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Racconti su avvenimenti e festività

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MARKETING

MARKETING

Nel mio passato lavoro di venditore di macchine agricole, spesso mi capitava di recarmi con un mio collega di nome
Toti in provincia per visitare la clientela nell'intento di soddisfare i loro " bisogni " presenti o latenti e nel secondo caso di risvegliarli con tecniche di mercato per gli addetti ai lavori "marketing" che ci venivano ammanite periodicamente
dalle case produttrici con specifici corsi.
Percorrevamo la strada provinciale che da Caltanissetta porta
a Mazzarino un paese della provincia a vocazione agricola.
La primavera aveva steso le sue verdi coltri via via punteggia-
te dal rosso dei papaveri il paesaggio era bellissimo.
Ho sempre avuto una vocazione tutta particolare nella ideazio-
ne e nella esecuzione di scherzi nello stile di "Amici miei " la
scelta dei tempi è fondamentale e la prontezza a volte è deter-
minante per la buona riuscita.
Percorrendo tale strada notai un nostro cliente che per ovvie ragioni chiamerò Signor Rossi, questi aveva fermato la sua macchina e di tutta fretta si dirigeva verso un albero per potere urinare.
Immediatamente dissi a Toti di fermarsi e disceso dall'auto mi diressi verso il Signor Rossi, che pregustava lo svuotamento
della sua vescica, dicendogli: " Signor Rossi è successo qualcosa ha bisogno di aiuto? " Lui si girò verso di me con-
torcendosi tutto e richiudendo prontamente la cerniera dei
pantaloni e mi disse : " No, no grazie tutto bene! "
Mi avviai da Toti sull'auto e ripartimmo le nostre risate erano
irrefrenabili tanto che dal forte ridere piangevamo.
È indubbio che il Signor Rossi ogni volta che si accingerà ad urinare si ricorderà di me e della mia pronta disponibilità ad
aiutarlo.
Sarà anche questo marketing?



L'appartamento

Presi in affitto un appartamento abbastanza grande ad un prezzo relativamente piccolo nel centro di Niscemi, una cittadina di trentamila abitanti a poca distanza da Gela. Dovevo fare delle supplenze in una scuola media e fare il pendolare non era nelle mie intenzioni. La casa aveva due stanze grandissime e anche una cucina spaziosa, due bagni e una terrazza, i mobili quasi nuovi, pensai di avere avuto fortuna. Il primo avvertimento che mi fu dato dai vicini fu quello di non affacciarmi al balcone, per via dei proiettili vaganti, molte persone erano rimaste ferite in passato. Alcuni erano rimasti uccisi.

La mia permanenza nella cittadina e in quella casa fu caratterizzata da sogni più o meno ricorrenti: sognavo un uomo con la faccia stralunata, sconvolta che correva verso una luce o pietrificato nell'atto di cercare qualcosa, qualcuno. Niscemi aveva tutte le caratteristiche delle cittadine del sud della Sicilia: una storia da scoprire, strade strette, colori abbaglianti e quello strano vento che soffia da sud trasportando la sabbia del deserto. Un giorno, sfogliando un giornale, rimasi di sasso nel riconoscere l'uomo dei sogni. Era il mago di Tobruk.

Il mago di Tobruk era stato mandato via da Niscemi nel 1969 con un foglio della questura che gli notificava un soggiorno obbligato in provincia di Savona, caso unico in Italia, per le truffe fatte ai compaesani, in genere profezie di guarigione. Ma il mago si spostò presto a Parigi fino all'estate del 1983, quando una telefonata lo costrinse a tornare a Niscemi. La figlia Patrizia era scomparsa da trentadue giorni e il mago decise di iniziare le ricerche. La ragazza diciannovenne, due anni prima si era invaghita di un uomo sposato, un piccolo mafioso di provincia. Del caso se ne occupò anche la trasmissione "Chi l'ha visto?"

Il mago fu freddato quella stessa estate, a colpi di pistola da un killer nella piazza principale di Niscemi.
Disperato, era andato in giro a far domande e, con molta probabilità

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   2 commenti     di: vincent corbo


