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Racconti autobiografici

Pagine: 1234... ultimatutte

Lo specchio

Vecchi bauli sembrano quasi accatastati ed immobili
sotto il peso della polvere.
Dalle fessure del pavimento passava aria una volta,
la vita entrava ed usciva lasciando il suo segno.

Dalle finestre ormai satinate dallo sporco il sole si fa
strada con grande fatica.
Se ti poggi a terra, li... dove la luce tocca il legno,
puoi sentire il calore di un'emozione.

Goffamente, inclinato e poco stabile,
uno specchio poggia su di una parete scricchiolante.
Anche la sua splendente cornice dorata ora accusa
i segni del tempo.

Maestoso sopra un sofà in ciliegio, quante ne ha viste passare!
Ha potuto scorgere ricchezza e povertà. Ha visto riflessa in se
l'anima dell'artista, quella del pezzente, l'anima ipocrita del politico
e quella sempre sognante del poeta, e di volta in volta è stato artista,
pezzente, politico e poeta. Ma in realtà noi sappiamo non essere nulla
di preciso.
Quante cose ha visto e condiviso!
Passivamente si! Ma c'era!

Ha visto riflessi in se gli occhi dell'incertezza,
di chi si specchia e se ne va, pensando che quella figura riprodotta nel vetro
fosse quanto di meglio ha da mostrare al mondo.

Ha visto e vissuto molte più situazioni di tutti voi badate bene!
- Io c'ero! (Pensa ora)

Ma ora... ora non è più così!
Lo specchio suo malgrado, inclinato verso il muro che gli da sostegno,
ormai da anni riflette le statiche travi del soffitto che dal mondo lo isola.

Piatto, freddo, inanimato...
Ha sempre combaciato con tutto perchè questo sapeva fare.
Ha sempre riflesso fedelmente il suo mondo.
Non hai mai disatteso le aspettative del lusso e dello sfarso.
Ma ora no!

Ora può solo sognare.
E dolcemente adagiato lo specchio sogna e si lascia andare.

Il prisma per sua natura è un caratteraccio! Spigoloso come pochi!
- Eppure è di vetro! Come me!
- Mai avrebbe potuto assolvere ad un compito così difficile! (Pensò con superbia)

Ma il prisma pensò, nella sua forma irregolare nasconde un segreto..

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   4 commenti     di: Riccardo Fatone


Carissimo figlio

Carissimo figlio,

lo so che non ami leggere, e che risolvendomi a parlarti attraverso la carta ti costringo a contravvenire alla tua natura, la quale ti tiene lontano dai libri come da pericolosi custodi d'insensatezze e illusioni. Di questo non ti faccio colpa, in special modo se mi soffermo col pensiero a ciò che sono io, a causa del mio smodato amore per loro. Ma, vi sono parole che bisogna assolutamente dire, perché hanno un senso, o forse perché non ne hanno, perché premono con forza alle porte del silenzio e, se non trovano da sole la via, va a finire che cascano su un pezzo di carta, e vi restano impresse, incancellabili, finché altri occhi e un altro cuore non le accoglieranno. E'quello che è successo a queste parole, che sono qui dove non dovrebbero essere, a testimoniare una volta di più la nostra totale incapacità di preveggenza, riguardo le cose, finanche le più stupide. E non solo il luogo è inopportuno, quanto anche il momento. Anzi, a pensarci bene, non poteva essere più sconveniente, e quasi imbarazzante. Oggi è Natale, e di solito sono i figli a ficcare letterine fitte di promesse sotto i piatti dei genitori. Nemmeno tu sei potuto sfuggire, se ben ricordi, al doveroso testamento spirituale dell'infanzia, che giura esser possibilissimo un futuro a braccia conserte e bocca chiusa. Nessuno ci crede, soprattutto il figlio, che una volta ottenuto tutto il ricavabile da quelle sue innocenti farneticazioni, ritiene giunto il momento di farla finita, e ricomincia con raddoppiato vigore a recitar la sua parte, quella di figlio. Che gusto ci sarebbe ad esser figli assennati come genitori, o ad esser genitori dissennati come figli? Sarebbe interessante, ma un po' innaturale. Questo puoi giudicarlo da solo, ché mi pare proprio questo esser stato il nostro caso. Ciò è provato dal fatto che, oggi, sei tu a trovar la lettera sotto il piatto e, non possono esser stati altri che i tuoi genitori. Non ridere. Non è un'altra delle baggianate di tua

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Fontecorniale

Fontecorniale.. non ho mai capito da dove attingesse l'origine quel nome, a quale fonte, a quale sorgente.
Un perchè che è rimasto chiuso dentro... insieme ad un passato che ritorna più che mai presente.

