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Fiabe

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Tortelloni alla Pompeo

Non scappate, restate lì dove siete, non preoccupatevi, non sono io a prepararli, ma il nostro caro e simpaticissimo cuoco di sempre, nella sua solita cucina e con i suoi soliti amici.
La pentola e il cucchiaione di legno possono prender fiato, infatti devono aspettare la preparazione solenne della pasta fatta in casa.
Sul tavolo di lavoro tutti gli ingredienti aspettano in fila disciplinatamente.
Le due bambine, Katjuscia ed Alice aspettano ordini dal nonnino cuoco, che, come al solito, non mette mano in cucina, se prima non ingozza quel liquido rosso dallo Bacco inventato.
Poi su una spiana di legno, già un po' infarinata ci versa un kg circa di farina leggera tipo 00 extra, delle uova, quanto bastano, del sale e per colorare il tutto del peperone macinato rosso dolce.
Poi con le mani, lavandosele ancora una volta, poiché aveva toccato il famoso calice, fa l'impasto di una massa compatta e nello stesso tempo morbida di colore roseo.
Dividendola poi in pani eguali o quasi, con il mattarello, che non ebbe nemmeno il tempo di presentarsi, viene spianata ed infine tagliata a rombi.
Bisogna sapere che a questo punto, sul tavolo di lavoro già pronti erano: la carne bovina e suina, un tre etti e poco più nell'insieme, macinata finemente e passata in tegamino con dell'olio, la boccetta che il cuoco ha usato non ne indicava la qualità, il che lascia presupporre che, potrebbe trattarsi tanto di olio di girasole, quanto di olio di oliva o extravergine di oliva o altro.
Le bambine per il momento guardavano curiose, ma non è che ci capivano molto.
Comunque, questo macinato già passato fu pronto mescolato a ricotta di pecora e di mucca, con l'aggiunta di parmigiano, chiaramente quanto bastava per un soffice impasto, giusto a formare la massa necessaria all'uopo. Senza chiaramente dimenticare un paio di tuorli d'uova, sale, pepe e noce moscata per quanto basta.
Il nostro bravo cuoco con un misurino prendeva l'impasto e lo collocava nella parte superiore del ro

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I doni più graditi

- Dove ho la testa? Mi dimentico sempre tutto. Si vede proprio che sono diventata vecchia! Dovevo fare il vaccino per non ammalarmi nel periodo delle feste di Natale e invece... ecco! Trentotto di febbre, raffreddore e tosse. E adesso chi andrà a consegnare i giocattoli? Non posso certo comunicare a tutti i bambini che sono malata!
Chi si sta interrogando è la Befana di un paese vicino alla nostra città, con pochi abitanti, legati alla tradizione della consegna dei regali da lei in persona.
- E quella scansafatiche della mia assistente. Abbandonarmi proprio in questo periodo! È partita per le Maldive lei!
(in dialetto veneto) " Mi dispiace tanto cara signora Befana, ma ho deciso di trascorrere l'inverno al caldo distesa al sole ad abbronzarmi".
Proprio così ha detto lasciandomi sola a provvedere agli acquisti. Devo assegnare questo compito a qualcuno di fidato...
Mia nipote Serena potrebbe sostituirmi. È tornata proprio ieri da Milano. Lei è giovane, alta, snella e di sicuro saprà cavalcare la scopa più velocemente di me.
La vecchia signora non aveva fatto bene i suoi calcoli perché la nipote da lei interpellata le rispose :
- Tu sei pazza! Io, la velina del varietà più famoso in tivù, dovrei salire su un arnese simile, con i tacchi a spillo e il vestito con le paillettes? E poi mettermi anche il foulard di lana per sciuparmi i miei preziosi capelli di seta? Non se ne parla nemmeno. Se vuoi, posso provvedere alla consegna con la mia macchina sportiva che mi ha regalato il mio boy friend... e lasciare i pacchetti sulla porta di casa dei bambini.
Non riuscendo a convincerla a fare di meglio la Befana dovette arrendersi.
- Mi raccomando- disse- consegna i regali in base all'elenco che ti darò. Ognuno ha richiesto qualcosa di diverso e lo sai che io ho sempre accontentato tutti i figli dei nostri compaesani. Loro se lo meritano perché sono i più buoni al mondo...
- Va bene, nonna Stai tranquilla. Farò tutto in modo preciso.