Sposa di primavera

Era tutto pronto, era quasi l’ora.
La sposa ormai aveva indossato il vestito; preda delle sue stesse emozioni torturava l’orlo del pizzo, primo strato dell’enorme gonna che l’avvolgeva tutta come un vaporoso fiore di primavera.
I suoi capelli raccolti, adornati di rose bianche avevano il compito di attribuirle un aspetto da regina, ma i suoi occhi emanavano l’innocenza, lo stupore che si prova nel credere di essere destata in un sogno.
Eppure la stanza era tutta intrisa del profumo dei gigli che le erano stati portati in dono dai protagonisti della vita di sempre, eppure il sole aveva il calore dorato di ogni mattino, come mai si sentiva leggera, talmente leggera che le pareva di poter spiccare il volo come un gabbiano da un’altura?
La madre, che la conosceva da sempre, intuiva i suoi sentimenti e nascondeva il suo stato d’animo nella frenetica attività di sistemarle il vestito per le ultime foto da ragazza, in quel soggiorno che l’aveva vista crescere.
Pochi attimi ancora, pochi minuti e poi quella sua figlia sarebbe stata tolta dal calore delle sue ali per sempre, perché avrebbe preso a volare da sola insieme allo sposo che tanto amava.
Non tanti anni prima si reggeva a malapena sulle sue gambe ed aveva bisogno di mille cure e della sua presenza costante, perché presa dall’euforia del poter camminare, raggiungeva i posti più impensati destando in lei mille preoccupazioni.
Dove era la bambina che chiedeva i viaggi fantastici delle favole per poter dormire meglio, e dove, l’eco delle sue prime canzoni che imparava grazie alle suore e dove il balbettio delle sue prime letture, là, sul tavolo della cucina mentre lei era intenta a compiere i suoi doveri domestici?
Il tempo troppo breve della sua infanzia era ormai scaduto, ma le si era cristallizzato negli occhi che emanavano una dolcezza tutta nuova: la dolcezza di chi sta per diventare donna ed il distacco che la madre sarebbe andata ad affrontare di lì a poco ne era la prova.
La m

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Le piccole emozioni

Le piccole emozioni e sensazioni che la vita ci offre, possono essere anche di poca durata ma, rimangono impresse in fondo in ognuno di noi, si provano in qualsiasi tempo e luogo, uno degli esempi è il mare, in un tranquillo mattino dal mare calmo... Seduto in barca, remando lentamente sotto costa ti lasci trasportare da piccole onde, spensierato osservi il paesaggio che scorre via lentamente, un tiepido venticello che ti sfiora la pelle. sentire il fruscio delle onde, il profumo che emana d'intorno, ti riempie in petto di una gioia unica... ammirare la bellezza dei fondali, il passaggio di uno stormo di gabbiani... osservare in riva un bambino che raccoglie conchiglie, una coppia di fidanzatini tenersi per mano passeggiando in riva al mare, un pittore sulla battigia accanto ad un cavalletto, tranquillo pennella su tela l'immensa distesa. Queste sono piccole immagini ed emozioni che anelano i sensi, nei momenti rilassanti della nostra vita... TIMONIERE CLARK

   1 commenti     di: timoniere


Il Mare Racconta

Anche stasera sono qui, a due passi dall'acqua, in silenzio. Il sole è già affogato e gli ultimi barbagli di luce abbandonano la superficie smerigliata del mare, affogando pure loro.
Il dondolio delle onde è lieve, quasi un sussurro, timido e pungente allo stesso tempo. E il ritmico pulsare dell'acqua sembra una voce che sale dal profondo nero del mondo, dove ogni peccato trova rifugio, impenetrabile e sicuro.
Ed è qui che dopo il tramonto vengo ad ascoltare le storie che il mare trascina un po' ovunque.
Mi siedo sulla sabbia umida e socchiudo gli occhi, rimanendo in ascolto. E la melodia del mare si trasforma in immagini nella mia testa. Stasera sono melodie in minore, dissonanti, ai limiti del buon gusto. Ma rimango ad ascoltare.
Dopotutto è solo un'altra storia.


Lei si alza dal letto. Ha sentito un rumore, ne è sicura. Non riuscirebbe comunque a riprendere sonno, quindi decide di controllare. Si avvicina alla finestra della sua camera e scosta una tendina. Fuori la notte è ancora buia. Scorge solo alcuni riflessi di luna nel mare poco distante. E il silenzio.
Prova a gettare uno sguardo più in lontananza, verso nord, ma le luci di Ostia non sono visibili da quel punto. Lontana, troppo lontana, quella notte.


