username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti horror

Pagine: 1234... ultimatutte

L' incontrollata evoluzione

"In effetti Generale, non la riconosco piu'. Si è trasformato in un coccodrillo gigante. Ma cosa le è successo?"
"Che non si dica in giro, effettivamente sono di una famiglia di coccodrilli giganti che si trasformano talvolta in politici di alto rango, in generali, appunto, come questa volta, o banchieri, stilisti di alta moda, insomma noi siamo l' élite degli "illuminati cattivi" e siamo qui per dare il colpo finale!"
"Mi scusi eh, sono soldato semplice da circa un anno in questo reggimento. Sono di guardia qui a V. a questi aerei supersonici senza pilota, e ieri sera un mio commilitone italo-statunitense, mi ha dato una strana droga in pasticca che usavano anche in missione in A. , quando stanchi, non ne potevno più lui e i suoi compagni di battaglia inutile e incomprensibilmente crudele, di sparare contro bersagli ombre, e rapire bambini, stuprare donne inermi. Mi ha raccontato cose inenarrabili, da incubo, si dice combattessero anche tra di loro ormai in presa a un delirio di eccessi, mal gestiti da chi li comandava o forse... lo facevate apposta?! In modo da poter sfogare tutta l' artiglieria di cui è dotato il vostro arsenale, per scatenare paura, come è sempre successo dall' otttocento ad oggi! Ah! Ma mi avete dato un morso! Ah! Ehi, maledizione che dolore. Mi state mangiando il braccio maledettisimo bestione, ah!"
" Si, figliolo. Come dicevo siamo su tutta la superficie terrestre per dare il colpo finale!"
"Per l' amor di Dio! Ah! Certo, voi generale, non siete un'essere umano, e la droga che ho assunto finalmente mi permette di connettermi sulle Vostre stesse vibrazioni! Maledetto tu e tutti quelli della tua razza maledetta, Ah!"


" Si figliolo, hai capito la verita' e noi non possiamo permettere, che tu divulghi la verita', capisci? Noi dobbiamo compiere l' atto finale di dominio assoluto su questo miniuscolo pianeta chiamato Terrra. Hai sangue buono." Mastica le ossa del soldato, in modo orripilane e orribile con anima

[continua a leggere...]

   5 commenti     di: Raffaele Arena


Giochi del vento

Una giornata ai primi di aprile a passeggio con un amico d'infanzia.
Il vento gioca nell'erba e fra i capelli. L'aria è dolce e si beve come un vino.
Nei boschetti con la loro accoglienza umida e frusciante si perdono i nostri passi. Per il sentiero incontriamo il vecchio Ector ottantenne che sta avanzando in bicicletta.
"Oh, caro Ector, sono felice di rivedervi..."
"Non ho tempo, non ho tempo" prosegue il vecchietto con gesti della mano. "Le viti, devo finire di potare..."
Il vento stormisce e ci porta frescura, profumi di foglie nuove, di stagni dove l'acqua si increspa in ondine.
Di passaggio diamo un'occhiata alla fornace abbandonata. É tutto deserto: nei camminamenti, dentro le gallerie di cottura e nei fumaioli, il vento ha un sibilo modulato e incessante mentre solleva una polvere scura.
La casetta con i glicini è chiusa. I muri sono abbaglianti e poi cupi al passare delle grosse nubi davanti al sole. Nubi isolate e immense che corrono nel cielo.
Il mio amico dice qualcosa guardandole, ma le sue parole fuggono nel vento.
Passando dalla casa del fabbro entriamo dal portone, con un cenno d'intesa. Il cortile è ingombro di ferraglia, da dove fuoriescono rivoletti rossi di ruggine. Echi di rumori lontani.
"Ehi, Septimus, una parola sola e poi ce ne andiamo."
Si odono colpi di martello al primo piano di una baracca e sbraitare di voci. Finalmente la finestra si spalanca e va a sbattere contro il muro. Escono riverberi e la testa del fabbro sopra il grembiule di cuoio:
"Non ora! No, adesso non ho tempo! Un altro giorno, passate un altro giorno..."
Proseguiamo per il sentiero dei campi dove le margherite occhieggiano bianche tra i fiori gialli dei soffioni. Lungo il fiume dove l'acqua ha brividi vanno a cadere come neve i petali del vicino frutteto.
I meli sono innevati di fiori e la lana bianca dei soffioni si stende sotto di loro. Petali bianchi galleggiano sull'acqua del fiume, rotolano fra l'erba trasportati dalle folate del vento.
Inoltrand