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La buffa storia di Rana Gisella

In mezzo ad una radura di collina c'era un piccolo stagno, alimentato dalle acque di un torrentello. Sembrava che in quel posto il tempo fosse scandito solo dall'alternarsi del giorno con la notte. Era raro sentire voci umane echeggiare per quelle vallate un po' impervie, e distanti erano pure le carrarecce. Gli animali erano i soli abitanti di quei prati, di quegli alberi, di quelle colline.
Viveva in quello stagno dalle acque melmose, punteggiate dal bianco delle ninfee, una ranocchia che si faceva chiamare Gisella.
Saltava di qua e di là dello stagno gracidando allegramente.
Tutti la conoscevano: rane, pesci e insetti.
Gisella tra le rane era una delle più chiacchierone, però era simpatica e non era pettegola, e nemmeno vanitosa. Non amava star sola Gisella, per questo si circondava di amici, cui lei si affezionava in maniera smoderata, rimanendo puntualmente delusa.
Gisella era così: appassionata, affettuosa; una romantica con il cuore in fiamme.
I suoi occhioni di ranocchia si spalancavano sul suo mondo verde e azzurro, sempre avidi di piacevoli novità.
Tom il bue venne ad abbeverarsi allo stagno quando Gisella stava saltando tra le ninfee, beandosi del loro profumo.
Era una giornata piuttosto fredda. Nel cielo le nuvole, arricciate e gonfie d'acqua, si affastellavano una sull'altra, sospinte dalle correnti fredde dei venti.
Le foglie degli alberi attorno allo stagno, agitate dal vento gelido, producevano uno strano canto un po' triste.
Solo Gisella, con il suo gracidare allegro, sembrava contrastare con il grigiore pieno di mestizia.
Tom, un bue un po' macilento e dall'aria molto triste, si era avvicinato con passo incerto allo stagno. Gisella che si era tuffata per un bagnetto rigenerante, nel saltare fuori dall'acqua quasi andò a urtare il muso del bue.
Si saranno guardati per un minuto, chi può affermarlo in quel mondo senza ore, certo si può dire che Gisella si innamorò a prima vista di Tom.
A pensarci bene a tutt'oggi Gisella s

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   2 commenti     di: silvia leuzzi


Lo spaventapasseri triste

C'era una volta un bellissimo paese chiamato Pacilia, su cui regnavano saggiamente un re e la regina, sua adorata sposa.
Si trattava di un meraviglioso reame, con immense terre ricche e fertili, per buona parte coltivate con passione da un contadino insieme ai suoi numerosi figli, parenti e amici che, in cambio di tali amorevoli cure, donava buoni frutti, assicurando sostentamento e benessere a tutti gli abitanti del regno, ciascuno a sua volta dedito al proprio lavoro.
In questo regno esisteva però un campo, molto esteso e ben curato, fitto di vegetazione e rifornito di ogni ben di Dio che non veniva coltivato a beneficio della comunità, la quale era già abbondantemente approvvigionata, ma fungeva semplicemente, per volontà dei sovrani stessi, da dimora per una grande varietà di animali, che in essa vi trovava cibo e rifugio.
Tra di essi spiccavano in gran quantità ogni tipo di uccellini, amati più di tutti dai sovrani perchè con il loro melodioso e piacevole cinguettio allietavano le giornate del re nel corso delle lunghe passeggiate, nonchè degli altri abitanti intenti ad assolvere alle proprie mansioni nei territori limitrofi.
Un triste giorno il re si ammalò e poiché necessitava di un lungo periodo di riposo e di cure fuori dal suo regno, e non volendo la regina per nessun motivo lasciarlo partire senza di lei, fu costretto a chiamare suo fratello minore affinchè lo sostituisse nel governo del suo regno.
Al contrario del re, la cui bontà era rinomata anche fuori i confini del suo regno, il fratello era un uomo dall'animo piuttosto cattivo e fin da subito fece sentire il peso del suo tirannico potere, impartendo ordini a destra e a manca, stabilendo nuove regole, imponendo e cambiando nel corso del suo regno tante di quelle cose che non sempre, nello sconvolgimento generale, anzi quasi mai, furono gradite dai suoi sudditi.
Per prima cosa chiamò il contadino e gli ordinò di tagliare tutti gli alberi del bosco, soprattutto quel

