username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti sulla nostalgia

Pagine: 1234... ultimatutte

Ombre (prima parte)

La vetrina risplendeva di mille colori, e il nero del velluto si rifletteva sul bianco della seta lanciando ammiccanti occhiate agli acquirenti. Giacche, pantaloni, maglie di tutte le taglie sorridevano a coloro che passavano, immagini vaghe di sogni proibiti e forse troppo lontani per essere raggiunti. Il ragazzo stava in piedi sul marciapiedi, e le ombre che si proiettavano dalla vetrina s’incontravano sul suo corpo per disegnare forme incomprensibili agli occhi dei passanti; ma lui non se ne curava, forse nemmeno le vedeva, perso nei sogni dei vestiti che lo chiamavano, chiavi d’accesso ad un magico mondo di desideri e piaceri, piaceri che si concentravano in notti passate in una discoteca- il Karma- e lei che lo guardava e gli diceva mi piaci, ti voglio qui e subito e loro due uscivano insieme ed andavano a passeggiare sulla spiaggia, loro due soli, le mani che si sfioravano e allora non ci sarebbero stati né la spiaggia, né il traffico lontano che gridava né i pedoni che camminavano distratti e indifferenti ai pensieri altrui…solo loro due e lì, in riva al mare, il traffico che gridava ma era lontano, sotto una calma luna primaverile si sarebbero baciati e lei gli avrebbe detto- piano ma la sua voce avrebbe sovrastato il mare: “Ti amo”. Ma per tutto questo ci voleva il vestito, la macchina, l’ingresso per il Karma, e lui, mentre guardava la vetrina, pensava che ci dovesse essere un modo per procurarsi i soldi, e che chissà chiedendo a Trent forse ci sarebbe riuscito- e le ombre si allungavano, invadevano la strada che si riempiva sempre più di pedoni affrettati, con il sole calante che annunciava il sabato sera imminente- e per alcuni, per Eddy tra questi, anticipo della notte esplosiva di sogni, ambizioni e desideri che chissà se si sarebbero avverati.
Una macchina inchiodò, e Trent gettò il mozzicone di sigaretta dal finestrino prima di rispondere con un gesto annoiato al clacson che suonava dietro di lui “Perché ti sei fermato” str

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: Simone Mascardi


QUELL'ESTATE DEL SESSANTOTTO

< Ciao. > Più che un saluto sembrava un’esplosione di entusiasmo. Istintivamente mi guardai attorno, eravamo solo io, lei e l’addetto al garage, tutto indaffarato a sistemare le auto.
Non c’erano dubbi, era proprio rivolto a me. La guardai con maggiore attenzione, cercando disperatamente di ricordare. Nonostante gli sforzi, non avevo la minima idea di chi fosse, < Come stai? > Mi chiese avvicinandosi con decisione < Bene, e tu? > Risposi in modo poco convinto.
Sorridendo mi prese sottobraccio < Non mi hai riconosciuta?!! Tu invece non sei cambiato molto. > Non riuscivo proprio a ricordare.
< Nella. Estate 1968, Hotel Moderno, mi aiutavi con i bambini; ricordi? >
Aveva pronunciato quelle parole con un tono normale, come se stesse parlando di qualcosa successo ieri, invece erano trascorsi esattamente diciannove anni.
Nella! Credo di avere smesso di respirare. - Nella! - Questa volta, quasi gridai. < Sei proprio tu. > Balbettavo, non riuscivo a controllare la tensione, la fissavo incredulo.
Per un attimo pensai allo stupore dei miei collaboratori se avessero potuto vedermi.
Per fortuna lei comprese e mi abbracciò. Era così anche allora, riusciva a cogliere i miei imbarazzi, le mie insicurezze. Faceva sempre la cosa giusta per farmi sentire a mio agio.
Come avevo fatto a non riconoscerla? Certo vent’anni sono tanti, ma il suo sorriso, le fossette sotto gli occhi, il broncio di eterna bambina erano gli stessi. Nemmeno il fisico sembrava essere cambiato molto, anche se, per la verità, la pelliccia lasciava intravedere ben poco..
Ecco cosa mi aveva tratto in inganno, non l’avevo praticamente mai vista con gli abiti addosso.
Non potrei descrivere cosa stavo provando, avevo ripensato a lei migliaia di volte, la sua immagine, il suo ricordo, la nostra storia, erano qualcosa di prezioso che conservavo gelosamente, ma era un capitolo archiviato. Trovarmela di fronte significava dover fare i conti con la realtà e io, non vole

[continua a leggere...]

