Lega. Dimenticano che la sinistra voleva favorire se stessa nel governo del territorio. Un modo elegante per impadronirsi del potere.

È solo un attimo di smarrimento. Subito sociologi e politici illuminati contrappuntano con voce suadente che non bisogna far di tutta l'erba un fascio (loro sono buoni e puri!) e che si deve andare alla radice di questa dissoluzione. E alla base di tutto si materializza un demone, come nel peccato originale. Il Demone corruttore, il Caimano ha abbassato l'asticella dell'etica, della parsimonia, della moderazione. Bisogna ricostruire i partiti di un tempo, ritornare alle ideologie, a formare la classe politica. Ma con quali formatori?

Si distingue da spreco a spreco, da peccato a peccato, da sesso a sesso. Le ostriche rovinano lo stomaco, la colla dei manifesti crea coesione sociale; i festini chiamati conve

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   2 commenti     di: Ettore Vita



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