L'ago si infila nella stoffa seguendo un preciso disegno che qualche mente ha preordinato.
Con estrema rapidità sul panno fili colorati formano una figura.
Dopo breve un'altra pezza prende il posto di quella che l'ha preceduta, e l'ago si infila di nuovo nella stoffa.
È così da molto tempo, e rimarrà tale per un tempo altrettanto lungo, almeno finché qualcuno comprerà quelle stoffe ricamate.
C'è qualcosa di inquietante in questo.
Siamo circondati da oggetti che altri hanno progettato e costruito.
Oggetti che rispondono ai loro gusti e bisogni.
Oggetti che abbiamo pensato essere belli e necessari perché tanto ci è stato detto.
Non ho scoperto una gran cosa, vero?
È la società del consumismo, dell'omologazione.
Dove non si entra in possesso di ciò che serve, tantomeno di quello che piace.
Dove si è sicuri di fare la cosa giusta solo se è già stata fatta da migliaia di altri. Milioni. Miliardi.
Sì, continuo a ripetere ovvietà, ne sono pienamente consapevole.
Vi prego quindi di usare un po' di pazienza, perché il preambolo è funzionale all'epilogo.
Un pensiero è la materia di base di un concetto che trova successivamente attuazione.
Dietro ogni cosa, concreta od astratta che sia, vi è un pensiero.
Prima di un mobile, vi è un suo pensiero.
Prima di un libro, vi è un suo pensiero.
Prima di una legge, vi è un suo pensiero.
Prima di un voto, vi è un suo pensiero.
Non necessariamente il nostro pensiero.
Non perché non ne siamo capaci, solo che ci siamo disabituati.
Al massimo lo utilizziamo come carta da imballo.
Ora, io mi chiedo, e vi chiedo, se è possibile ritenere attuabile un cambiamento radicale del vigente sistema che governa le nostre vite.
Non c'è bisogno di rispondere subito.
Pensiamoci bene.
Intanto l'ago si infila nella stoffa...