username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti sulla natura

Pagine: 1234... ultimatutte

La fonte del cervo

Tantissimi anni fa, che a contarli si impiegherebbe un tempo lunghissimo, i ghiacciai alpini si ritirarono, lasciando profondi solchi sulle pendici delle montagne che avevano ricoperto lungamente. Trascorse altro tempo e le valli si rivestirono di erbe, cespugli, boschi, e si popolarono di animali. Infine venne l'uomo. Non sappiamo chi fu il primo a penetrare nella nostra valle e a stabilirvisi. Né conosciamo il motivo che lo spinse ad abbandonare la fertile pianura per addentrarsi in un ambiente ostile, fatto di lunghi inverni e di brevi estati, dove la natura non concede sconti e punisce severamente anche il minimo errore. Forse fu cacciato dal suo territorio da altri uomini più numerosi e potenti o forse fu a causa della innata curiosità della nostra razza, che ci spinge a voler andare sempre oltre. Probabilmente fu una famiglia o una minuscola tribù quella che si stabilì nella valle, non certo una moltitudine di genti. L'ambiente montano non riesce a mantenere che piccoli gruppi di persone. Pietre e legname non mancavano certo: si costruirono abitazioni. Di ridotte dimensioni, basse, con poche aperture, vicine le une alle altre. Quei costruttori non mancavano certo di ingegno! Sapevano che la natura va assecondata, non combattuta. Passarono gli anni, poi i secoli: il piccolo villaggio mutò di poco. Alcune altre abitazioni per i nuovi nuclei famigliari, qualche stalla e qualche fienile in più. In basso, verso il torrente, un vasto spiazzo soleggiato fu adibito ad orto per tutta la comunità.
Già allora si conosceva la fonte del cervo. Si tramandava che nei tempi passati un cacciatore del villaggio, il più abile e forte, raggiunta una verde radura avesse scorto un grande cervo maschio che si abbeverava ad una sorgente che sgorgava alla base di un masso biancheggiante in mezzo al prato. Teso l'arco con tutta la forza che possedeva, presa accuratamente la mira, il cacciatore scoccò la freccia che colpì il cervo diritto al cuore. Per noi oggigiorn

[continua a leggere...]



Sogno

Camminavo, la strada era irregolare e pericolosa, una pozza, una buca e orme d'asino o forse mulo. Sul ciglio destro finocchietto selvatico e quella pianta con le spine di cui non conosco il nome; a sinistra invece terrazzamenti per gli ulivi a perdita d'occhio che si protraevano verso il cielo come a voler spiccare il volo. Camminavo e la mia mente già s'interrogava sul perché mi trovassi in quel luogo pacifico, ma non tanto da giustificare la mia presenza; calmo ma non capivo e non vedevo. Avevo addosso vestiti che non conoscevo e avevo in mano un pezzo di pane raffermo avvolto con della carta e una fiaschetta di vino. A un tratto mi sentii chiamare, la voce era di donna, quasi un canto, non capivo da dove venisse, e allora cominciai a camminare su e giù per la vallata per delle ore. Girai in lungo e in largo tra ulivi e vigne, niente! Ancora la voce mi chiamava, adesso si stava affievolendo ma la voglia di trovarla mi faceva perdere il senno. Il sudore mi grondava dalle ciglia e mi bruciava gli occhi, tolsi giacca e camicia, il sole era caldo, bevvi un po' di vino. La voce continuava a chiamarmi, rimase sempre la stessa il tono non cambiò, sempre quello stesso suono rassicurante. A un tratto tra i filari vidi un ulivo immenso, non ci avevo fatto caso prima ma era lì. La sua ombra era come acqua per me, mi dissetò, lo ammirai, lo scrutai, lo accarezzai. Le sue foglie oscillavano cullate dallo scirocco, eppure sotto di esse persino il caldo afoso si arrese, persino i miei pensieri lasciarono posto al suo abbraccio. Mi sedetti e spezzai il pane, ogni boccone un sorso di vino come fosse un rito. Finito il pane e il vino presi la giacca e la camicia e ne feci un cuscino, che adagiai sulle grosse e nodose radici, chiusi gli occhi e la sentii di nuovo. La voce mi chiamava ancora, ma non dovevo più cercarla perché mi avvolse, mi cullò e mi accompagnò dolcemente al risveglio. Mi accompagnò lontano dal sogno e mi lasciò alla mia vita con ancora il gusto

[continua a leggere...]

