Le feste rendono l'aria intorno a noi magica, serena e speciale... ed io ho attorno delle persone che rendono la mia vita così 365 giorni l'anno... grazie, grazie a voi amici miei... Auguri.
Provo a mettere a nudo il mio pensiero...
Quando le mie incertezze rigavano di lacrime il mio volto, quando le mie paure riempivano le mie giornate, quando i fantasmi del passato popolavano le mie notti, quando sola e distrutta dal dolore per la morte della mia compagna ho incontrato voi... e da quel momento la mia vita è cambiata.
Grazie per aver condiviso con me i giorni in cui la malinconia mi riportava indietro nel tempo, facendo riaffiorare le mie incertezze, i miei incubi. Grazie a tutti quelli che con il loro calore hanno fatto si che i miei problemi si sciogliessero come il mare fa con il sale.
Fermare il tempo, ecco la magia che vorrei fare... sì, fermarlo per far si che i momenti migliori vissuti insieme con voi non passino mai. Vorrei che quei giorni indugiassero sempre vivi nei nostri cuori.
Ci sono valori nella vita che, al di là di tutto, vanno protetti, vanno difesi perché come un tesoro nascosto, non vengano contaminati da persone che non conoscono il valore dell'amicizia. Quando si ha la fortuna di incontrare, come è successo a me, persone genuine e sincere, bisogna sapersele tenere strette al cuore.
La vita mi ha insegnato che la vera amicizia è quella che in modo disinteressato e senza secondi fini si offre agli altri. Mille e mille frasi, mille parole affollano la mia mente, alcune belle, altre brutte ma una sola mi esce dal cuore: VI VOGLIO UN MONDO DI BENE.
Mi avete fatto ridere, avete fatto in modo che la mia tristezza svanisse come neve al sole, mi avete permesso di confidarmi con voi, mi avete fatto vedere la mia "disgrazia" con più serenità. Io vi ho reso partecipe del mio dolore per mezzo dei miei scritti e voi mi avete reso onore leggendo e commentando le mie poesie... Grazie amici miei.
È toccante riconoscere com
Oggi il Natale, si festeggia con
eccedenza di mangiare, regali ed é
diventata, una festa come tante!
Mi ricordo il Natale di una volta,
dove si metteva al primo posto, la
nascita di Gesù... C'era felicità nel
festeggiare però un avvenimento sentito.
Quando era mezzanotte, dicevamo tutti una
preghiera. E mia mamma metteva un piatto,
vuoto, che rappresentava che Gesù era con
noi. Tra le strade c'era amore e gentilezza.
E i poveri a casa dei ricchi, erano ben
accettati... Adesso invece c'é la gioia
dei regali, del mangiare, e non di stare
insieme in famiglia. E tra le strade non
c'é l'atmosfera del Natale vero. Mi
dispiace dirlo, ma si é perso il vero valore
di una festa dal quale, il significato stava
dentro di noi...
Se ci si siede nei tavoli del caffè Campari a Pavia si ha l'occasione di vedere un individuo singolare che fa la spola tra le macchine ferme davanti al semaforo
nei pressi dell'incrocio.
Indossa sempre un giubbotto impermeabile ed un cappellino di lana, si avvicina
ad ogni macchina fa un inchino ed apre le sue mani vuote nell'attesa che su di esse venga poggiata qualche monetina.
Nove volte su dieci viene ignorato mentre i conducenti approfittano della sosta per
smanettare con il telefonino.
Una fanciulla seduta in un tavolo accanto ha appena mandato a quel paese il suo moroso dicendogli a telefonino; "Vaffa..." questo è il nuovo linguaggio comunicativo esplicito e lapidario ghigliottinato negli sms ma efficace.
Una vita virtuale condotta da molti mentre quella vera scorre inesorabilmente
senza interruzioni ed alla quale, mi duole dirlo, tanti, tantissimi non partecipano.
Quel povero illuso seguita ad umiliarsi tra una macchina e l'altra, mentre agli
altri la sua figura è totalmente invisibile.
Mi chiedo che senso abbia, oggi, parlare di solidarietà e di condivisione e dei
valori della vita che vengono sempre più disattesi a favore di una virtualità
che ci sta divorando come il "nulla" della Storia infinita.
La vita quella vera latita e Diogene invano circolerebbe con la sua lanterna alla
ricerca dell'uomo "vero", un uomo capace di comprendere la sua natura di essere
finito e di condividerla con il suo prossimo.
Siamo in un momento in cui l'infinito è inteso come finito e viceversa.