   8 commenti     di: Ivan


SuperMonteRadio - l'inaugurazione

Inverno, metà dicembre 1977

Sono passati due mesi, due lunghi, lunghissimi, estenuanti mesi, ma anche intensissimi e, per questo volati via in un soffio. A leggere il calendario dovremmo essere ancora in autunno ma effettivamente siamo in pieno inverno. In montagna, con il paese esposto a tutti i venti, si può tranquillamente sostenere che qui davvero non esistono le mezze stagioni, si passa semplicemente dall'estate all'inverno così come dall'inverno all'estate. Il freddo che attanaglia Montepiano si placherà solo a giugno in concomitanza con la chiusura dell'anno scolastico poi, di colpo esploderà il caldo. Così è da sempre e, probabilmente, così sarà per sempre.
Anche questo 1977 non è da meno, a metà dicembre si indossano cappotti e giacconi pesanti e, soprattutto la sera, i camini accesi attirano molto più della passeggiata lungo il Corso. La sosta, invece, nelle macchine parcheggiate in piazza è refrattaria ad ogni stagione, per cui ad intervalli più o meno regolari si odono motori accendersi e rombare immobili, giusto il tempo di far riscaldare la temperatura interna all'abitacolo.
Dopo la fatidica e decisiva riunione ne sono susseguite altre, tutte fatidiche e decisive per l'intensità con cui sono avvenute, aventi quasi sempre le stesse dissertazioni; in effetti, circa gli argomenti tecnici sono tutti in balia di Mario Ferri, il tecnico radiofonico elettricista tutto fare. Chi s'è visto saltuariamente è l'altro Mario, il consulente, a cui basta una telefonata per mettere al corrente i soci sull'iter burocratico. Ogni tanto sono stati precettati per apporre firme su qualche documento ma niente di più.
In paese, invece, è tutto un ribollire di discussioni e soprattutto un continuo andirivieni, quasi una fervente processione, verso la cima della Serra Antica a constatare l'avanzamento dei lavori. Questi, peraltro, sono andati miracolosamente veloci nonostante gli intoppi tecnici e a dispetto di una improvvisa quanto prematura nevicat

[continua a leggere...]

   3 commenti     di: Michele Rotunno


le mie ali... rattoppate

... amavo volare...
come il gabbiano Jonathan le ali mi facevano salire ad altezze vertiginose da cui mi tuffavo fino a sfiorare... il mare, poi risalire ancora sempre più su fino quasi a toccare il cielo ed ancora planare fluttuando dolcemente fra le nuvole...
Cresciuta a pomeriggi di studio, pane e nutella e Azione Cattolica (gli adolescenti della mia generazione erano suddivisi in due sottinsiemi complementari : Azione cattolica e " partito")
sognavo...
sognavo come tutti di cambiare il mondo
sognavo girotondi di mani colorate
e poi...
amavo cantare, amavo gridare la mia voglia di vento nei capelli o di quell'acqua davanti agli occhi che mai avrebbe arrestato la mia corsa...
vedevo il sole nei vicoli più bui
vedevo stelle luminose sorridermi
vedevo questa " palla" ruotare non solo nel verso sbagliato...
... poi lentamente la nuova vita adulta, decisamente terrena, dapprima mi cullava e poi mi avvolgeva nelle sue spire...
Ma le mie ali dov'erano finite?
per anni invano le ho cercate!.. nulla...
dovevano essersi disintegrate, forse completamente atrofizzate o... banalmente dimenticate chissà dove...
Senza il loro aiuto ho riprovato a volare: un balzello con un piede poi con l'altro, infine con entrambi e faticosamente ho spiccato il mio primo piccolo... bassissimo volo...
Testarda, cocciuta ho continuato imperterrita nei miei allenamenti; sono riuscita ad inciampare, a cadere, a rialzarmi...
Poi un riflesso luminoso e nei meandri della mia memoria. un ricordo lontanissimo che mi scuote e mi fa correre nella mia vecchia stanza, da anni perfettamente in ordine, dove le ritrovo appoggiate sulla poltroncina accanto al letto : irriconoscibili, malconce, ingrigite, addirittura bucate...
Con polvere di fata le ho pazientemente ricucite, rammendate ed ora con queste ali rattoppate sono pronta. a spiccare il volo verso quel mondo di mani colorate già pronte ad afferrarmi per farmi entrare nel loro girotondo.

   9 commenti     di: alice costa


2 - SABATO. Sul viaggio di ritorno

Alle sei devo trovarmi a casa, sono in corsia di sorpasso e penso: com’è strana la vita, continuo sempre a ripetermelo da quando faccio questo lavoro. L’autobus è semideserto 9-10 persone in tutto, radio spenta, il mio collega dorme tre sedili più indietro. Ma alla fine che cos’è la vita? La strada asfaltata che corre via sotto di me? Gli autotreni stranieri che non si sa da dove arrivano e non si sa dove vanno? La vita è un dono, una sorpresa, un dispiacere. Ogni giorno le posso dare un significato diverso. Oggi per l’ennesima volta mi sono venuti gli occhi lucidi. Mi succede sempre quando vedo due persone che si salutano, forse per l’ultima volta. Stamattina si trattava sicuramente di un fratello e di una sorella: era lui che ripartiva, probabilmente tornava in Argentina. Adesso, mi vengono in mente storie di nostri emigranti, quando all’epoca non c’era molta scelta: o partivi o morivi di fame. E lui ripartiva di nuovo: capelli bianchi, viso segnato dal tempo, mani che parlavano di sacrifici e due occhi piccoli e rammaricati: ”Forse questa è l’ultima volta che ci salutiamo”, sicuramente sarà stato questo quello che avranno pensato mentre si abbracciavano e piangevano. Un attimo dopo ho chiuso la porta, dato un po’ di gas all’acceleratore e ho “diviso” forse per sempre due vite, due anime.
Non riesco a rimanere freddo e ogni volta è sempre la stessa storia. Mi commuovo come un bambino.
Biiiip, la sbarra del casello si alza e in questo momento sembra una bandiera a scacchi più che un congegno automatico delle autostrade, la giornata lavorativa è prossima alla conclusione, alle sei devo trovarmi a casa per le solite faccende. Da quando vivo solo, tutto è in funzione della mia volontà. Se si fa la spesa il frigo è contento quando lo apro, altrimenti quel vuoto triste mi suggerisce solo una cosa: è meglio che stasera ceno dai miei!
Infatti, sono quasi le 20 quando suono il campanello della mia “vecchia” casa, mi apre mi

