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Favole per bambini

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La stellina all'alba

C’era una volta una bellissima principessa, che viveva in un grande castello e aveva circa venti anni. Non era mai uscita dal giardino del castello, perché quando era più giovane, avevano rapito il suo fratellino. Nonostante le varie ricerche non erano riusciti a ritrovarlo e i suoi genitori le avevano vietato di uscire sola, così non conosceva il mondo e la realtà che la circondava. Abituata fin da piccola a non uscire gli piaceva stare in giardino, ma non si allontanava da sola, restava nella sua ingenuità. Era una ragazza dolce, intelligente, sensibile e timida di nome Alba. Un giorno uscì in giardino a fare una passeggiata e conobbe il nuovo giardiniere. Un ragazzo giovane, della sua età, carino e simpatico che si chiamava Celestino. Ogni giorno gli mostrava un fiore nuovo e tante altre cose belle del giardino. Gli diceva: “Questa violetta è dolce come te, questa margherita è semplice come te”. A lei faceva piacere stare con lui era contenta, ma non usciva mai dal castello.
Un giorno le disse. “Questa rosa è grande e bella come l’amore che provo per te” e lei sorridendo senza dire una parola mostrò il suo amore con un bacio. Un dolce bacio sulla bocca che fu l’inizio di una splendida storia d’amore. Non lo sapeva nessuno, ma si vedevano sempre di più.
Un giorno lui le afferrò la mano e la avvicinò al cancello del giardino. Lei aveva un po’ paura, ma con lui vicino sentiva il coraggio e la sicurezza risvegliarsi. Uscirono dal cancello e l’emozione era così forte che sentiva il cuore esplodere, ma con un uomo così premuroso che l’amava, era contenta.
Il loro obiettivo era essere insieme e felici, ma lui era un giardiniere e lei una principessa così decisero di scappare. A lei non importava chi fosse lui perché lo considerava il suo principe che da qualche tempo aspettava per amare ed essere amata.
S’incamminarono per il paese e Alba era sempre più meravigliata di vedere cose nuove. Cominciarono a vedere anche un po

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   7 commenti     di: sara zucchetti


Utopia? No, realtà

Oggi ho fatto un sogno.
Ho visto il mondo attorno a me ridursi in poltiglia e gli uomini rimanere attoniti, con gli occhi sbarrati e assenti, come se fossero lì a chiedersi cosa fare, a come sopravvivere ora che il mondo non li avrebbe più aiutati.
Soli.
Riuscivo a vedere all'interno degli uomini; gli adulti erano coperti di melma e polveri scurissime e pesanti, facevano fatica a muoversi e a parlare e cercavano disperatamente di rivolgere la parola ai loro compagni.
Invano.
I bambini erano trasparenti, erano così leggeri che non avevano alcun problema ad alzarsi e volare via.
Così gli adulti rimasero da soli, lasciati a perire sotto il peso delle loro preoccupazioni.
I bambini fuggirono dal mondo che si chiamava Realtà, e senza nessuna difficoltà atterrarono sul pianeta Fantasia, dove tutto era più etereo, più leggero e più bello. Emanavano una luce dorata e percepivo il loro sorriso dentro la pelle. Ad un tratto la luce si fece più intensa, ed ebbi una visione, come di stelle e luna che giravano all'impazzata senza fermarsi, emanando ad ogni giro un raggio sempre più intenso. Una melodia dolcissima mi entrò nella testa e vidi tutto ciò che non avevo mai visto prima; realizzai che tutta quella gioia non era mai stata lontana da me, che quella melodia non mi era del tutto sconosciuta.
L'avevo solo dimenticata.

   0 commenti     di: Giorgia Deidda


La coniglietta innamorata

In un prato con dell'erbetta verde, come infinita speranza e fiori colorati di gioia, vivevano dei coniglietti di varie razze. Avevano le loro tane dove si rifugiavano durante il giorno e vicino un piccolo laghetto con pesciolini rossi, ranocchie e altri insetti.
Pink era una coniglia nana tenera e delicata, con pelo morbido e di colore rosa, il corpo raccolto e arrotondato sia davanti che dietro, gli occhi molto grandi, le orecchie in giù e il batuffolo di coda nero. Alcuni lo consideravano un difetto, altri lo vedevano come una cosa speciale, pensando che Dio non ci ha fatto tutti uguali fisicamente.
Stava spesso in compagnia dei suoi amici saltellando, mangiando un po' di erbetta e chiacchierando, ma questo durante la notte o all'alba, poi di giorno si rifugiano nelle tane.
Una notte, mentre cercava il cibo si allontanò un po' dal gruppo e vide una lepre selvatica e solitaria, con un fascino irresistibile, più grande di lei, con il pelo di colore marrone, le punte delle orecchie nere e di nome Billy. Pink rimase lì a guardarla incantata e lui se ne accorse subito. Scambiarono due parole e si accorse che era un po' presuntuoso e scontroso, così lo salutò e si allontanò con salti veloci.
Passò la notte e lei continuava a pensarlo, il suo aspetto l'aveva incantata e decise di dichiarare i suoi sentimenti, non riusciva a toglierselo dalla testa. All'alba, decise di andare a cercarlo per rivelargli i suoi sentimenti, anche se sarebbe stato difficile per la sua timidezza. Lo raggiunse dove lo aveva trovato l'altra volta, rimase a osservarlo per un po' incantata e poi si avvicinò.
- Scusa Billy volevo dirti una cosa... ecco io ti voglio bene.
Non osava dire ti amo era una parola troppo speciale e difficile nella sua sensibilità ma aveva lo stesso valore.
- Mi dispiace ma io non provo nulla per te.
Lei delusa scappò in lacrime, raggiunse la sua tana e disperata piangeva perchè aveva perso la fiducia in se stessa.
Cosa c'è in me che n

