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Racconti del mistero

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San Giorgio-parte terza

Profondo ammiratore e servo devoto di Santa Madre Chiesa, la prima azione del cavaliere fu quella di scendere da cavallo prima di accostarsi ai due ecclesiastici, operazione che gli permise di attendere alla debita distanza che la folla si diradasse del tutto. Avvenuto ciò si diresse, questa volta con passo calmo e quasi interrotto, verso i due uomini, che lo notarono già da lontano.
Ora si poneva il dubbio sulla precedenza degli omaggi, in quanto prediligere uno sull’altro avrebbe potuto causare malintesi e pregiudiziali antipatie. Optò per la soluzione più astuta. Giunto in prossimità dei due uomini, si inginocchiò e cominciò a declamare con voce sicura : “ Credo in un Solo Dio, Padre Onnipotente…”, a tali parole, ci fu un cambiamento di espressione da parte di tutti e due i personaggi : quello in piedi alzò un sopracciglio ed inclinò la bocca in uno specie di sorriso stupito, frammisto a compiacimento incredulo, l’altro, sempre accovacciato al lato del piedistallo, inclinò leggermente il capo ed emise un suono che pareva integrare nel suo significato disillusione e scherno. Uguale fu la successiva azione di tutti e due, che fermarono la declamazione di Giorgio, in particolare l’uomo in abito talare disse: “Non siamo in tempo di eresia, cavaliere, non c’è bisogno di proclamare il Nostro Santo Credo, ma apprezziamo il tuo desiderio di mostrare devozione”, l’ altro aggiunse: “siete un chierico di qualche ordine combattente?”. Giorgio, mantenendo sempre la posizione inginocchiata, guardava i due personaggi alternativamente, inclinando le pupille sotto la fronte agrottata, col capo reclinato in avanti, riflettendo a chi dei due dovesse per primo rivolgere la parola. Alzandosi in piedi lentamente, decise di mantenere una linea di equilibrio: “Il Credo è sempre il miglior segno di riconoscimento per chi opera alla luce della Fede, anche per chi vive nel Mondo ed è un semplice uomo, quale io sono, Giorgio, figlio del Conte Aghemo

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nato sotto il segno dei pesci

Sono una persona che si attacca molto ai sogni, non quelli nel cassetto, ma quelli che si fanno di notte.
Nei miei sogni più belli compare sempre il mare o almeno l’acqua: anche quando sogno di annegare, il mare non permette mai che io muoia e inizio sempre a respirare. Quello che doveva essere un incubo diventa un sogno colmo di fantasia.
Ho sempre voluto poter respirare in acqua. Ricordo la prima volta che sperimentai le pinne, la maschera ed il boccaglio: mi sembrava di essere in uno dei miei sogni. In quella pace sottomarina dove sentire le voci trasformate in vere e proprie vibrazioni, quel suono inconfondibile. Dove essere sostenuti senza alcuno sforzo. Dove puoi scorgere una fetta di quel mondo misterioso che è l’oceano.
Certe cose che avrei dovuto ricordare sono completamente sparite, tipo quando ho imparato a nuotare: io ricordo solo che un giorno ci provai ed il giorno dopo già nuotavo come un pesce. Non ricordo quell’ arco di tempo che è tra la prima prova e il saper nuotare, non ricordo come sono maturato in quel breve periodo. E invece ricordo magari cosa ho mangiato il sette Ottobre del millenovecentonovantasei. Strano no?

Nei miei sogni ultimamente sono presenti persone e luoghi comuni: persone con cui non vado d’accordo sono nelle strade di Naro (cioè il mio paese), le persone a cui voglio bene e le uniche due donne che ho mai amato le vedo in spiaggia.
Le uniche due donne che ho mai amato … caspita! Chi ho amato più dell’altra? Mah, amare per me è già un verbo “superlativo assoluto”.
Le amo tuttora e non le ho mai toccate … cioè non le ho mai baciate o, almeno, non ho avuto con loro nessun tipo di rapporto sia fisico che sentimentale. Forse perché stando con loro non mi sento completamente sciolto, l’altro giorno ho detto ad una di loro “Stando con te mi sento a disagio, come se fossi in continua tensione!”. Che cosa mi ha risposto?
Niente! Non ha mai capito niente di me … ma alla fine : chi se ne fre