Osservo ancora quell'omino dalla faccia contristata che, ogni tanto, guarda, traendoli dalla tasca i pochi spiccioli raccolti contandoli mentre dal suo volto
scende una lacrima.
Tra poco sarà Natale e mi chiedo come potranno celebrarlo coloro che vivono
nel virtuale che oggi, purtroppo, rappresentano la maggioranza.
Avranno il Babbo Natale o l'albero sullo sfondo del telefonino o dell'hi-phone o
del notebook, pochissimi si ricorderanno del Presepe.
Si
In una città del Medio oriente, verso sera tutti i lavoratori tornano nelle proprie case.
Solo un uomo non fa ritorno.
La moglie lo aspetta: non sono nel loro paese, l'uomo è artigiano, insieme si spostano da un luogo all'altro per lavoro. Lei è gravida e nonostante la fatica di tirare avanti, sono una coppia unita.
È un nuovo giorno e in paese arriva un pastore con molte pecore. Era da tempo che non si vedevano greggi tra le case. Tre cani meticci neri e scarni, hanno occhi rosso sangue come la più brutta rappresentazione della fame, controllano il gregge insieme al pastore. Accanto a loro sta camminando Lei insieme alla moglie del vicino di casa, un allevatore di vacche.
I cani la vedono, ringhiano. Lei fa un passo indietro, le mani a coprire il ventre, a difendere il figlio che sta per nascere. Il suo sguardo incrocia quello dei cani, la paura aumenta, negli occhi delle bestie sembra nascosto il diavolo in persona. I cani continuano a ringhiare avvicinandosi a Lei. Il pastore fa come nulla fosse e continua a guidare le pecore a testa bassa.
Si sentono gracchiare tre grandi corvi; sono su un carro fermo vicino alla donna e sembra quasi che parlino al pastore. Quest'ultimo emette un suono rivolto ai corvi, non una voce da uomo, come un verso animale, simile a quello di una capra; poi copre il proprio viso con un ampio cappello, richiama i cani e prosegue il viaggio. La donna non si accorge di quest'ultimo avvertimento ma scossa dallo sguardo dei cani decide di tornare a casa in tutta fretta.
È sera e la donna avverte dei forti dolori al ventre, è sola, il marito tornerà tardi dal lavoro questa sera e lei ha bisogno di aiuto. La casa più vicina è a un km di distanza e così decide di incamminarsi. A metà strada perde i sensi, sulle sue spalle una vita di stenti. Sviene.
È notte inoltrata, la donna riapre gli occhi. Ora è nel piccolo fienile dei vicini di casa, in parte a lei suo marito le asciuga la fronte bagnata. Sta per partorire.
Si
In un paesino che corona fa ad un monte incappucciato di bianco e sovrastato da un cielo brume e silenzioso, viveva Pinuccio, un bambino vivace e molto carino.
Il signor Dicembre dalla candida chioma e dalla lunga barba, accusava già dolori in ogni dove; ma prima di cedere il passo al piccolo e prepotente Gennaio, aveva un bel da fare con le sue festività natalizie.
Questo signore che, nonostante gli acciacchi dell'età, si mostrava sempre lindo e punto e ben distinto; conosceva Pinuccio ormai da vari anni, ed anche allora, dunque, voleva aiutarlo a fare il presepe.
I due s'incamminarono un po' fuori paese per raccogliere del muschio ed un po' di legna. La legna serviva a fare la grotta per la Sacra Famiglia e le montagne; il muschio a coprire il tutto.
Pinuccio aiutato dal padre e con l'assistenza non solo morale del signor Dicembre, su di un vecchio tavolo, al ritorno dalla vicina campagna, si metteva alla messa in opera. Man mano si profilava un bel paesaggio, onde non mancavano le stradine, fatte con della farina e dei ciottoli piccolissimi; un bel fiume, fatto con carta azzurra coperta con dei cocci di vetro ed infine un bel laghetto, fatto con un coccio di specchio e con a fianco un mulino di carta.
Il presepe era pronto, ma mancavano le figure, dette anche pastorelli; il padre di Pinuccio, che li teneva ben custoditi in una vecchia scatola li portò alla luce. A quei tempi, i pastorelli erano di terracotta e quindi capitava sempre che qualcuno si rompesse o si mutilasse. Il bambino, che non spiccicava una parola d'italiano, mortificato mostrò al padre e al signor Dicembre l'asinello e disse:
- A chistu e manca a capa, comma avimmu fa?
E il signor Dicembre:
- Non piangere, a tutto c'è rimedio, se ne compra uno nuovo!
Così replicò anche il padre, tra l'altro in altre occasioni molto burbero e manesco, ma davanti ad un signore così distinto ed in occasione delle imminenti festività natalizie, teneva un controllo di sé lodevole.