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   8 commenti     di: sara zucchetti


La pizza pazza puzza

Un pizzaiolo, come di consueto, si mise ad impastare gli ingredienti per preparare la pasta delle sue prelibate pizze: mescolò la farina con l'acqua tiepida e il lievito, aggiunse un pizzico di sale e un goccio d'olio. Quando gli ingredienti furono ben amalgamati, divise l'impasto in varie porzioni e le lavorò con le mani dando a ciascuna la forma di piccola palla. Ogni porzione sarebbe servita per formare la base di una pizza. Le lasciò riposare in un posto riparato dalle correnti d'aria, per permettere alla pasta di lievitare. Una di queste palle di pasta, lievitando, cominciò a prendere vita. Man mano che lievitava e aumentava di dimensioni cominciò a pensare e ad immaginare cosa ne sarebbe stato di sé. "Sarò una pizza fantastica - pensava - sarò molto colorata e fragrante... Chissà quale cliente affamato mi mangerà... Chissà come mi vorrà farcire... Forse chiederà una viennese, con i dischetti di würstel, oppure una semplice margherita, con pomodoro e mozzarella, o magari una capricciosa, con funghi, prosciutto e carciofini... O magari diventerò una pizza dolce, da servire come dessert, ricoperta di nutella e fettine di banana, oppure farcita di marmellata..."
Si convinse che sarebbe diventata una pizza perfetta, la migliore pizza del mondo. Passò tutto il tempo della lievitazione assorta in questi pensieri, finché il pizzaiolo ritornò per stendere le palle di pasta in dischi sottili, che poi avrebbero ricevuto lo strato di sugo di pomodoro, le fette di mozzarella e tutti gli altri ingredienti previsti dal menù della pizzeria. La pasta viva fu l'ultima ad essere stesa. Il pizzaiolo, mentre la lavorava con le sue abili mani e la spolverava di farina per non farla appiccicare al tavolo di lavoro, le parlò, come se si aspettasse di essere compreso: "tu sarai mezza vegetariana e mezza tonno, il cliente ti vuole cosí". Mezza e mezza?! Vegetariana e tonno?! La pasta fu colta di sorpresa, questa richiesta proprio non se l'era immaginata, non si s

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La leggenda del pozzo senza fondo (prima parte)

Tanto tempo fa, in un piccolo paesino di campagna, viveva Camilla. Una fanciulla di circa venticinque anni, dai capelli lunghi e folti color castano chiaro, che legava spesso con un nastro rosa e gli occhi azzurri. Essa abitava in una semplice piccola casetta, con il padre Anselmo di cinquanta anni e con i capelli neri, ma anche qualcuno bianco. Accanto alla casetta c'era un negozio di antiquariato, dove il padre lavorava e Camilla lo aiutava.
Fin da quando era piccola, aveva vissuto lì e osservava sempre gli oggetti preziosi, che il padre recuperava da ogni parte del mondo, facendo viaggi, quando era molto giovane, oppure gli erano consegnati da molta gente. Purtroppo Camilla, perse la madre, perché era malata, quando aveva circa cinque anni, ma il padre riuscì a crescerla bene lo stesso. Lei diventò una ragazza seria, perché era molto responsabile delle sue azioni, dolce, sensibile, ma allo stesso tempo molto forte. Il padre era sempre stato buono con lei, anche se non voleva dimostrare tenerezze e amore, Camilla capì fin dall'inizio quanto le voleva bene.
Le sue azioni quotidiane, oltre ad aiutare il padre a sistemare il negozio, erano diverse. Puliva la casa, faceva da mangiare e lavava i panni al fiume come tutte le donne. Poi andava a prendere l'acqua in un pozzo, come faceva anche la sua mamma, quando lei era molto piccola. Il pozzo non era tanto distante da casa, si trovava su una bassa collinetta vicino all'entrata del bosco, era di una semplice forma circolare costruito con pietre, che lo contornavano per circa un metro di altezza e due colonne che reggevano una copertura di legno, decorato con foglie e fiori. E infine una carrucola con secchio di legno.
Il negozio era di piccole dimensioni e poco illuminato, (con minuscole finestre) per creare anche l'atmosfera antica e misteriosa. Conteneva cose antiquate, tra le quali c'erano una credenza con vetri e una libreria, non tanto grandi ed entrambi in noce massello. Quadri con splendide cornici deco

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   12 commenti     di: sara zucchetti


Il risveglio della tenerezza (seconda parte)

Passarono gli anni e i genitori di Catherine invecchiarono, cedendo così la corona e lo scettro reale ai ragazzi. Catherine fu felice all'inizio, ma anche preoccupata come lui, perché avevano un impegno importante.