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I tre fratelli

Questi tre fratelli non sono altro che tre ghiaccioli a forma di cuneo, Luigi è il più grande, poi Gino il medio e infine Gigino, il più piccolo.
Tutti e tre ben saldi ad una grondaia di una masseria. Il che fa subito pensare ad una bella campagna, vero! Ma coperta da un soffice manto bianco, quasi a proteggere la natura dal freddo in corso.
Gino è un po' preoccupato del suo futuro e di quello dei fratelli, ed è quindi imbronciato e muto.

Luigi:

- Che hai Gino? L'inverno è appena cominciato, da quassù ci godiamo il bel panorama, vasto, sembra senza fine.

Gino non risponde, tace e anche se trasparente, un buchetto fresco nella neve fa intuire che sta piangendo.

Luigi:

- Gino, fratello mio! Smettila di piangere altrimenti ti sciogli tutto.

Gino:

- ma proprio questo mi preoccupa, forse non vedrò il nuovo sole.

A questo punto si fa vivo Gigino:

- Cosa devo dire io poi! Essendo così piccolo, se mi metto a piangere o qualche dispettoso raggio di sole mi colpisce; un due e facendo una bella buca nella neve sottostante finisce il povero Gigino.

Luigi:

- fratelli miei, fratellini cari, non sapete godervi questi attimi che abbiamo. Ma guardate là che spettacolo, pur essendo la neve bianca, grazie al sole, che all'orizzonte si va a fare il suo pisolino, ha acquistato i colori dell'arcobaleno.

Gigino:

- E quanto li ha pagati?

Luigi:

- Sciocchino, qui è tutto gratis, si dice acquistato nel senso che imita i colori dell'arcobaleno.

Gino:

- Come si vede che sei il più grande, ma cosa significa quello che hai appena detto?

Luigi:

- dunque, noi da quassù vediamo la neve laggiù non bianca, ma di colori variopinti. In realtà è un'illusione.

Gigino:

- Cos'è un'illusione?

Luigi:

- Un'illusione può essere ottica, come in questo caso, se avessimo potuto recarci laggiù, la neve che c' è lì è sempre e comunque bianca. capito?

Gino e Gigino:

- Si!

Questo discorso ha distratto i fratellini d

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Il presepio

Ci troviamo in un paesino di montagna, come si suol dire di poche anime, oneste e lavoratrici; eppure povere. In una di queste casupole viveva una famiglia con due figlioli; uno di tre e l'altro di sette anni.
Il babbo essendo di domenica, prima ancora di indossare e far indossare i propri stracci migliori per recarsi alla Santa funzione, invita i suoi figlioli in campagna a far del muschio.
Il settenne sa di cosa si tratta, ma il più piccoletto non ne ha la più pallida idea

e chiede:

- Babbetto, perché abbiamo bisogno del muschio, e poi cos'è questo muschio?

Il babbo:

- Il muschio a noi personalmente ci serve per addobbare il Presepio; è una delle cose principali dopo un po' di legna da ardere, che in quest'occasione serve a ben altro.
Per quel che riguarda il muschio sono dei cuscinetti verdi che crescono sulle rocce, ma anche sulle pietre nei pressi del nostro torrente, dove appunto voglio portarvi.