   2 commenti     di: Davide Picone


Una sceneggiata

Eppure ci trova sempre impreparati... l'avevano detto, l'avevano preannunciato che dopo un lungo inizio ci sarebbe stata una fine... e pure il cielo vestito di grigio sembrava arrabbiato... dopo l'azzurro indaco che aveva indossato al matrimonio di sua figlia estate... certo lei è volubile e cambia... anche se da sempre è sposata con il sole.
Un lampo sul mare e poi un boato... un tuono che rotola, che fugge lontano sembra aver svegliato il vento... sta spettinando i capelli agli alberi, spolvera le strade, rapisce le prime foglie gialle, rovescia quello che trova al suo passaggio... umani! Dove siete... abbiate coraggio! Certo oggi non al mare... dove si pensava di terminare la stagione e di mangiare magari un panino o un cannellone... siamo qui alla finestra a guardare le bizze del cielo... lo temiamo anche se non lo diciamo.
Odore di asfalto bagnato... comincia a piovere una, due tre... gocce che diventano giganti fanno mulinello, sferzano come frustate... il vento se la ride... il cielo piange... l'orizzonte rimbomba... i rumori si spengono... auto, biciclette e motori sembrano falene impazzite che cercano riparo... di corsa! Il campo è steso e beve a mani piene acqua dal cielo... ci voleva... scivola fra le rughe della terra assetata, accaldata rilascia il caldo come vapore che sale che sale...
Pedoni impauriti e cani che abbaiano... ed io sul terrazzo che rincorro i costumi e gli oggetti che il temporale vorrebbe rapire... sempre impreparati... rimandati a SETTEMBRE... non c'è altro da dire!
E invece no... ci sarebbe tanto basterebbe parlare di estate soltanto... penso agli ombrelloni soli e chiusi, alle onde che parleranno coi gabbiani ai ricordi che diventeranno sul mare punti lontani... ma lasciamoli lì per questo inverno... adesso mi fermo qui.
Diciamo che lo sapevamo che se ne sarebbe andata... ma ogni volta che parte... fa sempre una sceneggiata!

   1 commenti     di: laura marchetti


PARLA MADRE NATURA.

Salve Genere Umano, per la prima volta da quando ho ricevuto il mio eterno incarico dal Creatore, mando un messaggio di avvertimento e di allarme nella speranza che venga accettato.
Io, che vedendoti così fragile al cospetto degli altri animali, ti ho affidato il dono dell’ingegno, del saper progredire imparando, in modo da darti un aiuto per sopravvivere di fronte alle tante avversità del mondo.
Tu, che dagli alti rami della giungla africana, hai avuto il coraggio di poggiare a terra le zampe e affrontare le fiere con astuzia e che hai iniziato a comprendere l’importanza della vita sociale e i mille modi per comunicare con i tuoi simili.
Egli, che ti ha concesso tutto il Suo amore e ti ha fatto evolvere, facendoti divenire diverso da ogni altro Essere presente sulla Terra, regalandoti intelligenza, sensazioni e stati d’animo che in precedenza solo il Divino possedeva.
Noi, che per migliaia di anni abbiamo vissuto in perfetta simbiosi, che ci siamo amati e rispettati nonostante la velocità e l’insistenza delle tue richieste di risorse naturali che aumentavano di secolo in secolo.
Voi, che, con la scoperta del benessere e con il vostro egoismo, vi siete sviluppati freneticamente, vi siete moltiplicati smisuratamente e avete dimenticato il legame primordiale che ci univa. Il deturpamento del mio regno, l’eliminazione della biodiversità e l’alterazione dei fenomeni naturali hanno creato in me una totale sfiducia verso chi si è elevato dal genere animale e ne ha perso il rispetto: voi.
Essi: gli animali, le piante, gli agenti atmosferici, le montagne, i mari…tutti loro, un giorno, cesseranno di subire l’irrispettosa convivenza con l’uomo che, in quel momento, capirà troppo tardi di aver commesso errori ormai incolmabili.
Non preoccupatevi, Esseri Umani: c’è sempre un rimedio anche in situazioni difficili, la corretta strada esiste…basta solo cercarla! Trovatela tra le verdi colline irlandesi, percorretela lungo le ampie distese della

[continua a leggere...]

   8 commenti     di: Manuel Zafarana


Eccesso

A cosa servono le norme se
non sono nient'altro che un paradosso?

Era questo il mio dilemma, il mio cruccio, il mio grattacapo insomma. Perché far diventare la vità un surrogato iniettandone il male? Perché?
NESSUNA RISPOSTA.
Spostai i mie pensieri dai perché umani a quelli della grande madre. NULLA. I perché non le interessavano, sembrava quasi non preoccuparsene, sicura e navigata della vità continuava serena. Voci indefinite, infinite, inprecise si stagliano al orizzonte.
MA NIENTE. Noia.
Dovette passare la stella di fuoco molte volte prima che io potessi capire. Fui un folle. Lo compresi, si può forse spiegare il senso specifico di ogni goccia del mare? Solo generalizzando e quindi sbagliando spiegazione, perché non si può fare di tutt' erba un fascio. L'incommensurabile immenso non può attrarre gli uomini, le distanze sono troppe per potersi comprendere.
TORNAI.
I mie vecchi crucci mai passati mi aspettavano al rubicone.
Non erano più come prima, o forse IO non ero più come prima, si stagliavano ora in modo chiaro e limpido. Li compresi.
Era l'ECCESSO.
Grandi cose potei guardare, comprendere e studiare.
Grandi cose false potei guardare, comprendere e studiare.
Che senso ha la legge se non la si applica in modo fermo e rigoroso? Ma che senso ha se la si applica in modo draconiano?
Le persone nel primo caso si faranno burla di essa e nel secondo caso la odieranno e la temeranno finendo per distruggerla.
Lo seguì. L'eccessive idee portarono a eccessivo rigore. Eccessivo rigore porto a eccessive pene. Eccessive pene portarono a eccessivi dolori. Gli eccessivi dolori portarono alla amara FINE.
Chi è il criminale e chi il giusto?