[continua a leggere...]

   7 commenti     di: sergio bissoli


Il martedi della Marisa

La mia vita precipitò in un cumulo di macerie esattamente di Martedì.
Perchè poi proprio quel giorno, non saprei dirvelo neppure io, fatto sta che mi ritrovai a dover raccogliere quel poco che era rimasto della mia esistenza con una paletta per gli escrementi dei cani.
L'esordio della giornata, fredda, umida e con un pesante telo di nebbia lungo tutto il quartiere mi avrebbe dovuto allarmare sulle tragiche conseguenze del mio abituale risveglio mattutino, invece no: presi la mia solita tazza di thè verde, le mie tre fette biscottate integrali, la mia insalata per la pausa pranzo al lavoro, la borsetta Vuitton costata un capitale e uscii da quell'appartamentino così piccolo e così stretto per le mie esigenze.
Quando arrivai giù nel parcheggio del cortile vuoi te che non si presenta il portiere a cercare per l'ennesima volta di portarmi a letto? No, era li, con la solita brioche fumante in mano, che come d'abitudine accettai, rimarcando mentalmente la nota "buttare nel cestino, oppure darla al lavavetri al semaforo in fondo alla via", così con questa pasta dannatamente bollente in una mano e con l'altra mano occupata dalla borsa ( quelle Vuitton hanno delle chinghie deliziosamente scivolose) mi trovai a dover prendere le chiavi della mia piccola Panda verde chiaro ( da cui potete capire il livello della mia autostima quanto era calato") come un giocoliere può giostrare tre elefanti e un obeluisco egiziano.
Inevitabilmente, le chiavi caddero ( amen!), poi la borsa con tutto il suo contenuto, compreso l'iphone 4g appena comprato e scartato due giorni prima ma non ancora usato perchè così complesso che mi sto chiedendo se sono normodotata mentalmente, e qui partono epiteti degni di un marinaio a cui uno squalo ha appena addentato i testicoli, e infine con una sonora onomatopea di qualcosa di molle che si schianta pure la brioche, con il cioccolato ( vade retro grasso!) che schizza allegramente da tutte le parti ( qui ho sorriso dolcemente con aria assassi

[continua a leggere...]



La voce del diavolo (primo episodio)

La neve scendeva ininterrottamente da due giorni, coprendo i graziosi giardini e rendendo trappole mortali le strade di tutta la contea. Tra il cartello che indicava Black Woods e il vecchio ponte di ferro che portava alla fattoria dei McConrad, sorgeva l'abitazione dei Trenton: una casa su tre piani, stile Vittruviano, circondata da un cortile che rendeva invidiosi i vicini. All'inter­no della mansarda, da una delle finestre che permettevano di vedere i lontani pini che circondavano la contea di Black Woods, Cathy Trenton fissava i fiocchi di neve volteggiare sopra il giardino.
Dannata neve... Copre tutto nel giro di pochi minuti... Persino la tomba di Pinky non si vede più.
Pinky era stato il suo gatto persiano da circa nove anni, fino al­l'altro ieri, quando sua madre lo aveva trovato disteso a terra, con un pugno di mosche a coprirgli il muso baffuto.
Scommetto che la neve ha coperto anche Tiffany Robins... ecco perché non riescono a trovarla... Tiffany; la rossa della West Mary High School; la mozzafiato per eccellenza; la studentessa con il massimo dei voti.
La stronza che ama sempre mettersi in mostra davanti agli al­tri. Mercoledì scorso, dopo aver lasciato la scuola - a quanto dicono i giornali -, non aveva fatto ritorno a casa, e i genitori ne avevano denunciato la scomparsa il giorno dopo, passate le convenzionali ventiquattrore.
Cathy si voltò, percorse a piedi scalzi il pavimento di legno fino all'armadio, lì rimase a guardarsi allo specchio che, a sua detta, la faceva apparire più magra del solito. Quindi raccolse i capelli neri in una coda e sospirò, avvertendo un leggero pruri­to alle cosce, complice il paio di jeans che aveva appena com­prato.
Altro che scomparsa, quella si sarà appartata con qualche fu­sto della scuola... e conoscendo Tiffany, credo anche di sapere con chi, Adam Murphy. Ora saranno in qualche chalet tra i bo­schi a spassarsela!
Cathy squadrò il neo sulla guancia, poi si portò vicino al letto. Prima di pote

