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Solo il tempo cambia

Anche quella mattina, come era solito fare, il vecchio e zoppo contadino uscì di casa al sorgere del sole e, come al solito, l'intero villaggio se ne accorse. Niente di particolarmente arduo, viste le continue, maligne imprecazioni e le continue offese che era solito lanciare riferendosi a tutto ciò che rientrasse nel naturale ordine delle cose. <<Dannato sole cocente!>>; <<Dannate pietre spigolose!>>; <<Dannate foglie che cadono dagli alberi!>>, continuava a ripetere.
Ma di certo anche un contadino che non trascorre la giornata a lavorare il suo terreno non rientra nell'ordinario.
Non un solo germoglio, non un solo frutto maturo. Tanto che quello spaventapasseri non aveva motivo di trovarsi li, conficcato nel terreno. Questo suo particolare comportamento aveva ovviamente attirato l'attenzione del resto del piccolo villaggio, abitato per lo più da contadini come lui, ma che al contrario del loro collega portavano a termine quotidianamente il loro compito. Noncurante degli sguardi che lo attanagliavano, il vecchio contadino zoppicante si introdusse sul sentiero che come al solito lo avrebbe condotto verso il fiume. In molti si chiedevano cosa lo spingesse ad andare li, cosa ci trovasse di interessante; nessuno era mai andato oltre la semplice curiosità. Ma quella mattina qualcuno decise di seguirlo...
Un giovane biondo, alto e distinto.
Entrò nella sua piccola utilitaria, all'interno della quale continuò a bere il caffè che teneva stretto nella mano sinistra. Non smetteva di piovere. Il rumore della pioggia che si infrangeva sul tetto dell'auto si infittiva sempre più.
"Pioggia del cazzo, è da tre giorni che va avanti così", pensò il giovane, non lasciando trasparire una certa malinconia sul suo volto.
Era stanco, a giudicare dalla mancanza di entusiasmo che fece trasparire quando mise in moto. Doveva essersi svegliato da poco e a giudicare dal volume intitolato "Manuale di diritto privato" che fuoriusciva dalla ventiquattrore che teneva appoggiata sul sedile destro anteriore, si trattava sicuramente di un giovane studente di giurisprudenza.
Erano le 07:55; fissava spesso l'orologio. Forse era in ritardo. Probabilmente lo attendeva un esame. Era nervoso e lo si poteva tranquillamente notare dai residui di unghie che aveva sulle labbra.
Per smorzare la tensione, accese la radio. Della buona musica avrebbe potuto certamente aiutarlo. Passarono altri minuti. L'orologio segnava le 08:03. La musica stava facendo il suo effetto, ma quell'eccessiva tranquillità prima o poi sarebbe dovuta sparire dall'abitacolo di quell'auto. Arrivò ad un incrocio e si fermò. Il semaforo era rosso. Mancava poco ormai: <<Credo che sette minuti di ritardo non siano molti. E non credo di essere neanche l'unico, Cristo santo, viste le condizioni del tempo. Pioggia di merda...>>, tentò di rassicurarsi nella sua mente. Il semaforo riprese il suo colore verde acceso e fu proprio quando svoltò che l'aria si fece di nuovo tesa.
Decine e decine di macchine in coda, ferme sotto l'attanagliante pioggia che, come un percussionista, continuava il suo personale assolo sui tetti delle auto, interrotta solo dai clacson delle stesse.

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