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Favole per bambini

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Il risveglio della tenerezza (seconda parte)

Passarono gli anni e i genitori di Catherine invecchiarono, cedendo così la corona e lo scettro reale ai ragazzi. Catherine fu felice all'inizio, ma anche preoccupata come lui, perché avevano un impegno importante.

Poi lentamente il loro rapporto cominciò a spezzarsi, come il ramo di un albero, peggiorando le cose. Erano sempre più lontani, soprattutto lui. Lei cercava di fare finta di nulla, ma nel cuore sentiva dolore e angoscia, sentendosi molto sola. Senza volerlo lui era diventato insopportabile, la sua tenerezza si era sciolta e sembrava quasi che Catherine lo disturbasse. Lei si chiedeva e richiedeva cosa era successo e perché non la voleva più, cercava di farsi sempre più bella e distrarlo ironicamente, ma la sua mente non era con lei. Si avvicinava, lo desiderava e lui accettava un bacio, ma non ci provava con la sua intenzione.

Un giorno triste e disperata, con una tormenta nel cuore che non si liberava, decise di andare a fare una cavalcata da sola, poiché lui non voleva più fare nemmeno quello. Ordinò ai guerrieri di non seguirla voleva stare sola e non aveva paura.

Salì in groppa a Oscar e raggiunse il bosco, la natura che la circondava le fece ritrovare un po' di serenità. Andava lentamente, accarezzando Oscar e osservava tutto quello che aveva attorno. Alberi alti e verdi, cespugli folti e un piccolo torrente che veniva dalle cascate. All'improvviso vide muoversi un cespuglio e si accorse, che non era il vento, ma qualcuno che cercava di nascondersi. Scese da cavallo e si avvicinò curiosamente, finché non spuntò qualcuno. Lei si spaventò, perché saltò fuori dal cespuglio improvvisamente, ma poi vide che era un bimbo e si calmò. In realtà non era un solo un bambino, era piccolo aveva l'età di un bambino di circa sei anni, ma era un folletto del bosco. Catherine, sorrise spontaneamente a quella strana creatura, vestita di azzurro con un simpatico cappello blu.

- Ciao piccolo
- Ciao!
- Come ti chiami?
- Tenerì
-

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   8 commenti     di: sara zucchetti


Nika

Nika

C'era una volta una formica di nome Nika era dolce e solare tanto che le piaceva stendersi a prendersi il sole. Certo era di colore però non poteva fare a meno del sole. Le piaceva durante quei pochi momenti di relax, sdraiarsi su una foglia verde e fresca. Per lei era un toccasana. Nika d'altronde lavorava molto, era stata abituata fin da piccola a raccogliere le mollichine di tutto ciò che era commestibile per portarlo dentro al suo formicaio. L'estate era il periodo in cui lavorava di più, perchè l'inverno alle porte non le avrebbe permesso di andare in giro facilmente con quelle gocce di pioggia che l'avrebbero spaventata se non uccisa. Lei odiava il freddo e la pioggia. Ma del sole era innamorata tant'è che vedeva il suo boy nel sole. Una volta tanto lo fissava che stava per accecarsi da sola. Per Nika il sole era la fonte dalla quale sgorgava la sua vita. D'estate insomma si sentiva viva, d'inverno invece costretta a nascondersi nel suo formicaio si sentiva piuttosto debole. Un giorno vide una grossa patata gialla e immaginò che il sole aveva donato parte di se per lei che l'aveva pregato di non andarsene mai dal cielo. Contenta anzi strafelice cominciò a ballare sopra la patata. Ma poi le venne in mente che era talmente grande e disse fra se e se: " Riuscirò a trasportarla?" Certamente da sola non poteva così chiamò tutti gli amici del suo formicaio che le diedero una mano nel momento in cui Nika aveva più bisogno. Pian piano quella patata fu trasportata nel suo formicaio. Ci volle un giorno. Stanchi e sfiniti Nika e i suoi amici si addormentarono. Una volta svegliata Nika vide il sole nel suo formicaio. Gli amici organizzarono una grande festa. Nika aveva trovato un tesoro, anzi un miliardo di tesori, i suoi amici perchè senza il loro aiuto non avrebbe potuto trasportare la patata e quindi il sole dentro al formicaio.