[continua a leggere...]

   1 commenti     di: cesare massaini


Un fuoco nel bosco

Il Sole stava calando sul cielo d'estate, screziato qui e là di nuvole bianche e soffici, cui i giochi di luce conferivano un colorito bluastro, mentre lassù, in alto, i primi astri avevano iniziato a brillare, come a volere delimitare il confine tra la notte ed il dì.
Lo scenario era quello di un bosco di abeti, percorso da un sentiero a zig-zag che si protraeva per una decina di chilometri circa, separando il piccolo paesino di Loggiano dalla cittadella locale.
Giuseppe ed Antonio, due contadini di un paese poco distante, avevano appena lasciato Loggiano tra le lacrime e l'amarezza d'una persona cara appena perduta: avevano, infatti, assistito al funerale di un loro vecchio amico, Lorenzo, residente proprio in centro di Loggiano.
A nessuno era stato consentito di vedere la salma del defunto: a quanto pareva, era una misura cautelare per evitare d'infondere il panico tra i presenti.
Stando alle dicerie della moglie e della stretta cerchia di testimoni, Lorenzo era stato ritrovato ai margini della boscaglia, probabilmente di ritorno da una battuta di caccia, orrendamente mutilato.
Gli esperti avevano avanzato l'ipotesi dell'aggressione d'un orso, sebbene in quei paraggi non se ne vedessero più da decenni, oramai; fatto stava che, secondo le testimonianze, lo sventurato era morto dissanguato, probabilmente a causa delle numerose ferite che aveva riportato su tutto il corpo, mentre le ossa, quasi per uno strano scherzo del destino, sembravano essere state tutte rotte, come a volere certificare che, in agonia del dolore, l'uomo non avrebbe in alcun modo potuto raggiungere qualsiasi rudimentale forma di soccorso.
E, per altro aspetto, come altrimenti avrebbe potuto fare? Le gambe, infatti, gli erano state strappate di netto, con una furia sovraumana: per questo l'ipotesi più plausibile era stata, oltre ai vari segni identificativi di morsi e contusioni, quella dell'attacco d'un orso.
Ad ogni modo, Giuseppe ed Antonio ancora non riuscivano a credere alla sfor

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: Michele


Another Zombie's Tale

Prologo

“Con le ultime energie rimaste, mi appresto a scrivere questo lascito e ad assicurarlo come meglio posso, perché giunga al mondo esterno come testimonianza inconfutabile dell’esistenza di creature soprannaturali. O forse come ultima memoria della lucidità che mi sta abbandonando.
Mai più avrei creduto che certe creature potessero esistere, che potessero essere qualcosa di più di miti o leggende; che si potessero vedere al di fuori di un film o di un libro o di un brutto sogno. Eppure non ho più dubbi, non riesco più a darmi risposte, giustificazioni, per quello che ho visto e, ancora peggio, mi ha toccato ancora poco fa.
Ho ancora un intero caricatore nella mia pistola d’ordinanza, ma un colpo sarà più che sufficiente per andarmene con dignità e, forse, con meno dolore; so che sembrerà estremo come gesto, ma oramai è l’unica cosa sensata da fare. Sono chiuso come un topo nella sua tana, senza cibo nè acqua, senza via d’uscita.
E loro sono li fuori. E sono troppi.”