Eppure era così semplice, un prato, un locale in cima ad un sentiero di pietra bianca e cartucce rosse e verdi di cacciatori, nonostante i cartelli DIVIETO DI CACCIA.

Profumo di piadina e cannelloni la domenica, comunioni e matrimoni e altalene in cui volavano in alto i sogni, tante ginestre che inebriavano i pomeriggi d'estate, il posto magico delle capriole, delle parole, delle risate... di sorrisi che parlano muti di parole da quei filmini super otto che mio padre girava.

E una torre misteriosa... guardandola da fuori aveva forma esagonale e finestre come occhi chiusi che custodivano un segreto... forse era per questo quel lamento, quel sussurrare continuo al vento.

La mia fantasia entrava da quell'uscio e quelle finestre chiuse e si immaginava orchi e streghe e fantasmi che spiavano la nostra curiosità. Mi stringevo a mia madre e alle sue risposte -è u ripetitore telefonico- mi diceva, ma io non ci credevo...

E poi come in quel libro si volta pagina... e la favola finisce. Tornare e trovare ancora le tracce di quel passaggio, i segni di ruote sul sentiero di sassi e ortiche, i ruderi del ristorante, l'erba alta nel prato dove non esistono più le altalene, qualche pezzo di marmo, resti di tavolini e legni rotti di panchine là dove i sogni sono già volati via... e poi quella torre... che triste e solitaria osserva incustodita una desolazione, respirando il vento che è soffiato che si è portato via gli anni.
Cicatrici i segni e un filo spinato, un cartello giallo ACCESSO VIETATO.
Non parla più la torre, muta aspetta. Ai suoi piedi un monumento ai partigiani che hanno scritto in quel monte il libro di un passato... forse era loro quella voce...

E anche quella torre che resta isolata in fondo è solo un monumento ad una tecnolo

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   7 commenti     di: laura marchetti


Il pensiero di mezzanotte

È mezzanotte e mezza, sono a letto già da un pezzo, e solo ora ho deciso di ficcare la testa sotto le coperte e abbandonarmi a un sano sonno ristoratore; ma eccomi qua a fissare la piccokla nicchia buia e tiepida ricavata tra l'orlo spesso delle coperte e il mio naso dalla punta fredda, dove m'appare vuota e bianca la pagina di questa prefazione di me stessa, macchiata del solo titolo e che dovrò in qualche modo riempire, con altre macchie. la lascerei volentieri così com'è, e il risultato non cambierebbe, non riuscirei comunque a fornire un motivo valido all'esistenza di questo scritto né al fatto che sia ora davanti all'ochhio di un gentile e speranzoso lettore.
ma una sorte di indole buona o di angelo custode, mi induce a dare almeno qualche spiegazione: ciò che leggerete di me, non è un romanzo, né un dramma, né un poema, non è fatto per istruire il pubblico, nè per illuminargli l'anima e guidarne i passi, non spiega i segreti della Borsa, nè quelli del cuore umano, non è un saggio, non ha una trama stabilita dove condurre il pensiero.
del resto, non c'è da stupirsi, sono l'antitesi dello scrittore di mestiere: non sono un dotto, non sono un filosofo, non sono un letterato e nemmeno un poeta; ho la fantasia tarpata, la drammaticità beffarda, il pathos sottopeso, la liricità stonata; mi s'ingarbuglia la sintassi nella penna ad ogni pié sospinto, ragion per cui mi è d'uopo procedere a rilento nei meandri dei motivi ispiratori. non so neanche se scrivo per diletto o per inerzia. potrei dire che mi occupo di lettere, ma mi si potrebbe scambiare per un impiegato postale, o di stilistica, ma qualcuno mi scambierebbe per un parrucchiere.
del resto non vorrei deludere il lettore spiegandogli che la srittura in abito da professione perde in spontaneità e potenza, nè che segretamente invidio le copie vendute dagli autori di romanzi rosa! in compenso ho dalla mia la sincerità, e la consapevolezza che ciò che scrivo servirà almeno a po