Il figlioletto più piccolo:

- Non ti chiedo più nulla dopo, ma cos' è il Presepio:

Il babbo:

- Il presepio; non vorrei fare il dotto, ma un po' di latino lo mastico, la parola, che deriva appunto da questa lingua, Praesaepe, significa greppia o mangiatoia; infatti in una misera mangiatoia nacque il nostro Salvatore.

Per il piccoletto questo era davvero difficile da capire

e chiese:

- Puoi spiegarmelo in modo che possa capire, babbetto mio?

Il babbo:

- Ebbene non è altro che una rappresentazione scenica della nascita del nostro Gesù Bambino, il primo a realizzarla fu addirittura San Francesco d'Assisi nel 1223 a Greccio con una messa in scena di figure viventi, aggiungendovi anche il bue e l'asinello.

Il bimbetto a dire la verità anche questa volta non aveva capito ancora, ma non fece altre domande, curioso dello svolgimento dei fatti successivi.
Il grandicello sapeva di cosa si trattasse, ma stette zitto, per non rovinare la sorpresa.
Si recarono quindi poco fuori del paesello, nei pressi di un torrente e con

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La vera leggenda della Befana

Da quando i Magi, dissero al Re Erode, che cercavano il nuovo re d'Israele per adorarlo, la paura
di perdere il trono, ossessionò la sua mente, la bramosia del potere ne offuscò la ragione, ordinò che fossero uccisi tutti i maschi nati nel regno, negli ultimi due anni.
I soldati, iniziarono ad uccidere i bambini e si adempirono così le scritture profetiche di Isaia,
"le grida di RACHELE, s'udranno in Gerusalemme"
Rachele era una donna, che aveva da poco partorito un figlio maschio, cercò in ogni modo di proteggerlo dalle spade dei militi, ma fu vano, il bambino venne ucciso.
Mentre vagava, impazzita dal dolore, scorse da lontano la Sacra famiglia che stava scappando verso l'Egitto, in quanto un angelo aveva avvisato Giuseppe del pericolo che il Sacro Bambino correva.
Rachele, sentì il morso dell'invidia, non era giusto che lei fosse disperata, che le avessero ucciso il figlio, mentre Maria aveva vivo il suo bambino, decise di denunciare la loro fuga alle guardie del re Erode.
Una pattuglia di soldati, guidati da Rachele, cominciò l'inseguimento, ma dal deserto si levò il ghibli,
un forte vento di sabbia, che fermò i soldati, la donna venne rapita da una tromba d'aria e svenne.
Quando riprese i sensi, si trovò in un oasi, dove a pochi passi da lei, la Sacra Famiglia, stava riposandosi.
Vedendo il piccolo Gesù, dormire tra le braccia della Madre, cominciò a piangere, chiedendo perdono per il male fatto, dicendo loro che il dolore di non essere più mamma aveva accecato il suo cuore.
Si era resa conto che, se lei soffriva così tanto da lacerarsi il petto, non era giusto che un'altra donna patisse come lei.
Per consolarla, la Vergine Maria, le fece il dono di accudire suo Figlio.
Quando venne il tempo di andarsene ed il pericolo era cessato, la Madonna disse a Rachele: " Il male fattoci ti è perdonato, ti è fatto dono dell'immortalità, ma per espiare ed avere consolazione, ogni anno, fino alla fine dei secoli, in questo giorno, tu de

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FiabeQuesta sezione contiene storie e racconti su fate, orchi, giganti, streghe e altri personaggi fantastici

Le fiabe sono un tipo di racconto legato alla tradizione popolare e caratterizzata da componimenti brevi su avvenimenti e personaggi fantastici come orchi, giganti e fate. Si distinguono dalle favole per la loro componente fantastica e per l'assenza di allegoria e morale - Approfondimenti su Wikipedia