Poi lentamente il loro rapporto cominciò a spezzarsi, come il ramo di un albero, peggiorando le cose. Erano sempre più lontani, soprattutto lui. Lei cercava di fare finta di nulla, ma nel cuore sentiva dolore e angoscia, sentendosi molto sola. Senza volerlo lui era diventato insopportabile, la sua tenerezza si era sciolta e sembrava quasi che Catherine lo disturbasse. Lei si chiedeva e richiedeva cosa era successo e perché non la voleva più, cercava di farsi sempre più bella e distrarlo ironicamente, ma la sua mente non era con lei. Si avvicinava, lo desiderava e lui accettava un bacio, ma non ci provava con la sua intenzione.

Un giorno triste e disperata, con una tormenta nel cuore che non si liberava, decise di andare a fare una cavalcata da sola, poiché lui non voleva più fare nemmeno quello. Ordinò ai guerrieri di non seguirla voleva stare sola e non aveva paura.

Salì in groppa a Oscar e raggiunse il bosco, la natura che la circondava le fece ritrovare un po' di serenità. Andava lentamente, accarezzando Oscar e osservava tutto quello che aveva attorno. Alberi alti e verdi, cespugli folti e un piccolo torrente che veniva dalle cascate. All'improvviso vide muoversi un cespuglio e si accorse, che non era il vento, ma qualcuno che cercava di nascondersi. Scese da cavallo e si avvicinò curiosamente, finché non spuntò qualcuno. Lei si spaventò, perché saltò fuori dal cespuglio improvvisamente, ma poi vide che era un bimbo e si calmò. In realtà non era un solo un bambino, era piccolo aveva l'età di un bambino di circa sei anni, ma era un folletto del bosco. Catherine, sorrise spontaneamente a quella strana creatura, vestita di azzurro con un simpatico cappello blu.

- Ciao piccolo
- Ciao!
- Come ti chiami?
- Tenerì
-

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   8 commenti     di: sara zucchetti


Il leone che non sapeva ruggire

Appena nato Leo emise un suono più simile ad un belato che ad un ruggito, sia pure flebile. La mamma non si preoccupò e pensò: "Crescerà e il suo ruggito farà tremare tutta la foresta". Leo cresceva ma la sua voce non cambiava.
La leonessa cominciò a preoccuparsi, ma non perse la speranza. Quando arrivò il tempo dello svezzamento, la mamma gli procurò teneri bocconi di gazzella che aveva appena cacciato. Con sua grande sorpresa, Leo le annusò e... belando, li rifiutò. " Strano che non gli piaccia la gazzella. - pensò la leonessa - Stanotte spero di riuscire ad uccidere un cerbiatto". Lo riattaccò alle mammelle dalle quali Leo succhiò avidamente il latte. Era evidente che era affamato. Il giorno seguente mise davanti a Leo teneri bocconi di cerbiatto ma Leo, con una espressione disgustata, si allontanò e, con grande sorpresa e disappunto della madre, andò a strappare ciuffi di un' erba che cresceva fuori dalla tana. Li mangiava lentamente, assaporandoli con gusto. La leonessa, questa volta, si preoccupò seriamente. "Un figlio vegetariano! - esclamò - Ma come è possibile?. Devo fare qualcosa". Andò a chiedere consiglio a un vecchio leone considerato il re della foresta. Questo ascoltò e rimase un po' in silenzio, perplesso. Poi disse: "Chiudi tuo figlio per un paio di giorni nella tana ben fornita di carne ed acqua. Tu allontanati. Potrebbe piangere e tu non resisteresti all'impulso di andare da lui. La leonessa seguì punto per punto i consigli del vecchio leone. Chiuse Leo nella tana e, per due giorni, si allontanò con una grande pena nel cuore.
Il terzo giorno aprì la tana. Leo aveva tentato di mangiare ma aveva provato tanto disgusto da sputare subito il boccone che giaceva a terra con le deboli impronte dei suoi dentini. Se ne stava accovacciato in un angolo, esausto. La leonessa si spaventò. Corse a strappare ciuffi dell'erba che Leo aveva già mangiato e glieli portò, accarezzandolo e leccandolo mentre Leo divorava l'erba.
"Ti

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Questa sezione contiene favole e storie per bambini e adulti, racconti con morale e allegorie

Le favole sono dei racconti breve che trasmettono un insegnamento di carattere morale o didascalico. I protagonisti sono solitamente animali antropomorfizzati che rappresentano vizi e virtù degli uomini. La presenza di un intento morale le differenzia dalle fiabe - Approfondimenti su Wikipedia