La fiducia dei nonni e la forza della vita

Tiepidi raggi di sole primaverili penetravano dalla finestra, sul davanzale cinguettava un passerotto, mentre la piccola Vanille cominciava a svegliarsi. Si vestì e dopo aver fatto colazione, si avviò verso la scuola come tutte le mattine.
Camminava a testa bassa persa nei suoi pensieri, osservando il marciapiede e ogni suo passo, con lo zaino pieno di libri sulle spalle. Aveva circa undici anni ed era una ragazzina dai capelli lunghi, che lasciava sciolti o a volte raccolti, gli occhi azzurri, molto timida e sensibile. Mentre camminava, si ricordò del sogno che aveva fatto quella notte che riguardava i suoi nonni. Entrambi erano andati in cielo recentemente, ma erano spesso nei suoi pensieri. Nel sogno si ricordò che andava in giro in bicicletta con la nonna e poi tornava a casa per gustarsi un ottimo pranzo del nonno.
Raggiunse finalmente la scuola ed entrò in classe silenziosamente, con l'impressione di essere molto osservata. Non aveva il nemmeno il coraggio di salutare le sue amiche, ma lo fecero loro con piacere e lei rispose sorridendo. Iniziò la lezione e fu interrogata, ma la professoressa la chiamò accanto a lei e così riuscì a prendere un bel voto, perché dal suo banco non sarebbe riuscita a fare un discorso davanti a tutta la classe, anche se la lezione l'aveva studiata bene. Suonò la campanella dell'intervallo e i suoi compagni cominciarono a deriderla come al solito, lei ci rimaneva male, anche se ormai sapeva che non doveva prendersela. Gli avevano spiegato, tante volte, che loro erano un po' superficiali e spiritosi, ma dentro di sé sentiva sempre quella vergogna che le faceva perdere la fiducia in se stessa.
Suonò la campanella e venne il momento di tornare a casa, Vanille raccolse le sue cose e si avviò. La strada per tornare a casa attraversava un piccolo parco e decise di fermarsi un momento. Salì sull'altalena e cominciò a dondolarsi lentamente, mentre la sua mente era persa in mille pensieri. Fece un respiro profondo chiud

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   6 commenti     di: sara zucchetti


Enrica la formica sciupona

La formica soldato restò allibita nel vedere Enrica uscire per prima. Le altre formiche operaie erano ancora nel nido a rifocillarsi per affrontare la lunga giornata lavorativa e questa qua…
Era in procinto di chiederle dove andasse quando ella ordinò:
-Lasciami passare soldato, vado in missione per la Regina- sicura e decisa passò oltre ritrovandosi nuovamente nel prato.
Brrr che freddo, però la mattina presto. Mi è venuta anche fame, pensò. Si mise alla ricerca di cocciniglia e trovatala le disse senza nemmeno salutare:
-ho bisogno di nettare per portare a termine una missione segreta. Non ho tempo da perdere-
-Buongiorno Enrica, mi dispiace mai ieri pomeriggio hai bevuto tutto quello che ero riuscita a produrre, ora dovresti portarmi altre tenere foglioline e quando il sole sarà alto nel cielo avrai il tuo nettare.-
-Non ho tempo da perdere, sfaticata cocciniglia, andrò da un’altra- disse la maleducata formica.
-Fai come ti pare,- aggiunse la piccola cocciniglia-ma io sono l’unica nel raggio di molti chilometri-
La prospettiva di dover camminare tanto non entusiasmava Enrica, che acconsentì alla richiesta. Si mise alla ricerca delle foglioline, quando improvvisamente da dietro una enorme foglia comparve il saggio Grillo.
-Buongiorno Enrica, già al lavoro?-
-Vattene grillo bugiardo, per colpa tua ieri sera sono stata punita. Sei un racconta frottole!-
-Enrica, Enrica, attenta. Ascolta i miei consigli e non ti adirare. Ho saputo che la Regina ti ha mandato alla ricerca di cibo. Non sottovalutarla, se tornerai senza provviste, questa volta non te la caverai così velocemente. Nonostante tutto mi sei simpatica, voglio aiutarti. Tu vai a raccogliere il cibo e io porterò le foglie a cocciniglia-
Enrica ci pensò un attimo poi acconsentì. Che stupido quel grillo, faceva il suo lavoro. Lei si sarebbe coricata all’ombra di una foglia ed avrebbe atteso che il nettare fosse pronto. Però un po’ di fame l’aveva. Si mise alla ricerca di q

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   3 commenti     di: cesare righi


L'asino e il cavallo

C'era una volta un asino, tanto vecchio quanto distratto,
che viveva in un bosco con il suo branco e con esso si
recava, tutti i giorni a brucar l'erba, nel prato più vicino.

Un dì, l'asinello era intento a gustare la sua erba preferita, con la voracità di un leone e non si accorse che i suoi compagni si erano allontanati. Così, egli s'incamminò e inoltrandosi in una prateria, incontrò un cavallo selvaggio, che scorazzava festoso come fosse un cerbiatto, in cerca di un po' di libertà.

L'asino si avvicinò a lui e gli chiese:
"Ciao amico cavallo, hai visto passare un gruppo di asini?"
e il cavallo, riflettendo un tantino, con aria un po' sorniona, rispose:
"No, asinello, non ho visto passar nessuno".

In quel momento, l'asino s'intristì e s'incupì così tanto che il cavallo si dispiacque per lui e si offrì di aiutare il ciuchino nella sua ricerca.

A quel punto, i due, proseguirono il viaggio camminando ininterrottamente per quattro giorni e quattro notti. Allo spuntar del quinto giorno, finalmente, ritrovarono la mandria e l'asinello ringraziò il cavallo e si riunì ai suoi compagni.

