William ed io sedemmo al tavolo del bar, ordinando due seltz al limone e un dolce da dividere. Il suo giacchetto rosso ricadeva mollemente dallo schienale della sedia, dandomi la vaga idea di un mantello regale abbandonato con noncuranza. La sgraziata jazz band del locale arrancava con difficoltà tra un brano e l'altro, ciò nonostante il piede di William continuava a battere seguendo quel ritmo incostante e testardo. "Suppongo che lascerai presto il lavoro, se hai deciso di partire", arrischiai a dire mentre disegnavo spirali invisibili sul panno verde del tavolo. "La mia non è una partenza, Kay. Ma non parliamone qui, te ne prego. Questo locale è già fin troppo triste senza i nostri discorsi."
Mi arresi, decidendo che sarebbe stato meglio continuare a studiare i suoi occhi bruni, senza parlare. Arrivò l'ordinazione, portata da un biondo e grasso cameriere, agghindato nella sua camicia inamidata e nelle scarpe nere lustrate con maniacale cura. Quando il dolce fu finito lasciai che pagasse anche per me, prima di uscire nella calda notte di New Orleans. "Torniamo a casa, ti va? Ho bisogno del tuo gin per dormire.", William mi guardò con qualcosa che sembrava tristezza, prese la mia mano e chiamò un taxi. L'abitacolo mi restituì quel lieve giramento di testa che credevo di aver perso entrando nel bar. Mi poggiai a lui e il suo braccio mi circondò teneramente il collo. Si abbandonò completamente al sedile, quasi temesse che con la resistenza al sonno ci sarebbe stato un attimo in più di pazzia. "La mia non è una partenza, Kay. Saremo entrambi vecchi quando avrò abbastanza denaro per un viaggio. Ma ti amo, nonostante tu non voglia accettare la mia decisione di entrare nell'esercito. Ora dormi, domani è oggi. Non abbiamo tempo per dire altro."