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MICHELA

Marco vide l’ora e premette l’acceleratore pensando che non fosse affatto carino far aspettare Irene stasera. Accanto al sedile, in un astuccio aperto brillava la pietra di un anello che lui si girava ad ammirare volta dopo volta. Le sarebbe piaciuto? Avrebbe detto di ‘’si’’?
All’improvviso un camion piombò alla sua destra e quando se ne accorse fu ormai troppo tardi. Spinse i pedali fino in fondo e il loro rumore sull’asfalto gli sembrò come l’urlo di una bestia spaventata quando fiuta il pericolo…
Ormai si era già fatto buio quando Marco parcheggiò la macchina nel parcheggio del ristorante dove aveva prenotato. Scese e si diresse verso l’entrata con l’anello in mano quando i fanali e il rumore di una macchina gli attirarono l’attenzione e riconobbe la macchina di Irene, corse verso di essa ma lei non lo vide e si allontanò con velocità. Marco vide l’ora ma l’orologio si era rotto, e lui pensò che fosse troppo tardi a causa dell’incidente e si vede che Irene l’aveva aspettato fino a quando non si era stancata e poi se ne era andata sicuramente offesa visto che non l’aveva neanche telefonata visto che il cellulare era rotto. Vide l’anello e gli dispiacque di non essere potuto arrivare in orario perché avrebbe voluto che fosse una serata importante che avrebbero festeggiato ogni anno. Ma lui non voleva arrendersi, adesso avrebbe preso la macchina e l’avrebbe seguita fino a casa. All’improvviso si sentì chiamare.
- Ehi Marco!
Si girò e vide una sagoma fragile e delicata che gli si avvicinava con passo leggero, e con la luce della luna sui capelli che dava un aria onirica.
-Non mi riconosci?
Lei si avvicinò.
- Michela?! Il dolce suono della sua voce saturò l’aria notturna, e lui ripensò dolorosamente che una volta quella risata apparteneva solo a lui.
- Michela!
Lei si avvicinò ancora di più, guardandolo negli occhi, sorridendo, lui sentì il suo cuore cominciare a battere rabbiosamente nel pe

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   2 commenti     di: suzana Kuqi


Grandi Copulazioni Dorate

Chaos determina di partorire dal suo Abisso un'altra creatura dopo Gaia, Eros, l'energia primordiale dell'Universo.
Il suo compito, sotto forma di pioggia generatrice è di far scaturire dalla profondità della Terra tutto ciò che essa contiene nelle sue profondità.
Tutto ciò che è in lei, oscuro come Abisso, indistinto come Chaos, Eros lo libera e lo palesa alla superficie.
Eros è lo slancio giocondo ed esuberante che feconda le viscere di Gaia.

La Terra partorisce per primo Urano, il Cielo.
Poi mette al mondo Ponto, cioè l'acqua, tutte le acque dolci e salate.
Gaia li concepisce senza accoppiarsi con nessuno materialmente.
Solo attraverso l'energia di Eros che porta in sé, la Terra sviluppa quello che potenzialmente era già in lei e che, nel momento in cui lo libera, diventa il suo doppio e il suo contrario.
Perché?
Perché Chaos gode della gioia dei contrari che s'accoppiano e sviluppano vitalità cosmica.

Urano, immediatamente si stende su Gaia e la possiede carnalmente.
Diventano un sopra e un sotto che si amano a vicenda per l'estasi loro e di Chaos.
Così Ponto, appena dopo esser stato partorito, penetra la Madre insinuandosi al suo interno e la delimita e la completa sotto forma di vaste distese liquide.
Ponto e Urano sono opposti alla Terra.
Se Gaia è solida e compatta, Ponto invece è liquidità, fluidità informe e inafferrabile e Urano è aeriforme, gassoso, ventoso.
Entrambi la copulano, mescolandosi a lei per una durata inconoscibile agli aedi.



Urano comincia a possedere carnalmente Gaia in ogni momento, instancabilmente.
Lui stesso è animato da una mania, da una furia sessuale inestinguibile suscitata da Eros.
Ponto, con lo stesso ritmo dei suoi flutti e delle sue onde, fa l'amore con la Madre lasciandole del tempo per riposare.
Urano non cessa mai di schizzare il suo seme nel seno di Gaia.
Questo Cielo maniaco non conosce altra attività se non quella sessuale.
Copre e abbraccia Gaia senza soste, alluppato c

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   0 commenti     di: Mauro Moscone


Rosso Fuoco

Anno corrente : 2015
Località : New York

Era una notte scura, piena di pensieri per Eben. Era stata sveglia tutta notte. A pensare e a guardare fuori dalla finestra. Il paesaggio che le si prospettava era futuristico, ma spettrale, i palazzi si reggevano in piedi per miracolo e il celo era rosso, come il sangue dei caduti, nelle vie. Orrori senza precedenti erano i ricordi del sua infanzia. I ricordi più vividi che lo spettacolo al di fuori della finestra riportavano alla mente di Eben.
Morte, desolazione, inquietudine erano i tre soli aggettivi che potevano descrivere l'infanzia, l'adolescenza e il presente di Eben. Quella notte era particolarmente inquieta , ne aveva passate tante a pensare al passato. Quindi quella non era sicuramente la prima notte insonne, ma quella, quella vista, che aveva dal grattacielo di New York.
Eben si chino per prendere dalla sua ventiquattrore di pelle marrone, molto rovinata, una cartelletta di col giallo sbiadito. Che conteneva dei ritagli di giornale. Nella sua stanza d'hotel il colore rosse del cielo si faceva spazio nelle ombre della notte rendendo la stanza di un colore rosso intenso. I ritagli di giornali erano di quasi vent'anni prima. Mostravano quel hotel nel massimo del suo splendore, quando i vip erano i soli con permesso di entrare senza invito. I colori delle immagini, i sorrisi penso Eben di non averne mai visti di cosi caldi e speranzosi.
Nel ritaglio che teneva in mano c'era un ragazzo sulla trentina, il suo sorriso andava da un orecchio e finiva nel'altro penso Eben. Indossava la divisa da lavoro, era di colore bordo con le rifiniture in oro e nero, lui era uno dei facchini del hotel.
Era a lui che Eben aveva rubato il nome. Molti anni prima. Aveva trovato quel ritaglio tra le macerie, e l'aveva colpita il sorriso del ragazzo. Il nome era stato riportato sotto la foto in dei caratteri squadrati e neri. Si era sempre chiesta se quel ragazzo fosse ancora vivo o se non lo fosse, gli avrebbe fatto piace

