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La Closchard

Prima parte
"Bisogna aiutare i meno fortunati di noi. La prossima volta giuro che non sarò di braccio corto".

Questo raccontavo a me stesso ogni volta che incrociavo un barbone.
Mi è sempre suonato male questo termine.
Il barbone è una persona con la barba lunga; pertanto, tale termine, male si presta a rappresentare una condizione che può essere di ambo i sessi.
Forse è meglio chiamarli clochards. Quelli che camminano "à cloche"pied", che si trascinano senza meta guardando un piede dopo l'altro che avanza.
Meglio ancora chiamarli "senza tetto", nel senso civico che noi diamo al termine residenza come posto dove la società viene a cercati per chiedere conto delle tua azioni, magari utilizzando sigle NFA, SDF (No Fixed Abode Sans domicile fixe).
Personalmente, la cosa che mi colpisce di più di questi individui sono gli occhi. Il loro sguardo vuoto e rassegnato. La quinta essenza della percezione temporale dell'ora, inteso come adesso, il presente, senza ieri e senza domani.
Per questo motivo Lei mi colpì; i suoi occhi erano diversi".
Ero a Milano dalle parti della stazione centrale. Uscito da una riunione durata meno del previsto, facevo due passi nei dintorni.
Fu allora che la notai. La solita Donna senza età, infagottata e informe dalla coltre di vestiti sovrapposti che portava indosso. Capelli da pazza di colore grigio cenere. Sembrava una lumaca in retromarcia che invece di trascinare la propria chiocciola, spingeva lenta la sua casa carrello di supermarket, sede di tutti i suoi averi terreni.
Insomma una delle tante anime di purgatorio che orbitano attorno alle stazioni delle grandi città. Quando però percepì la mia attenzione, alzo il capo e si guardò attorno alla ricerca di qualcosa. Era come se il mio sguardo l'avesse destata da chi sa quali meditazioni profonde. I nostro occhi si incontrarono, i suoi erano quelli vividi e profondi di una mente indagatrice. Sorrise sorniona e venne verso di me. "Offrimi qualcosa da mangiare e ti darò quello che desideri" mi disse.
Sorpreso le risposi: "E che ne sai tu di cosa può desiderare uno come me". Lei di rimando disse: "Fidati. Lo so, lo so. È la mia magia, il mio super potere. Lo scopo della mia inutile vita è scoprire ciò che si nasconde negli altri. Sono capace di far riaffiorare il se profondo degli individui. Dissotterrare le cose di cui spesso non si ha percezione ma che alla fine, influiscono su ciò che dimostriamo di essere con le nostre azioni".
"Sei matta!"gli dissi e Lei "No! Non sono matta. È un mio dono. Non sono matta, davvero. Sono solo un po' smemorata. È questo il mio prezzo da pagare. Tu lo sai vero che c'è sempre un prezzo da pagare? Beh ricordatelo! Il mio prezzo è che scavando nei labirinti delle anime altrui dimentico spesso la strada di casa. Chi sa quale sarà il tuo".

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