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TANGENZIALE EST: CODA PER INCIDENTE IRRISOLTO

Tutto quello che riusciva a vedere era una luce blu intermittente sopra di lei e, più in alto, una macchia luminosa arancio abbagliante. Richiuse gli occhi all’istante. Sentiva qualcuno che parlava vicino, ma capì solo qualche parola confusa: “Valori alterati, ... ossigeno”. Voleva parlare, ma le labbra non riuscivano a schiudersi. Cercò allora di muovere mani e piedi, ma nulla.
Silenziose due lacrime iniziarono a scenderle sul volto, l’unico modo in cui riusciva a comunicare il suo risveglio. Qualcuno, forse una donna, se ne accorse e iniziò a chiamarla concitata: “Miranda, mi senti? Muovi gli occhi dai. Miranda ci sei, dimmi qualcosa”. Miranda restò immobile iniziando a piangere più forte per rabbia, paura… impotenza. Le misero una maschera sul viso, sentì freddo, e respirò profondamente. Provò a spostare quei macigni dalle sue dita, le mosse un po’. Piano piano i pensieri si misero in fila, capì di essere sdraiata su qualcosa di duro, ruvido e caldo. Si trovò con quattro occhi sconosciuti puntati su di lei, le toccavano il polso, le sorridevano. “Miranda ci sei?”. Sbattè le palpebre, era un sì.

Tutta quell’acqua le scivolò via dalle pupille, vedeva piedi, tanti piedi, sentiva un rumore di gomma bruciata, vedeva il cielo di un tramonto infuocato, qualcuno parlava lì intorno. Una fitta alla tempia, un flash dietro le palpebre chiuse, il volto di Fabrizio si disegnò all’istante. Dov’era adesso? Lo vedeva furente, un secolo fa o forse un attimo prima. Cercò di alzarsi, l’ossigeno iniziava a farla stare meglio, non voleva starsene inerme, voleva scappare via. La aiutarono e si appoggiò con la schiena al pneumatico dell’ambulanza, parcheggiata con le portiere ancora aperte e qualcuno che trafficava intorno.

La macchina di Fabrizio era distrutta. Schiacciata contro il new jersey, il parabrezza in frantumi, gli air bags scoppiati. Tra le lamiere e quell’inferno cercava il suo viso. Un piccolo drappello di sconosciuti si aprì e lo vide spuntare tra gambe concitate. Anche lui seduto, dall’altro lato della strada. Non sembrava ferito, parlava tranquillo con gli agenti della stradale e spiegava le sue ragioni.
Miranda non riusciva a sentire i loro discorsi. Lui non si accorse nemmeno che lei lo stava guardando. Sembrava calmo. Provò una morsa allo stomaco e una gran voglia di vomitare. Appoggiò i gomiti alle ginocchia rannicchiate e si sostenne la testa. Sentì squillare un telefono, un dannatissimo telefono, e si trovò di nuovo in quella auto, un’ora prima.

“Chi era?” chiese lui. Miranda tornò a guardare fuori dal finestrino, mentre una strada qualsiasi li conduceva chissà dove, non voleva litigare ancora, non voleva dare spiegazioni, sperava che una verità potesse bastare a salvarla dal quell’ ormai familiare preludio di follia.
“Era Daniele vero?” Lei accennò uno stanco sì con la testa: “Voleva solo sapere come stavo”. Anche senza voltarsi verso di lui, lo vedeva già sbiancare, con le labbra serrate e le mani ferocemente attaccate al volante, livide e frementi.

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3 commenti:

  • Ivan Benassi il 19/08/2007 00:38
    Davvero bello, scritto bene, scorrevole, mai banale. A rileggerti. Ciao.
  • Maurizio Triolo il 23/12/2006 20:36
    Sono perfettamente in linea con il commento di billijoe... brava.
  • billiejoe. il 04/12/2006 09:49
    difficilmente porto a termine la lettura di un racconto.. qui.. un po' per il tempo.. un po' perchè nn posso portarmi il pc in treno.. e leggerlo come fosse un libro.. questo racconto però mi ha fatto venir voglia di aspettare la fine.. molto ben scritto.. complimenti..

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