Sul punto di partire, però, esso, volle chiedere al suo amico d'avventura di entrare a far parte del gruppo e il cavallo rispose di sì. In tal modo, avrebbe avuto una famiglia tutta per sé.



Il fraticello e la lavandaia

Tanto tempo fa, in un paesino di montagna, viveva un fraticello che ogni giorno andava su e giu per i monti per dare buoni consigli alla gente e, mentre passeggiava per le stradine piccole e tortuose, pregava anche. Nei paraggi c'era una piccola baita nella quale abitava una perfida lavandaia. Lei odiava troppo ascoltare e vedere quel fraticello che ogni giorno alla solita ora saliva e scendeva i monti per pregare, cosi pensò di vendicarsi di lui. Un bel giorno, quando il fraticello si trovava per i monti, come era consuetudine fare, venne chiamato dalla
lavandaia:
- Fraticello, posso rubarvi un minuto? Vi voglio parlare!
- Ogni vostra richiesta sarà esaudita, rispose il fraticello. Come posso esservi utile gentile signora, asserì di nuovo il povero fraticello.
- Questa volta sarò io gentile con voi disse la lavandaia; perché domani vi offrirò una gustosa pizza, sempre se accetterete l'invito.
- Accetterò molto volentieri, rispose il fraticello, come posso rifiutare l'offerta di una gentile signora come voi? Domani verrò da voi a gustare la bella pizza.
In realtà, la lavandaia la pizza la fece piena di veleno, visto che desiderava la morte di quel povero fraticello.
Il giorno seguente, il frate non mancò all'appuntamento.
Ma visto che non poteva fermarsi a lungo, la lavandaia taglio due belle fette di pizza e le diede al fraticello. Le mangerò appena arriverò in paese disse il fraticello alla lavandaia.
Dopo che era sceso in paese, uscirono quattro ragazzini da scuola che egli conosceva bene. I ragazzi che videro il frate chiesero se aveva qualcosa da offire a loro. Il frate pensò di cedere le fette di pizza ai ragazzi, e cosi se le divisero tra di loro. Ma la parte dove c'era più veleno capitò nelle mani del figlio della lavadaia.
Gli altri ragazzi ebbero solo un lieve mal di pancia ma tutto passò in poche ore, mentre il figlio della lavandaia appena tornato a casa ebbe un forte mal di pancia. La madre chiese se avesse mangiato qualc

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   1 commenti     di: antonio iovino


La fiducia per raggiungere la felicità

La ragazza era persa nei suoi pensieri come al solito e temeva il giudizio degli altri. Dentro di sé sentiva un dolore profondo, i motivi erano diversi, ma tutti senza un significato come la sua vita.
Il sole cominciava a risplendere, ma lei aspettava la notte per sognare, oppure aspettava di sentire ancora per un attimo il battito del suo cuore. Ciò che desiderava non lo sapeva, perché la sensibilità la distruggeva, ogni cosa la faceva soffrire molto se era brutta e le belle cose non le poteva sentire piacevolmente.
Cercando di nascondere il dolore, pensò ancora a lui che l’aveva sopportata, ma mai amata veramente. Stringendo tra le dita il ciondolo azzurro con l’immagine della madonna socchiuse gli occhi e respirò.
Un attimo dopo una luce accecante, che solo lei poteva vedere, le fece aprire gli occhi e vide davanti a sé la Madonna, vergine, madre di Dio che le regalò un dolce sorriso. La prese per mano e la portò via.
Così si ritrovò vicino ad un piccolo lago e la Madonna, che era accanto a lei, prima di andarsene le disse questa frase: “Devi trovare la strada della tua vita, non è difficile e accanto a te ci sarà sempre il tuo angelo custode che ti aiuterà in ogni difficoltà. Dovrai solo imparare a sorridere e non preoccuparti sempre perché il Signore ti vuole bene e ti aiuta. ”
“Tu sai già perché sei qui e sai quello che devi cercare. ”
“Davvero? ”si chiedeva perplessa la ragazza.
“Si, quello che vuoi trovare è la felicità e la felicità è in ogni cosa così come la puoi trovare nel nulla infinito. ”
Detto questo, la madonna scomparve, con il ciondolo che aveva attaccato al collo la ragazza. Lei rimase incantata e mentre rifletteva sulle sue parole, osservava silenziosamente il lago. Panorama spettacolare di alte montagne con i riflessi del sole che brillavano nell’acqua. Tutto era sereno e piacevole così decise di incamminarsi nel bosco, ma la solitudine la preoccupava e il terrore gli echeggiava nella testa

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   5 commenti     di: sara zucchetti



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Questa sezione contiene favole e storie per bambini e adulti, racconti con morale e allegorie

Le favole sono dei racconti breve che trasmettono un insegnamento di carattere morale o didascalico. I protagonisti sono solitamente animali antropomorfizzati che rappresentano vizi e virtù degli uomini. La presenza di un intento morale le differenzia dalle fiabe - Approfondimenti su Wikipedia