La cos
È tutto merito della maestra se sei qui, pensò Gianna rivolgendosi alla sua bambola, è stata lei a chiedermi di portare a scuola un disegno dell'anno prima.
"È un compito," aveva detto alla mamma per farsi dare la chiave della soffitta.
Gianna sapeva che la madre era restia a mandarla in solaio da sola, ma era una buona occasione per curiosare.
Salì le scale d'un fiato, accese la luce e cominciò a frugare nei cassetti,
nel primo trovò vecchi scialli e abiti smessi, nel secondo immaginette di santi, corone del rosario, mentre lo stava per chiudere in un angolo notò una bambola di pezza, Gianna non seppe trattenersi, scese le scale e corse a mostrarla alla madre che la rimproverò : "È solo una bambola di stoffa impolverata, non la puoi tenere, soffri di allergia!"Gianna non ascoltò la madre, mise alla bambola il nome laura e poi le fece il bagnetto.
Da quel giorno, non si separò più da Laura, la portava anche a scuola e tra una lezione e l'altra dava una sbirciatina in cartella.
Coi primi freddi, chi per raffreddore e chi per febbre molti ragazzi mancavano all'appello e Gianna cambiava sempre compagna di banco, un giorno si trovò vicino alla "pettegola," la chiamavano così i ragazzi in classe, dicevano che avesse gli occhi anche dietro. Con la sua curiosità ci mise poco a scoprire il segreto di Gianna e bisbigliando le disse: "Cosa te ne fai di una pigotta in cartella?" Gianna che non aveva mai sentito quel nome, con aria offesa le rispose: "Si chiama Laura, non pigotta, la mia bambola!" La maestra notò il battibecco, richiamò le ragazzine e chiese cosa avessero da dirsi. Gianna tacque, ma la "pettegola" si alzò in piedi e con aria da saputella spifferò tutto alla maestra, poi aggiunse che lei conosceva la storia di queste bambole.
All'insegnante venne l'idea di chiedere ai suoi scolari di fare una ricerca sulle pigotte
La ricerca entusiasmò perfino i maschi, e con l'aiuto dell'insegnante la classe si trasformò
in una sartori
"Cavolo, di nuovo il Natale", pensava Christian ogni anno, quando si avvicinavano le feste. "Deve venire per forza tutti gli anni?"
Ogni volta, verso Dicembre, chiudeva gli occhi e sperava che qualcuno gli comunicasse che erano sospesi tutti i festeggiamenti natalizi. Niente regali, niente letterine a Babbo Natale. Tanto per lui era inutile.
Erano ormai tre anni, da quando aveva imparato a scrivere, che chiedeva a quel vecchio signore con la barba bianca un regalo speciale, la cosa più importante del mondo: una mamma. Non ne aveva mai avuto una. Quella che lo aveva partorito, lo aveva abbandonato vicino ad un ospedale, disteso in una cassetta, una di quelle per i pomodori. A volte pensava che sarebbe stato meglio per lui essere un pomodoro. Avrebbe allietato il pranzo di qualcuno, per poi sparire per sempre dopo la digestione.
Voleva una mamma, una vera, tutta per lui. Insieme agli altri bambini viveva bene, era felice. Erano tutti simpatici, giocavano insieme, facevano i compiti, si divertivano. Quella grande, bellissima famiglia, non gli faceva mancare niente. Eppure lui desiderava una mamma. Ogni volta che ci pensava, nel suo lettino azzurro, immaginava come sarebbe stata: alta, bassa, bionda, bruna. Poi si diceva che voleva semplicemente una che gli volesse bene, come una mamma vuole bene al suo bambino. Non gli importava l'altezza, il colore dei capelli, degli occhi.
In casa famiglia tutti gli volevano bene, ma l'amore di una mamma è speciale. Lui lo sapeva, anche se non l'aveva mai provato. Lo immaginava come un dolce profumo di fragole, che gli arrivava al naso ogni volta che sognava il giorno in cui sarebbe si sarebbe avverato il suo desiderio.
Anche quell'anno, inesorabile, il Natale era alle porte, e Christian aveva scritto la sua solita, densa, bellissima lettera piena di speranza. La mattina del 25, in casa famiglia, tutti i bambini correvano verso l'albero, alla ricerca del regalo richiesto. Quello di Christian era in una piccola scatol
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Il Natale è la festività cristiana che ricorda la nascita di Gesù di Nazareth. Viene festeggiato il 25 dicembre (o il 7 gennaio nelle Chiese orientali). - Approfondimenti su Wikipedia