Sento uno strano movimento e un onda più lunga delle altre quasi mi bagna. Ma non apro gli occhi, la percepisco in un altro modo, dalla voce del mare, più vicina, più forte, più cattiva. E mi trascina avanti nel tempo, seppure di pochi minuti e


Lei è ferma a metà delle scale. Ha deciso che deve controllare tutta la casa. Non dormirà comunque. Ma non è nulla, già lo sa. La suggestione di trovarsi sola in quella grande casa, costruita quasi per caso a pochi metri dal mare e quasi per caso
Un altro rumore. Più vicino, questa volta. Più reale. Ora ne è sicura. Sente le gambe irrigidirsi. Ha paura, ma non vuole arrendersi al terrore. Trattiene il respiro, ma il cuore che gli martella nel petto la distrae. Ha come la

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   2 commenti     di: Andrea Franco


La mia prima volta

Mi svegliai molto presto quella mattina d'estate, era una domenica di metà luglio, Il caldo afoso tipicamente siciliano.. faceva appello alle prime luci dell'alba.
Decisi di accendere il ventilatore per evitare un collasso.
Come ogni mattina dei due mesi precedenti a quel giorno, mi alzai di ottimo umore..
Il Mondo sembrava sorridermi, non esitai ad accendere la mia prima sigaretta della giornata, quando ebbi finito quel bastoncino di cancro.. Che certamente un giorno o l'altro mi avrebbero portato alla morte, decisi che era ora di andare a fare la consueta doccia mattutina..

Mentre sceglievo il vestiario, non potevo fare a meno di pensare che quel giorno era importantissimo per me.
Preparai di tutta fretta uno zaino che mi era stata regalato tempo prima da mio fratello.
Chiesi a mia Madre se avesse finito di prepararsi e mi misi ad aspettarla in cucina, lei arrivò... pronta per accompagnarmi!

Si era fatto un po' tardi, erano già le 09:45, oh Dio! Esclamai con angoscia per il ritardo, misi in moto la mia gloriosa ed arrugginita Ford del 92', con la quale ho condiviso molte avventure in passato.
Arrivati finalmente a destinazione, tirai un sospiro di sollievo, ero in orario. Mia madre insistette per accompagnarmi fino al binario.
Non mi aspettavo tanta confusione di Domenica mattina nella stazione ferroviaria di Siracusa.
Presi posto alla biglietteria e attesi il mio turno, un signore baffuto e in carne, molto pelato con gli occhiali da vista sedeva davanti a me, mi chiese: dove devi andare? Io risposi, Vittoria andata e ritorno in giornata.
Pagai, salutai il signore baffuto e mi allontanai con il sorriso in volto, perché ero ad un passo dal realizzare il mio sogno!

Arrivati al binario tre piazzale ovest della stazione di Siracusa, trovai un trenino con la sigla ALn. 668. 10, credevo uscisse da uno di quei vecchi film anni 70 del cinema Italiano! Salì impaziente su questo trenino regionale, non prima di aver asciugato le lacrime di mia madre, c

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Acherontia atropos (seconda parte)

A questo pensavo quando risalii in camera e mi spogliai per entrare nel letto. Nonostante fossi stanco morto, trascorsi la notte in uno stato di estrema agitazione. Mi ero addormentato pensando al nonno, così, passando dal dormiveglia al sonno la sua presenza non mi abbandonò. All'alba, quando misi i piedi giù dal letto, sapevo cosa andava fatto. Scesi dabbasso e trattenendo il respiro mi avvicinai al tavolo. In cuor mio speravo che non ci fosse più nulla in mezzo alle pagine. Ma lei era ancora lì. Con un certo ribrezzo la afferrai delicatamente e la avvolsi in una pezzuola che infilai nella tasca della giubba. Nell'altra tasca misi un pezzo di pane e presi dal ripostiglio gli attrezzi da pesca del nonno. Il temporale era passato e il sole stava emergendo dalle nebbie della notte. Attaccai il cavallo al calesse e mi diressi verso il fiume. Il livello dell'acqua era salito e la corrente vorticosa trasportava detriti di ogni genere. Così dovevano averlo visto i miei per l'ultima volta. Assicurai il cavallo ad una pianta e mi diressi verso un'insenatura dove il fiume formava un larga e profonda pozza. Era quello il posto dove il nonno era solito pescare. Mi portava con sé e io mi accoccolavo sulla riva e lo osservavo senza parlare. "Non bisogna farsi sentire dai pesci" e io, obbediente, lo ammiravo muto mentre manovrava con destrezza la sua lunga canna. Aveva però smesso, dopo la disgrazia. "Il fiume non è più mio amico", diceva. Estrassi dalla tasca la pezzuola con l'insetto. Apertala, trafissi il corpo della sfinge con l'amo più grosso che trovai nella cassetta delle lenze. Non la toccai però, la tenni attraverso la stoffa, per paura che mi contaminasse. Armai la canna da pesca. Non sono mai stato molto abile nei lanci, ma oggi c'era qualcuno che guidava il mio braccio. L'esca compì un lungo arco e finì al centro della pozza. Rimase a pelo d'acqua qualche istante, poi scomparve in un ribollio di flutti. La tensione spasmodica del filo e l'energ

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