Il ticchettio dell'ascensore scandiva il passaggio dei piani e misurava il fetore dell'alito del mio vicino. Solo lo specchio alleggeriva quella prossimità coatta e la sfiga che abitassimo tutti e due al quinto piano.
1 piano: -non si sa più come vestirsi- disse con tono solenne.
- è meglio a buccia di cipolla, ovviamente- risposi.
2 piano: - ma lo sa che le ciliegie iniziano care e finiscono care?- proseguì con tono saccente. Mi morsi la lingua per non rispondergli ed interrogarlo sul mistero dei calzini spaiati dopo la centrifuga.
3 piano: -ha sentito del vicino del piano di sotto? Chiese in modo retorico. - No!- risposi come per cacciare una zanzara fastidiosa.
4 piano: - certo che ha smesso di soffrire. Forse è meglio così! Ha abbandonato questa valle di lacrime ed è andato a star meglio. Io l'ho visto in camera ardente, sembrava dormisse. Ma che peccato! aveva tutta la vita davanti. Sono sempre i migliori quelli che se vanno.
- Tra i miei pensieri l'omicidio premeditato era quello che aveva la nomination per essere favorito. Avrei invocato la legittima difesa, oppure, l'infermità mentale; del mio vicino ovviamente.
5 piano, si aprono le porte dell'ascensore: -mi ha fatto piacere incontrarla- disse con la sincerità di un bambino ottuso. - bussi quando avrà voglia di fare quattro chiacchiere, la mia porta è sempre aperta.
con l'ipocrisia di un politico in campagna elettorale risposi: -certo! Terrò presente l'invito.- e me ne andai.