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: Emilio C.


Il tempo del Loden Cap. VII da "Le finestre di Mara"

E finalmente anche Mara comprò il suo Loden. Era arrivata nella Città del Nord con un montone grigio che le aveva regalato sua madre, preoccupata per il freddo di quel luogo.
Lo aveva indossato con molto piacere perché riparava magnificamente, anche se i suoi amici la prendevano in giro chiamandola “piccolo borghese”.
Tale termine aveva allora una connotazione negativa perché significava conservatrice, reazionaria. Sapeva comunque che loro scherzavano e non se ne preoccupava affatto. Fu però il nomignolo scherzoso dei suoi allievi “madamin” che le fece cambiare idea. In quel periodo, infatti, spesso “l’abito faceva il monaco”. Dall ’aspetto si distingueva se una persona era schierata da una parte o dall’altra. Per esempio i ragazzi di destra che preferivano vestirsi, soprattutto nei primi anni 70, ancora con giacca cravatta e capelli corti, utilizzavano i Ray-Ban, occhiali a goccia, diventata per loro una marca simbolo.
Così, per sentirsi allineata, un giorno anche Mara decise di fare il grande passo: abbandonò il caldo montone borghese di sua madre per indossare il nuovo indumento. Ne scelse uno di media qualità perché il vero Loden, con la sua bella lana morbida di lana mohair a pelo impermeabile e bottoni rigorosamente di cuoio, lo possedevano in pochi in quanto molto caro. Quello più diffuso era una imitazione di questo nel taglio ma non nella qualità della stoffa, molto più ruvida con i bottoni in plastica che riproducevano semplicemente il disegno in pelle. Il nuovo capo ricordava per il colore l’eskimo sessantottino ma a differenza di quello si era diffuso largamente sia tra gli uomini che tra le donne. Forse sottolineava una maggiore parità tra i due sessi ottenuta con le lotte femministe . Alla fine anche Andrea, spinto da Mara, a fu costretto a comprarsene uno. Così il vecchio eskimo, spesso usato anche come coperta, ricordo di tante battaglie politiche e amorose fu messo in so

[continua a leggere...]

   2 commenti     di: MD L.


Quanto è necessario...

Quanto è necessario sottoporre la propria anima ai patimenti e alle afflizioni quando si è divorati dal sacro fuoco dell’arte?
( Mah!?! )

Quando fu inaugurata nell’Ateneo universitario della gran città di * una pregiata mostra di pittura, gli organizzatori si trovarono d’accordo nel principio di emarginare il pubblico “grosso”, e a causa di una deplorevole cantonata sulla qualità della rappresentanza composta da Carmine e Patonsio?" in verità non solennizzati da austeri paludamenti (stante la irrinunciabile esigenza di libertà di manovra garantita da abiti…si dirà…confortevoli, in particolare quelli di Patonsio) ?" i nostri segnalati beniamini furono invitati?" attraverso la perentoria sollecitazione a guadagnare l’uscita?" ad inalveare altrove il proprio desiderio di tracciare nuovi confini nel campo della dimestichezza con le arti figurative, la qual cosa alimentò un rinnovato impulso a disseminare morte e distruzione nell’indole già esacerbata dell’eccellente Patonsio.
La spiacevole circostanza costrinse i due valorosi a non poter quindi riferire granché sull’evento principale, e invece nulla fu loro defalcato riguardo alla conoscenza?" che sarà infine posseduta in comune col benevolo lettore?" di fatti accessorî.
Che saranno qui di seguito riassunti.
***
Don Concetto Parrapicca, noto coltivatore di ciliegino sanguigno, e vera celebrità quale pappatore di interiora e succhiatore di un certo vinetto?" che possono celebrare a gloria il Signor Parroco di Castellazzo di Sotto, il fittavolo Signor Turi Magagna inteso Turi Giustizia (a motivo di una sua eccentrica disposizione a castigare incauti giovanottini di esitante identità sessuale), il Poeta etilista mistico don Fonfelmo di Perso e altri accreditati scienziati della materia?" uscì, in quell’occasione, come suol dirsi, fuori dai gangheri, e con ragione, contro gli screanzati dell’Ateneo.
Egli aveva un nipote a nome Gaetano, universalmente indi

[continua a leggere...]




Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

La pagina riporta i titoli delle opere presenti nella categoria Nostalgia.