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Le confessioni

Ambizioso, lascivo, egoista...
Parole che descrivono la mia vita.
Giornate trascorse nel venerare me come unico padrone della mia vita. Messa, preghiere e cose del genere, per me erano parole al vento, e pure se andavo in Chiesa, mi distraevo.
Ambizioso, lascivo ed egoista.
Dio? Mi dicevo sempre che bastavo solo io alla mia vita. Grazie alle mie forze avrei raggiunto i miei obbiettivi.
Ambizioso lascivo ed egoista.
Le ragazze? Un mezzo per divertirsi e per immergersi nel piacere al fine di dimenticare qualcosa di brutto, facendo credere loro di essere per me uniche e importanti
Ambizioso, lascivo, egoista... traditore.
Ma un giorno qualcosa cambia...
Mi sentivo vuoto e inutile, la mia sicurezza svanì, e il buio mi faceva paura, mi sentivo solo...
Il male che avevo fatto alle persone vicino a me la notte me lo ritorceva contro!
"Sono così per effetto di tutto ciò che era stato fatto a me nella vita" la mia risposta era questa ai miei comportamenti. Ma una notte, la solitudine si fece sentire come il rombo di un tuono.
Gli amici li avevo, una ragazza per trascorrere i pomeriggi vuoti anche.
Guardavo dentro di me e sentì qualcosa che mi diceva di chiedere a papà di darmi "le confessioni" di Sant'Agostino, il filosofo che studiavo in quel periodo. Il giorno dopo papà me lo diede e aperta la prima pagina vidi scritto " O Signore, il nostro cuore non ha posa fin quando non posa in te"
Capìi la mia solitudine, e capìi che mi mancava la più grande amicizia che si potesse avere, l'amore più grande che si possa ricevere, che supera quello dei genitori e di una donna! Quello di Dio! La mia superbia, il mio egoismo, la mia ambizione andarono via dai miei occhi facendomi vedere la verità!
Ma non sono un santo, i miei errori li commetto sempre e pecco ancora di superbia, ma so di non essere solo... finalmente ho colmato il vuoto della mia anima.
Dopo ciò ho trovato una ragazza, che ha colmato il mio cuore, insegnandomi che amare, significa anche rinun

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   11 commenti     di: Daryl


Acqua ferma

La nebbia sale dal lago...
Quell'umido polline del fior dell'acqua, che germoglia semi di malinconia.
Che mette radici scure e cresce contorto,
scavandosi sentieri che scendono profondi nel cuore sino all'anima,
e che ti segnano la vita.
Niente è come in altri luoghi.
È il graffio del lago che ti marchia,
che incide il suo solco.
Più del mare e più del deserto,
più della montagna.
Non si sfugge all'odore del lago.
Se lo respiri nei primi giorni di vita non hai più scampo.
Scordati lo sguardo folle del marinaio.
Dimenticati del sorriso sul volto del contadino che ara il suo campo,
e del passo deciso e cupo del montanaro.
Non avrai mai l'incedere spedito e nervoso del cittadino,
né la risoluta tranquillità del cammelliere.
Nulla di tutto questo sarà mai tuo.
Avrai per sempre solo quello sguardo perso,
di chi cerca un orizzonte che non vede,
di chi non ha neppure il miraggio di una speranza da inseguire,
ma solo la rabbia e la malinconia dell'acqua ferma, che ristagna e marcisce senza morire mai.
Mesto, come l'onda bassa che sbatte sugli argini di sasso.
Inquieto, come i ruscelli che di malavoglia portano la loro acqua a quella trappola liquida,
scendendo ripidi da gole scure di foglie morte e di salamandre.
Andar via?... E da che?
Non si può sfuggire all'acqua ferma.
Nessuno può sfuggire a se stesso.

L'alito ghiaccio delle valli scure, scende a spazzare il cielo e...
ora... se ancora speri di poter non credere in Dio,
ecco l'immane spettacolo celeste che ti si sbatte in faccia,
a non far restare altro davanti ai tuoi occhi,
che non sia lo sgomento di una obbligatoria rassegnazione.
Stelle, stelle e ancora stelle si specchiano nell'acqua.
Ombre riflesse di montagne nere s'increspano dinanzi alla barca.
Il senso del freddo che sale dal basso mi avvolge silenzioso, eppure mi parla.
Qualcosa si cela là sotto.
Lo sento... l'ho sempre sentito.
È l'acqua del tempo passato, quella che non se n'è mai andata, ch

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   6 commenti     di: Tinelli Tiziano


1 dicembre

oggi c'è una novità. è il primo dicembre. che vuol dire.. si continua come niente fosse. perchè niente è.
lo scenario acquatico è ancora incompleto. manca il fondale, e la fauna non si è del tutto convinta a cominciare a respirare con le branchie. crede ancora all'esistenza della crosta terrestre, da qualche parte, e che questa crosta, essendo essa una crosta, sia asciutta.
guarda i documentari sui deserti con la bava alla bocca e si chiede perchè... non è nata lì?
come se il disseccarsi fosse meglio che il macerarsi.




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