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   0 commenti     di: Beatrice


La cosa nel letto

Ci penso e ci medito, ma più lo faccio e più mi rendo conto che questa faccenda non solo ha dell’incredibile, ma che se riuscissi a percepire la realtà ultima di quello che ho visto, non solo diventerei pazzo, probabilmente la mia coscienza si aprirebbe in abissi finora sconosciuti. Ho paura per me stesso, se non scopro la verità morirò d’ansia. E non passa giorno che non torno a controllare quel punto del letto. Eppure potrebbe essere stata una visione e quindi me ne chiedo il motivo. E se invece fosse stata una cosa reale? Cos’era, cos’era quella cosa? Da quale mondo proveniva, perché io poi? Ma andiamo con calma e cerchiamo di spiegare per bene cos’è successo quella sera, cosicché qualcuno forse, saprà darmi una spiegazione reale. È anche vero comunque che più mi sforzo a ricordare e più rimango ammutolito. Come se qualcosa o qualcuno mi trattenesse dal raccontarlo. Sicuramente sarà utile informarvi che sono un grande lettore di Howard Philiph Lovecraft e anzi, sono sicuro che molti di voi lo conosceranno. È un autore di racconti onirici, creatore di quell’universo letterario che è il “Mito di Cthulhu”. Ma d’altronde uno scrittore è legato al fantastico solo per ciò che ne può scrivere, e mai avrei pensato... Ma andiamo con ordine. Premetto che non ho mai creduto a quel libro, “il Necronomicon”, che fosse stato un espediente letterario dello scrittore di Providence ne abbiamo, ormai tutti, le prove. Che qualcheduno poi si sia messo lì a scrivere uno pseudobiblio, rifacendosi alle idee di Lovecraft può sì far incuriosire, ma dopo un studio serio arriverebbe alla mia stessa conclusione, che cioè sono solo fantasie. Nonostante ciò, ho provato i rituali trascritti sul Necronomicon, più per scherzo che per curiosità vera e propria, ma chi non l’ ha fatto? Ebbene, sono proprio delle cialtronerie. Non posso invece negare il mio acceso stupore quando, rovesciando inavvertitamente una boccetta d’inchiostro su una

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   5 commenti     di: Emiliano Rizzo


Krestos II

SECONDA LUNA.
Nell'anno domini 1543, altri tre cadaveri furono trovati a Greys.
Dalla morte di Marie, la paura aveva ammorbato le case e le strade, trasformando il paese in una ragnatela spoglia di casupole dalle imposte sbarrate e sinistri ornamenti d'aglio; in chiesa i fedeli s'erano centuplicati e le diserzioni alle messe praticamente ridotte a zero, e non si perdeva occasione per riempire la fiaschetta d'acqua santa obbligatoriamente da aspergere tre volte al giorno sulla fronte e davanti all'uscio.
Il pretuncolo era subissato di peccatori da confessare, ma egualmente riservava consigli e benedizioni ai fedeli tremanti, una mano a segnare l'ultimo purificato, l'altra a stringere il crocifisso di legno al collo.
- Non temete nulla. Se pregheremo, Dio è con noi, ci aiuterà.
E Dio li aiutò. Per quattro giorni non vi fu più nulla, nemmeno il fruscio del vento. Anche quello sembrava essersi acquietato nel brulicare di pater noster, ma quella sinistra entità doveva essere troppo affamata per disdegnare il sangue purificato delle pecorelle spaurite. Così l'ultima mattina lo trovarono che giaceva, esattamente come Marie, riverso al suolo, i due fori rossi roventi sul collo marmoreo. Il falegname.
Il cerusico scrollò il capo, incredulo.
Le altre due vittime si susseguirono nello stesso lasso di tempo: il figlioletto del calzolaio, la pel di carota moglie del fabbro. E dinnanzi a quella cespugliosa massa di capelli rossi, gli abitanti di Greys si convinsero definitivamente di essere perduti.
La moglie del calzolaio ancora piangeva, che gennaio finì. E in una di quelle mattine immobili, quando il chiarore dell'alba è ancora opaco e pregno di buio, un'ombra si defilò nel paesello addormentato.
Era domenica, il giorno del Signore. Il pretuncolo ancora russava fra le lenzuola, beandosi di qualche ora di sonno in più prima della solita funzione.
La chiesa era deserta, il Cristo nella navata osservava le pozze di nero ancora tese fra le panch

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   0 commenti     di: myatyc myatyc



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