   1 commenti     di: Frinz Frinz


DUSKA, IL MIO MONDO AL MINIMO

Ok, confesso il mio peccato, mi piacciono i film con cani come attori, mentre schivo abilmente quelli con attori cani, se mi riesce: tra i miei preferiti c’è “Quattro bassotti per un danese”, ma mai avrei immaginato di diventarne spettatore in prima linea.
Dopo la morte del vecchio Boby era mancata la figura, in casa, di un cane di peso.
Quattro anni fa il pastore tedesco della mia mica Monica partorisce la seconda cucciolata. E si sa che l’occasione fa l’uomo ladro.
Ignorando con sfacciata indifferenza le iniziali proteste di mio padre, si decide di allargare la famiglia.
Agosto 2003 Duska varca il cancello e calpesta l’erba del giardino per la prima volta.
Il contrasto è subito evidente: a poco più di due mesi già supera la stazza delle altre tre miniature di casa.
Come l’arrivo di un bimbo sa ringiovanire anche il nonno più acciaccato, così l’allegra indole della cucciola ringalluzzisce la truppa.
Sorvolando sulle piccole inevitabili incomprensioni, la crescita prosegue armoniosa e abbondante.
Ma c’è un piccolo neo: Duska si immedesima così tanto nel gruppo, che i suoi circa 38 kg diventano insignificante dettaglio.  Evidentemente anche negli animali non è importante come si è, ma come ci si senta!
Da buon toro, profilo astrologico ovviamente, non c’è impresa che non voglia portare a termine, non ammette i suoi limiti fisici.
Quant’è piacevole giocare a nascondino sotto al letto, purtroppo viene subito scoperta, perché non riesce a infilarvisi oltre le spalle.
E la fatica di sedersi sulle sedie della cucina? Si impegna testardamente a dismisura, fino a quando riesce ad arrampicarsi e con la coda a penzoloni deborda soddisfatta.
I piccoli si appoggiano alle tue gambe per festeggiarti, lei pure,  ma è bene assicurarsi di avere il sostegno di una parete dietro, non il vuoto di una rampa di scale!
Alle volte forse per rincuorarsi di un brutto sogno, cerca di dormirti vicino la notte, sul letto, il mio, singolo.. e

[continua a leggere...]

   5 commenti     di: Marta Niero


Oggi

Il caldo oggi, picchiettava sulla mia testa. I suoi raggi lambivano l' area circostante, facendo salire di netto la temperatura. Io, impegnato al lavoro, sudato dalla testa ai piedi, ma felice.
Oggi, in serra si poteva morire, ma ero felice, ero felice di essere li, a sudare, a toccare quelle piante. Oggi ho visto solo il pomodoro, piccola pianta esile, che, qualche volta, l' ho anche spezzata. I bombi* ronzavano nell' aria, producendo fortissimi rumori. Uno mi si è quasi posato sulla spalla, ma, dicono che non fanno niente, io ci credo, basta non avere paura, e, loro non la sentono.
Basta volergli bene, anche ai bombi. Impollinavano tranquilli i fiori giallognoli delle piante e, io gli passavo affianco, senza disturbarli. Tutti si chiedevano, forse, come facevo a non avere paura. Bhè, ma si sa, chi cresce con la natura, non ha di certo paura di due api più grosse del normale!
Tutta una serata, tutta una sudata, in serra. Però sono stracontento.
Alle 18, 30 finisce il mio turno, esco dalla serra e mi dirigo verso nonna, passando da quella stessa strada, percorrendo quei tratti faticosi della vigna, salendo una salita, per poi scendere in discesa.
Nella discesa, attendevano curiosi, i miei cani, che, come al solito, mi hanno fatto le feste. Sono rimasto lì per un po' , a chiaccherare con la nonna, la mia nonna così saggia. Ormai è diventata come una amica per me, e seguo tutti i suoi consigli. Poi, ho fatto una bella passeggiata, pensando a tutto quello che vorrei fare, segnarmelo per la mente, senza mai perderlo.
Tornai a casa con babbo, questa sera. Girai più volte la faccia, perchè Capo Caccia, mi offriva un' altro dei suoi tramonti da favola.
Seguii il sole, che, piano, scendeva sull' orizzonte, quasi il mare lo stesse inghiottendo. Si iniziarono a formare dei colori armoniosi, più belli dell' altro giorno.
Giallo, mi fece ricordare i fiori del pomodoro, piccoli, gialli, e che producono frutti buonissimi.
Arancione, mi ricordò le albi

[continua a leggere...]

   5 commenti     di: Giuseppe Tiloca



Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

Racconti sulla naturaQuesta sezione contiene racconti sulla natura, gli animali, piante e fiori