Capitolo 1

Erano sei mesi che lavoravo continuamente, tutti i giorni della settimana, senza prendere aria; la metropoli mi stava soffocando: ovunque luci, rumori, caos, sguardi sconosciuti. Avevo bisogno di staccare, e fu una vera fortuna che il mio diretto superiore, Kingsplan, avesse notato questo mio bisogno: fu lui a propormi un congedo momentaneo di un mese, perché in quelle condizioni ero oramai un peso per il caso che mi era stato affidato.
Decisi di fare tutto con calma, quindi sfruttai i primi giorni del congedo per decidere la meta più congeniale; certamente avrei evitato mete turistiche di massa, preferendo a queste qualche paesino rurale dell’Europa.
Quello che mi fece scegliere Bled, piccola cittadina slovena, furono le foto ed i documentari che trovai navigando su internet: un piccolo centro abitato circondato da boschi e catene montuose; pochi abitanti e pochi hotel soprattutto: ciò riduceva le possibilità di incontrare altri noiosi amer

[continua a leggere...]

   3 commenti     di: Matteo Bonino


Oscurità Parte2

Mi sforzai di ricordare maggiori dettagli. Ripensando attentamente al suo aspetto, dedussi che "il mostro" era una donna. Sarei dovuta andare alla polizia subito come testimone oculare, ma qualcosa mi trattenne: sentivo che volevo trovarla io, mi sentivo stranamente coinvolta. Non mi aveva uccisa anche se poteva farlo. Possibile che mi conoscesse? Non mi sembrava di conoscerla, non mi ricordava nessuno... ma ciò non significava che lei non conoscesse me. Se così fosse sarebbe tornata a cercarmi, lo sentivo. Presi una decisione incosciente: niente polizia. Cercava me? L'avrei aspettata!
Ero seduta sul mio letto, accovacciata. Mi dondolavo nervosamente in un impaziente attesa. Aspettavo un suono. Toc toc. Corsi alla porta e l'aprii: nessuno. Rientrai subito e attesi che tutto si ripetesse... ma l'urlo non arrivò. Non capivo, avevo sbagliato i miei calcoli, eppure ero così sicura. Andai nella mia stanza e guardai la finestra: era chiusa. Mi lascia cadere a terra. Dov'era? Io la stavo aspettando, volevo incontrarla, la odiavo! Era una creatura spregevole, un mostro, ma ne avevo bisogno. Sentivo il desiderio troppo intenso di rivederla, di guardare di nuovo quegli occhi impenetrabili e provare a leggerli, capire cosa provasse, cosa pensasse. Fu in quel momento che notai qualcosa sotto il letto.
Allungai il braccio fino allo strano oggetto. Trascinandolo fuori, lo tastai attentamente fino a capire che era appuntito. Lo riportai lentamente alla luce. Delle lacrime iniziarono a scorrere lungo le mie guancie e improvvisamente la verità parve chiara e devastante:
Il coltello: l'arma del delitto.
Il bussare alla porta: era l'ultima opzione! La mia mente, il senso di colpa.
Il mostro: io.

Articolo di cronaca:
Arrestata assassina del quartiere.
Pazza terrorista fuggita dal manicomio.
Urla e piange: sembra indemoniata.
La notte del delitto, una giovane donna è stata vista rincasare di corsa, passando per una finestra al pian terreno, da un'anziana vicina. Non

[continua a leggere...]

   9 commenti     di: Vittoria Manni



Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

Questa sezione contiene storie dell'orrore, racconti horror e sulla paura