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L'operazione è riuscita, il paziente è morto

Si trovò al culmine della sua malattia. Lì, seduto tra le coperte asciutte e sommerso dall'odore d'ambiente sterilizzato, aveva quell'unica certezza. Come quando ci si sveglia improvvisamente dal sonno, faticava ad orientarsi e le idee ingarbugliandosi gli ronzavano nella scatola cranica. Non ricordava praticamente niente, nessun passato, amici, affetti; come se quella malattia imprecisata fosse l' inizio, o meglio un eterno presente. Era tuttavia estremamente quieto nella sua convinzione sulla malattia la quale, divenuta quasi insopportabile per il suo fisico, lo avrebbe ucciso o, grazie all'avanzata tecnologia medica, avrebbe incipiato il naturale decorso. D'un tratto irruppe un infermiere, robusto sotto il camice bianco. -certo potevano mandarmi una bella crocerossina! fu il suo pensiero, poi, fissando infastidito la bottiglia di acqua troppo lontana dal suo letto - scusi mi passerebbe un bicchiere d'acqua? L'altro burbero -cosa vuoi? Tranquillizzati;il medico che ti opererà stasera è stimatissimo... un vero luminare. Così il paziente rimase interdetto ad osservarlo allontanarsi, cupo nella sua indifferenza.
...

Quando si svegliò provava un insopprimibile fastidio acuito dalla stanchezza e dalla gola riarsa di sete; gli si gettarono addosso 3 o 4 camici bianchi festanti- l'intervento è riuscito! evviva, evviva si sente bene? Tutti urlavano e si sbracciavano congratulandosi -l'abbiamo resuscitata o no? tuttavia sembravano parlare tra di loro, infischiandosene di lui. Infatti quando bofonchiò -macchè guarito, dottori! guardatemi in faccia, vi sembro più vivo di ieri? passatemi un bicchier d'acqua una buona volta... essi scossero la testa senza comprendere e si precipitarono fuori a festeggiare l'impresa. Lui no, rimase fermo al suo posto. Era ancora malato, certo che lo era! Si percepiva lo stesso di prima e lo specchio posto sul comodino al suo fianco non poteva far altro che rafforzare la sua certezza... Così, abbarbicandosi giorno dopo giorno al suo letto d'ospedale, attendeva l'apice del dolore e la catarsi che ne sarebbe seguita. Pativa spesso la fame e la sete, sebbene tutti i medici increduli fossero tornati al suo capezzale e rimbalzassero freneticamente per la stanza; avvizziva poco a poco. Nei rari momenti in cui il rumore spasmodico di piedi concitati, bisturi, provette si acquietava rimaneva solo coi suoi pensieri nei quali godeva un gran refrigerio. Eppure era subito distratto da quelle belle nuvole al di là dei vetri, che si districavano in mosaici di chiaroscuro corrosi da un filamento dorato di luce. Com'erano indifferenti al suo male! Oppure indagava tratto a tratto la sua stanza, colpito dall'indicibile quantità di oggetti inutili o addirittura nocivi. Che rabbia quella bottiglia d'acqua fresca a un kilometro da lui! quell'orologio col suo ticchettio - a cosa diavolo gli serviva sapere che ora era? Cominciava persino a sospettare che i medici lo tormentassero volontariamente. Nei sogni infatti essi si aggiravano in un castello tetro, armati della scure affilata del boia. I suoi aguzzini lo cercavano senza tregua e lui ne sentiva rintoccare i piedi tozzi sul pavimento. Ma, quando finalmente l'avevano scovato sotto la luce livida del lampadario, adagiato indifeso accanto al camino spento, si limitavano ad abbassare il cappuccio nero e voltavano le spalle come se non fosse lui la preda agognata. Altre volte osservava stizzito le dimensioni attorno a lui: la porta troppo alta, il letto enorme in cui il corpo raggrinzito si perdeva. E come in un incubo i contorni mutavano andando a rimpicciolirsi o ingrandirsi mostruosamente per poi aggrovigliarsi in una matassa confusa di colori, suoni, sensazioni soffocanti. Rivolgendo lo sguardo al corridoio, usurato dal frenetico andirivieni di ciabatte forellate, si domandava - cosa ci faccio io qui? cosa centra quest'inferno travestito da ospedale con la mia guarigione? E solo l'inerzia lo convinceva a tenersi stretto il suo lettuccio. Renato, un medico tra i più ottusi, sovente gli si avvicinava informandolo, con le gote congestionate, sui dati delle analisi, ovvero: sano come un pesce. E siccome se ne restava lì come chi abbia posto una domanda urgente e desideri risposta, lui con aria serafica dichiarava -si signore! una macchina perfetta, rotelle a posto e ben oliate... mi mancherebbe solo un bicchier d'acqua... Ma stava peggiorando rapidamente. Fermatosi a guardare in faccia la sua malattia, la vita, invece che dominarla ne era adesso travolto ed essa accellerava senza tregua invecchiando precocemente la sua pelle flaccida. La fine era vicina, arrivò. Quella notte sognò di guarire e vivere, vivere lieto e lontano dai timori; al mattino gli inservienti constatavano che il sorriso radioso accesosi sulle sue labbra vitree era tutto ciò che restava del paziente.

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