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Pensandoci meglio

Con la fronte sudata Gianni guardò l'orologio. Erano le 4, notte profonda, una notte che non voleva passare, per lui era una notte in preda agli incubi.
Era uno di quei sogni simili ai racconti swiftiani, ambientati in realtà diverse, lontane dalla sua, mondi che parevano inimmaginabili, impossibili, ma per nulla invidiabili. Non per uno come Gianni almeno. Sembrava gente felice, libera, contenta. Sì, perché basta poco per essere liberi, basta un lavoro. Proprio questo concetto ricordava un'insegna al centro di una grande piazza, probabilmente la principale. E di lavori ce n'erano veramente tanti, insegnanti, medici, giudici, agricoltori. Non c'erano politici, se non la figura del capo e qualche consigliere, ma al loro posto c'erano tanti impieghi utili per la società come il conta pietre, il ventilatore oppure il costruttore di castelli di sabbia. E tutti erano liberi, tranne gli anziani, i bambini, qualche malato e i detenuti. Veniva ripetuto: "Bisogna solo lavorare per essere liberi", ma loro facevano di testa loro, la sera qualche volta si mettevano a pensare. Ecco perché non erano più liberi!
Si chiamava Wonderland la città e gli abitanti avevano delle curiose abitudini. La mattina si alzavano presto per andare a lavorare e poi la sera si affrettavano a tornare a casa. Ogni giorno in televisione, oltre ai telegiornali, trasmettevano La Lotteria della Fortuna, un programma in cui venivano estratti due cittadini che vincevano una fetta di pane. Se venivi scelto dovevi considerarti fortunato, il governo si era ricordato di te, ti aveva finalmente premiato. E dovevi anche andare a ritirare il premio, per la non riconoscenza della gratitudine erano previsti due mesi di reclusione, uno per ogni fetta. E si diceva che se un giorno ti dimenticavi di vedere la trasmissione come per punizione veniva estratto il tuo nome. L'estrazione iniziava ad un orario variabile, spiegavano che la fortuna doveva essere sempre attesa. Solitamente la prima estrazione avveniva nella fascia dalle 1930 alle 2030 perciò puntualmente alle 19 ciascuno accendeva la televisione del suo monolocale. Ogni persona viveva in appartamenti di una singola stanza perché era risaputo, chiunque poteva essere tuo nemico.
Wonderland era da poco entrata in guerra con Faithtown. Erano stati loro a provocare il conflitto, Wonderland ripudiava la guerra come strumento di offesa., dicevano. Inoltre si ricordava che tutti avrebbero dovuto lavorare sodo perché quell'anno la produzione era inferiore a quella del periodo precedente. Infine al telegiornale avevano detto che quel giorno avrebbe piovuto, ma Gianni era uscito di casa lo stesso. Non una goccia, non un'anima, non un rumore. Si avviò verso la piazza per la strada buia e scoprii che lì c'era qualcuno ad attenderlo: un cecchino.
Si svegliò di scatto. Accese la luce e prese un foglio su cui scrivere le differenze tra la sua realtà e quella del sogno. Subito ne scrisse un paio, poi pensandoci meglio...

 

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1 commenti:

  • Nunzio Campanelli il 19/09/2011 14:35
    Pensandoci meglio, letto il tuo racconto mi vengono in mente queste parole "Arbeit macht frei". Mi sbaglio?

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